Ti Rifò il guardaroba. Sostenibile e a chilometro zero

Ogni settimana una storia di sostenibilità e trasformazione. Perché il futuro è oggi

Silvia Pelizzari
© Rifò
Silvia Pelizzari
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È il 2017. Un ragazzo italiano di 27 anni lavora in Vietnam per un programma delle Nazioni Unite e si trova faccia a faccia con il problema della sovrapproduzione legata alla fast-fashion. Terminata la sua esperienza in Asia, decide di rientrare nella sua città d’origine, Prato, per recuperare e valorizzare la tradizione tessile per cui la sua città è famosa, nell’ottica della rigenerazione della sostenibilità.

No, non è una favola inventata per sperare in un mondo migliore. È la vera storia di Niccolò Cipriani, classe 1990, fondatore di Rifò Lab, un’impresa a scopo sociale che produce capi e accessori realizzati con fibre tessili rigenerate e rigenerabili. Capi durevoli a bassissimo impatto ambientale, oltreché a chilometro zero.

Un progetto reso possibile grazie a un crowdfunding legato a una prevendita, che ha permesso il salto da idea a realtà. Nel giro di pochi anni, l’iniziativa ha registrato una crescita forte e costante, attirando grande interesse non solo da parte di soggetti già sensibili al tema della moda circolare e sostenibile, ma anche da nuove persone che non avevano fino a quel momento prestato particolare attenzione a questi temi. Il tutto in un momento in cui la rigenerazione è diventata però sempre più centrale nel dibattito sociale ed economico.

cashmere rigenerato Rifò
Maglioni di cashmere rigenerato © Rifò

Cosa fa Rifò: due strade possibili per la rigenerazione

La tradizione dei cenciaioli è molto antica nel territorio pratese: affonda le sue origini fino al XII secolo. È un mestiere storico, che consiste nel riconoscere al tocco un materiale, dividerlo per consistenza e per colore, estraendo quindi una materia che può creare un nuovo tessuto. Un lavoro che nei decenni è diventato una vera e propria arte. E che Niccolò e il suo team hanno deciso di valorizzare attraverso la creazione di capi fatti con materiali rigenerati da aziende del territorio.

Nel caso di lana e cashmere, l’origine del materiale può essere pre-consumer (quando il filato proviene da scarti industriali o da scampoli), oppure post-consumer (nel cui caso il prodotto originario provenga da maglioni usati o vecchi indumenti). Ciò che può pregiudicare la qualità finale è ovviamente la composizione, che deve essere quanto più pura possibile.

Rifò cenciaiolo
Un cenciaiolo al lavoro © Rifò

Una volta recuperato il prodotto originario, i cenciaioli lo selezionano per tipologia e colore, rendendo possibile un filato rigenerato, ovvero ridotto allo stato di fibra attraverso il processo di cardatura e filato nuovamente. Ciò permette di evitare di ricolorare il prodotto, risparmiando sia su coloranti, sia sul consumo di acqua. Dati alla mano, evitare la re-pigmentazione di un capo comporta un risparmio di acqua del 68%.

Ma, più in generale, la rigenerazione ha molteplici vantaggi: dal supporto dell’industria locale, alla riduzione di rifiuti e costi di produzione, dal prolungamento della vita di un materiale all’incentivazione dell’economia circolare.

Le scelte sostenibili sul packaging

Rifò è essenzialmente un e-commerce. Per questo il gruppo si è trovato a dover affrontare anche il tema del packaging, un tema complesso quando si parla di sostenibilità: basti pensare alla grandissima quantità di plastica e prodotti poco o affatto riciclabili che vengono spediti anche per piccoli pacchetti. Al momento Rifò spedisce in scatole di cartone riciclato, ma la natura del prodotto finale rende necessario impermeabilizzare il pacco.

Per questo Rifò si appoggia a corrieri che prediligono materiali biodegradabili, o a start-up come Repack che mette a disposizione buste e imballaggi riutilizzabili e che il cliente può rispedire al mittente. Quello del confezionamento, insomma, è un tema che sta molto a cuore a Rifò, tanto che la società sta provando a studiare e sviluppare un vero e proprio progetto interno per poter migliorare questo lato della filiera.

jeans Rifò
Vecchi jeans pronti per trasformarsi in nuovi indumenti © Rifò

Due euro donati alle associazioni

Ma l’azienda di Prato è anche molto altro. Una parte importantissima di questa realtà riguarda ad esempio la responsabilità sociale e l’impatto positivo che l’azienda vuole continuare ad avere sulla comunità locale.

Al momento, per ogni acquisto, due euro vengono donati ad associazioni che svolgono progetti concreti sul territorio: associazioni note come Legambiente, ma anche realtà più contenute, che si occupano del doposcuola per i bambini o che si impegnano in progetti di integrazione.

Una scuola per aspiranti cenciaioli

Negli ultimi quattro anni, dalla nascita a oggi, Rifò ha dunque registrato un’accelerazione in termini di idee e produzione, ma non per questo ha deciso di rallentare o fermarsi.

Una delle sfide più grosse per il futuro – racconta Eleonora Marini, communication specialist di Rifò dal 2019 – riguarda la creazione di un progetto di formazione: una scuola per persone che vogliano imparare l’arte dei cenciaioli e affacciarsi a un mestiere antico che sta scomparendo. E a cui Rifò ha dedicato anche una mini-serie di sei puntate disponibile su YouTube.


Questo articolo è stato pubblicato in Storie dal futuro, la newsletter dedicata al racconto e al ritratto dei protagonisti del cambiamento che Valori.it invia ogni lunedì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Economia sostenibile” tra i tuoi interessi.

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