#WTF – Il New Deal
11:28
Vogliamo raccontarvi la finanza a modo nostro. Anzi, con parole nostre. Prendendo quelle che negli anni della crisi finanziaria del 2007-2008, e di nuovo oggi con la crisi del coronavirus, sono diventate di uso comune. Spread, derivati, bailout, quantitative easing, leva finanziaria, new deal. Per non parlare delle sigle. Quanto basta per far scappare a gambe levate chiunque. Eppure, anche se la finanza può essere effettivamente molto complessa, i suoi meccanismi sono facili da capire. Basta spiegarli con parole semplici ed esempi concreti.
«Per l’Europa è un momento paragonabile a quello in cui l’uomo ha camminato per la prima volta sulla Luna». Mercoledì 11 dicembre, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato con queste parole l’approvazione del Green New Deal. Il “patto verde europeo” che punta a centrare, entro il 2050, la neutralità in termini di emissioni di CO2 da parte delle nazioni del Vecchio Continente. Il che equivale ad un calo del quantitativo di gas dispersi nell’atmosfera pari al 50 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
La crisi del coronavirus, però, all’epoca non era ancora arrivata. Né era prevedibile. Oggi le prospettive economiche parlano di una prossima, profonda recessione per le nazioni europee. E già c’è chi chiede di accantonare il Green New Deal, perché «non abbiamo i soldi per fare tutto», come ha affermato il governo della Polonia. Seguito a stretto giro da quello della Repubblica Ceca.
Il New Deal
Ma è davvero così? Il Green New Deal, in realtà, non è una zavorra. Al contrario, può rappresentare un volano. La transizione ecologica aiuterà infatti a creare nuovi posti di lavoro, sostenibili. Certo: chi lavora nell’industria del carbone dovrà trovare un nuovo impiego. Occorrerà reinventare alcune professioni, valorizzare un altro modo esperienze e capacità dei singoli. Ma se l’alternativa è non avere un Pianeta sul quale vivere, forse è il caso di provarci, no? E poi chi la scelta del nome, da parte dell’Unione europea, indica proprio questo. Perché i New Deal, storicamente, sono dei piani di rilancio, di sviluppo, di crescita. A partire da quello del 1933 promosso dal presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt.
Il Piano Marshall
Un altro piano di rilancio epocale fu avviato dopo la Seconda Guerra mondiale. Un piano ragionato sul piano economico ma anche politico. E che ha contribuito, di fatto, a sostenere l’Europa in un momento drammatico. Senza infierire sulle popolazioni vinte. Senza infierire in particolare sulla Germania. Era il 1947. Quel programma, si chiamava Piano Marshall.
Per sostenere la Germania ed evitare che la sua economia non riuscisse a riprendersi, le nazioni creditrici fecero un ulteriore passo in avanti. Il 27 febbraio 1953, a Londra, fu firmato l’Abkommen über deutsche Auslandsschulden: l’accordo sui debiti esteri tedeschi, con i quali i crediti vantati da numerose nazioni furono parzialmente cancellati. Un gesto di lungimiranza, perché la ripartenza della macchina economica della Germania avrebbe aiutato l’intero Vecchio Continente. Ma anche di solidarietà, perché in tal modo si tendeva di fatto una mano al popolo tedesco. E a farlo ci furono, tra gli altri, Italia, Grecia, Spagna e Francia. Le stesse nazioni che oggi reclamano l’introduzione di una forma di mutualizzazione del debito, attraverso l’introduzione dei coronabonds, per fronteggiare l’emergenza coronavirus.
Il Green New Deal
Mentre il Green New Deal dovrebbe aiutarci a fronteggiarne un’altra di emergenza: quella climatica.
Sempre che, in nome della necessità di far ripartire la macchina economica, non si decida di metterlo da parte, il Green New Deal. Il braccio di ferro, in Europa, è già stato ingaggiato. Da esso dipenderanno le sorti dell’Europa. E non solo.