Qatar 2022: sotto accusa due agenzie di pubbliche relazioni americane

Omnicom e Ogilvy sono accusate di aver consapevolmente occultato il mancato rispetto dei diritti umani nei lavori per i Mondiali di Qatar 2022

Lo sfruttamento del lavoro migrante in Qatar © Joerg Drescher/iStockPhoto

Nonostante la Fifa abbia cercato di chiudere il caso, decidendo di non risarcire le famiglie delle migliaia di lavoratori morti nella costruzione degli stadi e delle infrastrutture per i Mondiali di Qatar 2022, la ricerca delle responsabilità per quella che è stata una delle peggiori tragedie legate allo sport continua. E si allarga ben oltre i confini del Golfo Persico. Arrivando nel cuore pulsante dell’Occidente. In questo modo si dimostra ancora una volta quanto sia subdolo ogni tentativo di ascrivere l’origine di tutti i mali a non meglio specificate ragioni culturali o religiose. Nel tardo capitalismo lo spettacolo sportivo è una rete globale. E al banchetto di Qatar 2022, costruito sul sangue di migliaia di lavoratori morti, hanno partecipato tutti.

A ricordarcelo, la denuncia intentata presso il Southern District of New York dallo studio legale Sparacino PLLC, per conto di 106 lavoratori migranti, nei confronti di due importanti agenzie di pubbliche relazioni americane: Omnicom Group, Inc. e Ogilvy Public Relations. L’accusa è che le due società, insieme a diverse delle loro controllate, abbiano illegalmente contribuito a ripulire l’immagine del Qatar. Orchestrando una campagna mediatica volta a occultare i report emersi sulle condizioni di vita cui erano sottoposti i lavoratori. Oltre a fare in modo di nascondere le prove emerse sul traffico di esseri umani necessario alla composizione della classe lavoratrice migrante.

Secondo l’accusa Omnicom e Ogilvy erano a conoscenza del traffico di esseri umani

L’accusa sostiene che Omnicom e Ogilvy hanno lavorato per conto dell’organizzazione di Qatar 2022 per mettere a tacere tutte le notizie sul mancato rispetto dei diritti umani nell’impiego della manodopera migrante per la costruzione di stadi e infrastrutture. Anche conducendo i giornalisti di tutto il mondo in tour promozionali fuorvianti sulle condizioni di lavoro nel Paese, nel tentativo di ripulirne l’immagine e minimizzare le reali criticità. Come raccontato più volte su Valori, nella causa intentata al tribunale di New York si sostiene anche che ai lavoratori siano stati rubati i passaporti impedendo loro di lasciare il Qatar e obbligandoli a vivere in condizioni lontane dalla dignità umana. E questo è un punto decisivo.

Ai sensi del Trafficking Victims Protection Reauthorization Act, infatti, le vittime di tratta di esseri umani possono citare in giudizio gli autori degli abusi se il loro coinvolgimento consiste nella partecipazione a un’impresa che implica la tratta di esseri umani. Ma anche semplicemente se queste aziende ne sono a conoscenza. O avrebbero potuto o dovuto esserne a conoscenza. «Questa campagna coordinata di pubbliche relazioni era un’iniziativa commerciale progettata per nascondere gli abusi sul lavoro attraverso operazioni di pulizia dell’immagine del Qatar per la Coppa del Mondo di Qatar 2022», è scritto nelle carte dell’accusa secondo il Washington Post. I rappresentanti di Omnicom e Ogilvy non hanno risposto alle richieste di commento.

Non solo Qatar 2022, ora bisogna guardare a Stati Uniti 2026

Non è la prima causa intentata fuori dai Paesi del Golfo. Come raccontato a suo tempo da Valori, infatti, un tribunale francese aveva aperto un procedimento contro la francese Vinci Construction Grands Projets. La multinazionale transalpina del comparto dell’edilizia e delle costruzioni era stata accusata di aver costretto i suoi dipendenti a «condizioni di lavoro o di vita incompatibili con la dignità umana». In particolare per tre cantieri: la metropolitana leggera che collega Doha a Lusail, i parcheggi sotterranei della stessa Lusail e il cantiere dell’hotel Sheraton nel cuore di Doha. Mentre lo scorso anno una quarantina di lavoratori, per la maggior parte filippini, hanno intentato una causa contro l’impresa edile statunitense Jacobs Solutions Inc presso il tribunale federale di Denver, in Colorado. Sostenuti dallo studio legale Sparacino PLLC, lo stesso della nuova causa contro Omnicom e Ogilvy.

Anche qui i lavoratori raccontavano di «condizioni di lavoro pericolose e disumane», di essere stati costretti a vivere in baracche anguste e sporche e a lavorare fino a 72 ore consecutive sotto un caldo torrido, senza cibo né acqua. Oltre a sostenere di non aver ricevuto l’intero stipendio e di aver visto confiscati i passaporti per impedire loro di trovare un nuovo lavoro o di tornare a casa nelle Filippine. Altro che Paesi e culture lontane, quindi. Alla catastrofe necessaria alla costruzione dello spettacolo sportivo di Qatar 2022 hanno partecipato tutti, con l’Occidente in prima linea. Faremmo bene a ricordarcelo. Non solo in vista dei Mondiali di Arabia Saudita 2034, ma anche quando ci saranno i Mondiali del 2026 negli Stati Uniti, un Paese che in quanto a mancato rispetto dei diritti umani ha poco da invidiare alle teocrazie del Golfo.

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