Lo sponsor del Ruanda macchia di sangue le maglie di Arsenal, Bayern e Psg
Dopo la presa di Goma si è mosso anche il ministro degli Esteri del Congo per chiedere alle tre squadre di rimuovere lo sponsor del Ruanda
Il ministro degli Esteri della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) ha scritto ai proprietari di Arsenal, Bayern Monaco e Paris St-Germain. E ha chiesto loro di porre fine ai loro accordi di sponsorizzazione «macchiati di sangue» con Visit Rwanda: l’agenzia governativa che promuove il turismo nel Paese africano. Lo ha fatto all’indomani della presa della città congolese di Goma da parte dei ribelli congolesi del M23, sostenuti dal Ruanda, che secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha già prodotto oltre 400mila sfollati. Culmine di una guerra che, a più riprese, va avanti da diversi decenni e ha già causato centinaia di migliaia di vittime civili. Ma né Arsenal né Psg si sono nemmeno degnati di rispondere al ministro congolese.
Lo sponsor del Ruanda sulle maniche della maglia dell’Arsenal
La lettera è stata inviata all’inizio di febbraio, dopo la presa di Goma. Proprio nei giorni in cui, come scritto su Valori, anche il Parlamento europeo ha votato per interrompere il discusso e discutibile memorandum d’intesa con il governo ruandese. L’accordo fa riferimento all’acquisto da parte dell’Europa di una serie di materie critiche – tra minerali, metalli e terre rare – che era fin da subito evidente non provenissero dal Ruanda. Ma, attraverso commerci illegali spesso condotti o coperti dai paramilitari del M23, proprio dalla Repubblica Democratica del Congo. Un accordo stipulato esattamente un anno fa, a febbraio 2024, del valore di quasi un miliardo di euro l’anno.
Mentre l’accordo di sponsorizzazione tra Arsenal e Ruanda è stato firmato nel 2018. E dal 2021 la scritta Visit Rwanda appare sulle maniche delle maglie della squadra maschile londinese, di quella femminile e delle giovanile. E lo stesso marchio è visibile che nella cartellonistica pubblicitaria e dello stadio. Oltre che negli sfondi delle interviste con i media. Il tutto per una cifra che si stima essere intorno ai 10 milioni di sterline l’anno. Per quello che riguarda il Bayern e il Psg, invece, si tratta di accordi firmati nel 2023 e nel 2019. Essendo Visit Rwanda uno sponsor secondario, rispettivamente “platinum partner” e “premium partner” dei due club, non appare alcuna scritta sulle maglie. Anche se resta nella cartellonistica e in altre occasioni.
Solo il Bayern si muove. Il Psg tace e l’Arsenal rifiuta di incontrare il ministro congolese
Oltre ai tre club è stata inviata una lettera anche alla Nba, la lega del basket americano, dato che da quattro anni Kigali, capitale del Ruanda, ospita il campionato della Bal. La Basketball Africa League è diretta emanazione della Nba, e tutte le squadre partecipanti giocano con la scritta Visit Rwanda sulla maglia. La Nba almeno ha risposto, dicendo che segue le linee guida del governo americano e risponde solo a loro. Mentre due dei tre club calcistici stabilmente ai piani altri della Champions League, e quindi la sponsorizzazione decisamente più visibile, non si sono degnati di rispondere. Solo il Bayern Monaco ha inviato due suoi dipendenti in Ruanda per monitorare la situazione. E ha annunciato di essere in contatto con il ministero degli Esteri tedesco per vedere se è il caso di chiudere la sponsorizzazione.
Tutto l’opposto di quanto fatto dall’Arsenal. Il Guardian riporta infatti che la scorsa settimana Thérèse Kayikwamba Wagner, il ministro degli Esteri della Rdc, era a Londra proprio per una serie di iniziative di sensibilizzazione sul sostegno del Ruanda ai ribelli congolesi di M23. E approfittando del suo soggiorno londinese ha chiesto un incontro con i dirigenti dell’Arsenal, ma questi non gli hanno nemmeno risposto, di nuovo. «Ci siamo offerti di incontrare l’Arsenal, ma non ci hanno contattati né hanno accettato l’offerta. Non abbiamo ricevuto risposta. A quanto pare non sono interessati a incontrarci», ha detto Wagner al Guardian. La comunità di rifugiati congolesi nel Regno Unito ha definito questo atteggiamento «oltraggioso».