Se le banche aiutano i terroristi
Negli Usa sono già arrivate le prime condanne, a banche islamiche, accusate di aver finanziato organizzazioni terroristiche. Ma nel mirino ci sono anche istituti europei, da Barclays a Credit Suisse, da HSBC a Royal Bank of Scotland.
«Almeno ho la sensazione che sto facendo qualcosa: sto cercando di far punire i colpevoli della morte di Clay». Sono le parole di Patrick, padre del soldato americano Clay Farr, ucciso nel febbraio 2006 a Baghdad da una bomba esplosa ai margini della strada, mentre era di pattuglia con un commilitone, anche lui ferito mortalmente. Avevano 21 anni e sono tornati a casa in due bare avvolte nella bandiera a stelle e strisce. Effetti collaterali di una guerra infinita voluta dagli USA per “liberare po- poli oppressi” e “combattere il terrorismo”. Una versione ufficiale che a Patrick Clay non è bastata. E nemmeno ad altre 85 famiglie di americani che sono stati feriti o uccisi in Iraq dal 2003 al 2011 per mano di terroristi sostenuti, a quanto pare, dal re- gime iraniano.
Attraverso lo studio legale Osen Llc di Hackensack (New Jersey), le famiglie hanno fatto causa a cinque banche europee, appellandosi all’U.S. Anti-Terrorism Act, una legge del 1992 che permette alle vittime di portare in tribunale chi è sospettato di finanziare gruppi terroristici. E così, dal novembre del 2014, Barclays, Credit Suisse, HSBC, Standard Chartered e Royal Bank of Scotland cercano di difendersi da un’accusa pesantissima: quella di aver collaborato con banche iraniane, aiutandole a camuffare trasferimenti di denaro per centinaia di milioni di dollari a gruppi come Hezbollah e Quds, per sfuggire alle sanzioni degli Stati Uniti.
In realtà non si tratta di una novità, ed è proprio su questo che Osen Llc fa leva nel richiedere risarcimenti per 230 feriti o familiari di vittime nella causa nota come Freeman v. HSBC. Già nel 2009 le cinque banche avevano infatti patteggiato il pagamento di 3,2 miliardi di dollari al governo americano per uscire dal procedimento che le vedeva accusate di aver trasferito denaro per conto di nazioni come Iran, Libia e Cuba, violando le sanzioni USA.
Vincere la causa non sarà facile perché è difficile dimostrare il reato di associazione a delinquere (conspiracy) a carico delle banche, visto che il loro ruolo nel finanziamento del terrorismo (se c’è stato) è stato indiretto. Ma Gary Osen e Tab Turner, gli avvocati che hanno promosso l’azione di risarcimento, non sono nuovi a casi del genere: all’inizio del 2014 sono riusciti a far condannare dalla corte di Brooklyn Arab Bank, la più grande istituzione finanziaria del Medio Oriente con sede ad Amman, in Giordania, per aver finanziato, in questo caso direttamente e grazie a donazioni saudite, 24 attacchi di Hamas in Israele e Palestina tra il 2000 e il 2004.
Nell’agosto del 2015 Arab Bank ha patteggiato il pagamento di risarcimenti a 297 cittadini americani. L’ammontare totale non è stato reso noto ma si parla di oltre 1 miliardo di dollari: è il primo caso in assoluto in cui una corte di giustizia abbia condannato una grande banca per il finanziamento del terrorismo.
Gary Osen ha anche altre banche nel mirino, sempre con l’accusa di aver finanziato gruppi terroristici o presunti tali, come la francese Crédit Lyonnais (Gruppo Crédit Agricole) e la britannica Natwest (Gruppo Royal Bank of Scotland). Entrambe avrebbero offerto servizi bancari e conti correnti a organizzazioni caritatevoli che, secondo gli Stati Uniti, sarebbero state usate per raccogliere fondi per Hamas.
Le banche della Sharia
Le grandi banche europee o arabe, come Arab Bank, cadono nella rete delle autorità americane perché hanno filiali negli Stati Uniti che usano per spostare ingenti quantità di denaro in tutto il mondo. Ci sono però una serie di banche del mondo islamico che riescono più facilmente a sfuggire alle indagini del “poliziotto globale” o vi sarebbero coinvolte solo in modo indiretto. Quelle che il blog moneyjihad (moneyjihad.wordpress.com) chiama “banche della sharia” (legge islamica). Tra queste il blog cita la Islami Bank of Bangladesh, coinvolta nell’inchiesta del Senato USA su HSBC, e la saudita National Commercial Bank, più volte denunciata, senza successo, dalle vittime degli attacchi terroristici dell’11 settembre. O ancora la Al-Rajhi Bank, con sede in Arabia Saudita, con la quale la banca di investimenti USA JPMorgan ha tagliato i ponti nel dicembre del 2013, perché «non era in grado di ottenere abbastanza informazioni sull’origine di una serie di pagamenti in dollari», come riporta Bloomberg. Moneyjihad segnala inoltre la sudanese Al Shamal Islamic Bank, nella quale lo stesso Osama Bin Laden avrebbe depositato una parte della propria eredità (50 milioni di dollari) nel 1991 e due banche iraniane come Bank Melli e Bank Saderat, entrambe controllate dallo Stato e citate in un documento del Tesoro USA, datato 25 ottobre 2007, come istituzioni finanziarie che avrebbero sostenuto gruppi terroristici come Hezbollah e IRGC.
Buona parte delle transazioni finanziarie a favore di gruppi terroristici sarebbero concentrate proprio in Iran e Arabia Saudita, sostiene money- jihad. Anche se, in un sistema finanziario dove i capitali sono liberi di circolare in ogni angolo del pianeta, il fenomeno è ormai profondamente globale.