Quel pasticciaccio brutto di via XX Settembre

Un probabile errore tecnico del governo rischia di escludere l'accesso al credito garantito per le imprese del Terzo Settore

Il Palazzo delle Finanze, sede del Ministero dell'economia e delle finanze © Nicholas Gemini/Wikimedia commons

Un mistero si aggira per l’enorme palazzo di XX Settembre, voluto da Quintino Sella nel 1876 e che da allora ospita il ministero dell’Economia e delle Finanze: dove è finita la proroga di 6 mesi per i prestiti alle imprese erogati durante l’emergenza-covid e coperti al 100% da garanzia statale, che al momento della prima stesura della legge di Bilancio 2021 comprendeva logicamente anche le imprese sociali?

La possibilità di accesso per gli enti non commerciali, fra i quali quelli del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, era stata fin dagli inizi una strada tortuosa e impervia: il Decreto Liquidità (n.23 del 8/4/2020, art. 13) prevedeva l’accesso a prestiti garantiti al 100% alle PMI, cioè soggetti dotati di Partita IVA, fino al 31.12.2020. Solo l’advocacy del Forum del Terzo Settore e di tanti soggetti – di un settore che ha un valore stimato di 80 miliardi di euro (il 5% del PIL) con 450.000 lavoratori impiegati – ha portato a ricomprendere in questa possibilità di accesso anche anche enti del terzo settore non commerciali (DL 14 agosto 2020, n. 104).

Una doppia beffa per il Terzo Settore

Ma questo è avvenuto soltanto il 21 ottobre 2020 quando finalmente è stato convertito in legge il Decreto 104/2020. Così, la comunicazione giunta agli enti del Terzo Settore e a Banca Etica (che è nata e si è sviluppata proprio intorno alla possibilità di fornire credito e servizi finanziari proprio al mondo del Terzo Settore) dal Fondo di Garanzia con la quale si informava che gli «Enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti» erano esclusi dalla proroga al 30 giugno 2021 è apparsa come una doppia beffa. Dopo appena due mesi dalla effettiva possibilità di accedere al credito garantito, questa facoltà veniva improvvisamente e immotivatamente negata.

Non c’è, infatti, un motivo giuridicamente, né finanziariamente fondato per questa esclusione, dal momento che appena due mesi prima la possibilità di accesso al credito garantito era stata prevista per legge e resa operativa da due circolari (nn.19 3 20 del 21.10.2020) del Medio Credito Centrale.

La possibilità di un errore tecnico che si traduce in una discriminazione

Allora, perché è accaduto? Il mistero si infittisce ed è di difficile soluzione perché veramente non appare nascondere una volontà consapevole del legislatore. Anche il Forum del Terzo Settore, per bozza della sua portavoce Claudia Fiaschi, propende per un errore tecnico, una svista. La legge di Bilancio 2021 all’art.1 comma 244 proroga le misure di accesso garantito al credito fino al 30 giugno 2021 ma solo per le imprese comprese nel decreto liquidità art.13. E non per quelle non commerciali del terzo settore comprese nell’art.12 bis del decreto Liquidità, convertito in legge nell’agosto 2020. Un errore possibile, soprattutto quando il legislatore opera all’interno di un caos normativo e di un barocchismo legislativo che in pochi Paesi come il nostro raggiunge il parossismo. Ma questo sarebbe un altro problema a cui molti ministri, tecnici del diritto, commissioni scientifiche si sono applicati nel passato sotto il vessillo della “semplificazione normativa” senza però risultati apprezzabili.

Il problema, però, è che questi errori tecnici pesano come macigni perché si materializzano in una discriminazione fra imprese. Infatti, non v’è dubbio alcuno che anche gli enti del Terzo Settore, le imprese sociali possano e debbano essere rubricate nella famiglia più ampia delle imprese secondo la normativa dell’Unione Europea che definisce tali «ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica». Tanto è vero che, in attuazione del Testo Unico sul Terzo Settore, il D.L. 95/2018 identificava l’impresa sociale come quella che «esercita in via stabile e principale una o più attività d’impresa di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale».

Si studiano strade per rimediare

Dunque, come si può riparare a questo errore tecnico? L’interlocuzione con il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso il sottosegretario Stanislao Di Piazza, titolare della delega al terzo settore e alla responsabilità sociale d’impresa, è in corso. Lo stesso Forum del Terzo Settore sta parlando con il governo, cercando di trovare la strada possibile nel dedalo della normativa in itinere. Ad esempio con un emendamento nella conversione in legge del DL 183/2020 (cosiddetto Milleproroghe), non essendo forse più praticabile la strada delle modifiche al Bilancio 2021 già convertito in legge (n.178 del 30/12/2020).

Valori continuerà a seguire la vicenda perché non si tratta di un cavillo di legge, bensì della vita concreta di imprese con posti di lavoro, funzioni di interesse generale per il benessere del Paese che, non meno di altri settori che pure hanno ricevuto molte attenzioni da parte della politica, hanno subito pesanti perdite economiche e blocchi di operatività a causa della pandemia in corso.