Rischi climatici per le banche: gli indicatori standardizzati della BCE
La BCE ha lanciato una serie di indicatori climatici standardizzati. Obiettivo: sopperire alla miopia delle banche sui rischi climatici
Il 3 febbraio Frank Elderson, membro del board della Banca centrale europea (BCE), ha scritto una lettera ai banchieri europei provando a spiegargli la crisi climatica partendo da una canzone di Kate Bush, Running Up That Hill. È un pezzo del 1985, finito in classifica nel 2022 grazie alla colonna di “Stranger Things”. «Mi ero perso la canzone nella sua prima uscita, quando ero alle superiori, ma ha catturato la mia attenzione quando è tornata in classifica», ha scritto Elderson.
Le banche ignorano i potenziali rischi fisici derivanti dalla crisi climatica
«Proprio come la canzone – prosegue il dirigente – il tema dei rischi ambientali e climatici delle banche è diventato mainstream nel 2022». Un giro di ragionamento piuttosto lungo per dire un concetto semplice: le banche europee non prendono ancora abbastanza seriamente la crisi climatica. Né quando devono indirizzare i propri investimenti, né quando devono valutare i rischi.
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Due i punti più critici secondo Elderson, che è anche il membro della BCE che ha guidato gli stress test climatici del 2022: non prendono sul serio i «rischi fisici della crisi climatica». Prendiamo l’acqua: è evidente che l’Europa ha un problema strutturale di siccità. Ma quel dato fisico non arriva ancora a sufficienza nel mainstream delle decisioni bancarie: «Solo un terzo delle banche considera lo stress idrico nelle proprie strategie di valutazione d’impatto del rischio». Come se la realtà fisica del mondo non esistesse. Secondo punto: non si fa abbastanza un discorso strategico (di settore, di Paese) sulla crisi climatica.
Gli indicatori sul clima e l’ambiente della BCE
Ma per fortuna non è mai troppo tardi per iniziare ad ascoltare Kate Bush, per i motivi giusti (le canzoni di Kate Bush sono bellissime) o estemporanei (“Stranger Things”), né per prendere sul serio i cambiamenti climatici. E la BCE non ha intenzione di smettere di provarci.
È in questa cornice che si inserisce il passaggio più recente: la presentazione di tre set di indicatori statistici sul clima e l’ambiente che dovranno mettere gli istituti finanziari dell’Unione in condizione di vedere la cometa che li sta per colpire (per citare un altro prodotto uscito Netflix, il film “Don’t Look Up”) prima che sia troppo tardi. È la prima volta che la BCE prova a creare un sistema di indicatori standardizzati per valutare i rischi climatici delle banche.
«Serve maggiore comprensione degli impatti climatici sul sistema bancario»
«Abbiamo bisogno di una migliore comprensione di come i cambiamenti climatici condizionano il sistema finanziario e viceversa. Per arrivarci, lo sviluppo di dati di alta qualità è cruciale – ha spiegato un altro membro del board esecutivo, Isabel Schnabel -. Gli indicatori sono un primo passo per restringere il gap statistico, fondamentale per fare progressi verso un’economia climaticamente neutrale».
Questi nuovi indicatori sono da considerarsi come un cantiere e sono da usare «con cautela», dice la nota ufficiale della BCE. «Sono stati concepiti per avviare un confronto più ampio dentro la comunità scientifica e con gli stakeholder». Insomma, devono essere considerati un inizio, non uno strumento definitivo. Un cantiere che diventerà più efficiente man mano che dati di migliore qualità saranno messi a disposizione dalla scienza. Il messaggio centrale però è: care banche, ecco i dati, ora forse smetterete di ignorare la siccità e altri rischi sistemici sul vostro business.
Le tre tipologie di indicatori individuati dalla BCE
Gli indicatori sono racchiusi in tre tipologie. La prima: indicatori sperimentali sulla finanza, per capire meglio cosa è green o sostenibile. «I dati mostrano che il volume di bond verdi o sostenibili è più che raddoppiato nel corso degli ultimi due anni». L’obiettivo è mettere trasparenza dentro questa crescita e armonizzare a livello europeo cosa è definibile come sostenibile.
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La seconda: indicatori analitici sulle emissioni di CO2 finanziate dagli istituti finanziari, per fornire informazioni sull’impatto dei portafogli e sull’esposizione delle controparti in modelli business carbon-intensive. Tradotto: mettere a disposizione dati chiari e inequivocabili su quanto le banche sono esposte sui combustibili fossili. Che tra una manciata di decenni dovrebbe essere residuale o defunta. La terza: indicatori analitici sui rischi fisici di alluvioni, incendi, eventi estremi, e sul loro impatto sulle performance finanziarie.
Obiettivo: tradurre la consapevolezza in pratiche operative
«I rischi climatici e ambientali sono diventati mainstream non solo per i controllori, ma anche per le banche. Dobbiamo però provare a capire come tradurre questa nuova consapevolezza in pratiche operative», ha scritto Elderson nel suo post, che ricostruisce la storia complicata del rapporto tra finanza europea e Accordo di Parigi.
«Solo tre anni fa, cinque anni dopo la Cop21 di Parigi, solo meno di un quarto delle banche europee aveva fatto valutazioni su come le questioni climatiche e ambientali avrebbero danneggiato il loro business», ha sottolineato il dirigente della BCE. Ora alcuni passi in avanti sono stati fatti, «ma c’è una differenza tra parlarne e fare davvero qualcosa. La gestione del rischio è ancora insufficiente».
Il clima si trova ancora un angolo cieco per le banche. Questi nuovi indicatori proveranno a spargere un po’ di luce e a togliere scuse. Infine, il punto fondamentale del ragionamento, perché la statistica è solo uno strumento, ma la realtà è questa: «Continuiamo a insistere che il continuo sostegno a iniziative non sostenibili senza includere nelle vostre valutazioni una transizione credibile, basata sulla scienza e sull’Accordo di Parigi, non è più compatibile con una gestione ragionevole dei rischi». State scherzando col fuoco, dice la BCE alle banche. Questi indicatori sono una mano tesa per smettere.