Usa, la Sec accantona anche le norme contro il greenwashing nella finanza Esg
La Sec smantella le norme sulla finanza sostenibile e rinuncia a regolare il greenwashing dei fondi Esg, sotto la pressione dei Repubblicani
Seppure con ritmi molto più lenti e ambizioni ben più timide rispetto alle sue omologhe europee, la Securities and Exchange Commission (Sec) – l’equivalente a stelle e strisce della nostra Consob – negli scorsi anni aveva provato a costruire un’architettura normativa sulla finanza sostenibile. Sono passati meno di sei mesi da quando Joe Biden ha passato ufficialmente il testimone a Donald Trump, e non ne è rimasto quasi niente. Smantellata pezzo dopo pezzo. Dopo la rendicontazione dei rischi climatici, ora a scomparire sono i requisiti che la Sec voleva introdurre sulla trasparenza di strategie e pratiche di investimento Esg (cioè legate a fattori ambientali, sociali e di governance).
Cancellata la riforma della Sec sui fondi Esg
L’ultima vittima in ordine di tempo è il regolamento volto a imporreai fondi Esg una maggiore trasparenza. L’obiettivo è – o meglio, era – quello di fare chiarezza nel settore scongiurando il rischio di greenwashing. Per questo, il testo chiedeva di arricchire i prospetti informativi, i rapporti annuali e le brochure, incrementando la quantità e qualità delle informazioni sulle strategie e pratiche Esg dei fondi.
In più, introduceva criteri standardizzati al fine di facilitare il confronto tra i vari fondi disponibili sul mercato. Quelli con un focus ambientale avrebbero anche dovuto comunicare le emissioni di gas serra dei propri portafogli, attenendosi a una scheda tecnica fornita dalla stessa Sec. La prima proposta risale a maggio 2022. Doveva essere ultimata in primavera, ma la scadenza è slittata. La Sec non è quindi riuscita a pubblicare la versione definitiva prima del cambio di amministrazione. E ora ha fatto sapere di aver interrotto l’iter.
Negli Stati Uniti la finanza sostenibile perde (quasi) tutte le sue regole
Come riferisce la testata specializzata Esg Dive, si colloca sulla stessa scia l’aggiornamento della cosiddetta Names Rule, avviato sempre nel 2022. Un po’ come ha fatto nel Vecchio Continente l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma), la Sec impone ai fondi che hanno nel proprio nome termini come “Esg”, “low carbon” o “sostenibilità” di investire almeno l’80% degli attivi in modo compatibile con tale obiettivo. Anche in questo caso i Repubblicani hanno fatto forti pressioni, soprattutto dopo il cambio di amministrazione. Per prendere tempo, la Sec ha rinviato l’applicazione a giugno 2026 per le società con oltre un miliardo di dollari di attivi netti e a dicembre 2026 per quelle con un patrimonio inferiore.
L’agenzia federale aveva lavorato per ben due anni anche per formulare le linee guida sulla rendicontazione dei rischi climatici da parte delle grandi aziende. Le ha pubblicate nella primavera del 2024 ma non è nemmeno riuscita a farle entrare in vigore, perché si è trovata sotto il fuoco incrociato delle cause intentate dai Repubblicani. Un anno dopo ha gettato la spugna. Non le difenderà in tribunale, perché le ritiene «costose e inutilmente intrusive». Nel frattempo, il dipartimento del Lavoro ha abbandonato la norma – risalente sempre all’amministrazione Biden – che permetteva ai fiduciari dei fondi pensione di tener conto dei fattori Esg in caso di parità tra due possibili investimenti con caratteristiche finanziarie equivalenti.
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