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Riforma del Terzo settore, ultimi confronti. Al centro gli strumenti finanziari

Rush finale per rendere operativa la Riforma. Banca Etica presenta le sue proposte sugli strumenti finanziari a sostegno del Terzo settore.

Il direttore generale di Banca Etica, Alessandro Messina, in un’audizione informale alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati riguardo la riforma del Terzo settore

“Sì” a un regime fiscale che premi i risparmiatori che scelgono di investire in “titoli di solidarietà” e nel “social lending” per far decollare le imprese sociali. “No” agli intermediari finanziari che potrebbero usare i nuovi strumenti di investimento dedicati al Terzo settore per operazioni di “social e green washing”. E l’auspicio che le normative italiane ed europee riconoscano il valore del credito bancario erogato a favore di onlus e imprese sociali, riducendo l’assorbimento patrimoniale per queste operazioni (il cosiddetto social supporting factor). Sono queste le proposte per l’attuazione della Riforma del Terzo Settore – e in particolare delle norme dedicate agli strumenti finanziari a sostegno delle imprese sociali e degli enti non profit – illustrate dal direttore generale di Banca Etica, Alessandro Messina, in un’audizione informale alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, che si è tenuta il 4 luglio scorso.

Nelle ultime settimane si stanno infatti svolgendo ulteriori interventi presso le commissioni coinvolte da parte dei soggetti del non profit italiano. Il tempo rimasto per gli ultimi aggiustamenti è poco. Per la piena realizzazione della Riforma occorre, infatti, che vengano licenziati i decreti correttivi sulla nuova impresa sociale e il nuovo codice del Terzo settore entro i limiti previsti che sono rispettivamente il 19 luglio e il 2 agosto (sempre che non venga approvata una proroga).

Le proposte di Banca Etica

Durante l’audizione alla Camera Alessandro Messina  si è espresso in particolare sugli aspetti finanziari della riforma: “Banca Etica continua a crescere a tassi a due cifre, nella raccolta come negli impieghi (+13% tra 2017 e 2016), eppure osserva le difficoltà delle istituzioni senza scopo di lucro nell’affrontare al meglio le proprie esigenze finanziarie”.
Il Direttore generale dell’istituto di credito ha quindi sottolineato come:

  • il problema dell’accesso al credito per le imprese sociali (così come per ogni piccola e media impresa, PMI) non può essere esaurito con l’istituzione di uno strumento di raccolta “dedicata”, quali sono i titoli di solidarietà. In un contesto caratterizzato da eccesso di liquidità che non sempre si traduce in credito, una strada possibile consiste nel potenziare la sezione del Fondo di garanzia per le PMI rivolta alle imprese sociali. Un’altra, di più ampio respiro, nel promuovere il social supporting factor in discussione a livello europeo. Entrambe le misure potrebbero risultare più efficaci nell’obiettivo implicito nella norma di aumentare l’offerta di credito al Terzo settore;
  • un altro fattore di sviluppo è la possibilità di ricorrere a capitali di rischio, che per soggetti nonprofit devono essere pazienti, in grado di valutare anche le misurazioni extraeconomiche dei rendimenti, il più possibile non concentrati per conservare la governance democratica degli enti di Terzo settore. Il social lending è una buona apertura, ma deve essere affiancato da misure a sostegno di iniziative di Impact investing condotte da operatori di finanza etica, che consentirebbero di scalare rapidamente volumi e operatività di un mercato in crescita e che rischia di rimanere privo di offerta.

L’iter della riforma

La Riforma del terzo settore (legge 106/2016 “Delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale) è stata approvata il 25 maggio 2016 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 6 giugno dello stesso anno. Un lungo cammino, iniziato con il Governo Renzi nel 2014, che non si è ancora concluso. Per rendere la riforma del Terzo settore davvero funzionante in ogni sua parte ci sarà bisogno di qualche decina di atti normativi.

Le novità 

Numerose le novità introdotte dalla riforma: Ecco le principali:

  • Registro unico del terzo settore. Riunisce gli attuali oltre 300 registri, albi, anagrafi degli enti non profit ad oggi esistenti.
  • Gli enti del terzo settore. Una nuova tipologia di enti senza scopo di lucro, iscritti al Registro Nazionale del Terzo Settore. Comprende organizzazioni di volontariato (Odv), associazioni di promozione sociale (Aps), enti filantropici, imprese sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, fondazioni. Perseguono senza scopo di lucro finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita.
  • Nuove regole per l’impresa sociale. Aumentano le “attività di interesse generale” che permettono di assumere la definizione di “impresa sociale”, come il microcredito, l’housing sociale, il commercio equo e solidale e l’agricoltura sociale.
  • Addio Onlus. Con la piena entrata in vigore della Riforma del terzo settore, verrà abrogata la normativa sulle Onlus. Gli enti che oggi hanno questa qualifica dovranno avviare l’iter per iscriversi al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.
  • La Fondazione Italia Sociale. Sarà il collettore delle donazioni da destinare agli Enti del Terzo Settore.
  • Agevolazioni fiscali per i donatori. Sono previsti vantaggi fiscali per chi effettui donazioni di denaro e beni agli Enti del Terzo Settore (detraibili al 30% fino a 30mila euro per ogni periodo d’imposta).
  • Titoli di solidarietà. Una nuova opportunità di finanziamento per gli Enti del Terzo Settore: sono obbligazioni e altri titoli di debito e certificati di deposito, la cui raccolta da parte degli istituti di credito deve essere destinata a Enti del Terzo Settore. I rendimenti di tali titoli beneficiano di una ritenuta fiscale ridotta (12,5% anziché 26%).

Altro che “terzo” settore

“Esiste un’Italia generosa e laboriosa che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone. È l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no‐profit, delle fondazioni e delle imprese sociali”, si legge nelle Linee Guida per la Riforma del Terzo settore. E ancora:

“Lo chiamano terzo settore, ma in realtà è il primo. Un settore che si colloca tra lo Stato e il mercato, tra la finanza e l’etica, tra l’impresa e la cooperazione, tra l’economia e l’ecologia, che dà forma e sostanza ai principi costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà”.

“E che alimenta quei beni relazionali che, soprattutto nei momenti di crisi, sostengono la coesione sociale e contrastano le tendenze verso la frammentazione e disgregazione del senso di appartenenza alla comunità nazionale”.

 

È questo il mondo oggetto della riforma. Un pilastro economico fondamentale per il nostro Paese, che da troppi anni aspetta uno scheletro normativo solido e strumenti finanziari ad hoc.