Tra sogni (di automazione) e realtà
Ogni settimana il commento di Marta Fana su lavoro, diseguaglianze, diritti
Secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum, da poco pubblicato, tra meno di cinque anni metà delle mansioni oggi svolte dai lavoratori saranno automatizzate. Per l’Italia, l’80% delle aziende intervistate dichiara di voler introdurre entro il 2025 forme di robot industriali. Dichiarazioni avventuristiche, se rapportate alla realtà della diffusione dei robot in Europa e in Italia. Secondo i dati dell’International Federation of Robotics, metà dei robot industriali in Europa è utilizzata dal settore automobilistico; il 26% di tutti i robot europei è distribuito nelle fabbriche di auto tedesche, il 5% in quelle italiane. La restante quota di robot si concentra in pochissimi altri settori industriali: plastica, produzione di metalli, macchine industriali (6% del totale). Tornando alla realtà dei fatti, non è chiaro come in così poco tempo in Italia sia immaginabile una tale rivoluzione, considerando che dal 2016 i settori a più alta intensità tecnologica sono regrediti. Forse, un eufemismo, tra i processi che realmente saranno rafforzati in futuro ci sono quelli che da troppo tempo caratterizzano il sistema produttivo italiano. Non a caso, e con maggior grado di attendibilità, il 43% delle imprese dichiara di voler esternalizzare pezzi di produzione ad altre aziende. E nel 36% dei casi di ricorrere al lavoro autonomo. Due strategie che hanno storicamente permesso al tessuto produttivo italiano di risparmiare sul costo del lavoro. Escamotage utili per non dover appunto innovare.