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Vaccini, un mercato miliardario. Ma sradicare una malattia non conviene

Nella corsa a trovare una risposta al coronavirus torna sotto i riflettori big pharma. Il settore dei vaccini vale 37,4 miliardi, ma pochi ormai vi investono

Nicola Borzi
Nicola Borzi
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Mentre in Italia e in molti altri Paesi infuria l’epidemia di coronavirus Covid-19, gli occhi del mondo sono puntati, non solo sulle misure epidemiologiche e sanitarie di contenimento dell’infezione, ma anche sulle possibilità di sviluppo in tempi rapidi di un vaccino specifico, che sia biologicamente efficace ed economicamente sostenibile.

Launched in record speed, #NIH started enrollment for a Phase 1 #clinicaltrial of an investigational vaccine for…

Geplaatst door National Institutes of Health (NIH) op Maandag 16 maart 2020

Un mercato opaco

Il settore dei vaccini e il mondo miliardario del big pharma, capace di decidere la vita o la morte di milioni di persone e di far cadere ministri e governi, tornano così di prepotenza sotto i riflettori. Nonostante tutti gli interventi statali e internazionali per migliorarne la trasparenza, il comparto della produzione dei vaccini, fondamentale per la salute della popolazione mondiale, resta uno dei più opachi dell’industria farmaceutica. Anche perché la diffusione mondiale di questi prodotti si scontra con numerosi problemi: dalla struttura oligopolistica del mercato che, in certi casi, diventa monopolistica, alla necessità di passare attraverso sistemi rigorosi di garanzia di qualità e procedure di controllo e approvazione pubbliche molto restrittive.

A rischio la privacy delle informazioni sanitarie

Il tutto impatta in termini di questioni economiche e finanziarie, rendendo gli investimenti in vaccini meno redditizi rispetto a quelli in altre terapie, e sposta il baricentro dello sviluppo di nuovi prodotti verso le frontiere dei big data, con le multinazionali dell’informazione digitale pronte a mettere le mani sulle informazioni sanitarie di interi popoli (come quello italiano) e dell’intelligenza artificiale.

Il tutto provoca un impatto sulle garanzie in materia di privacy dei dati sanitari personali. Un fronte, questo, sul quale anche il più recente e restrittivo regolamento Gdpr europeo consente ampie deroghe, specie durante le emergenze epidemiche. Un tema etico, quello dello scambio tra privacy sanitaria e misure di contenimento della pandemia, sul quale anche l’Europa si sta interrogando.

Un business miliardario

Secondo le stime di Fortune Business Insights realizzate prima dell’esplosione dell’epidemia di Covid-19, nel 2018 il mercato globale dei vaccini aveva raggiunto un valore di 37,4 miliardi di euro e potrebbe raggiungere gli 83,6 miliardi entro il 2026, con un tasso medio composto di crescita nel periodo (Cagr) del 10,7% l’anno.

Il mercato americano dei vaccini (da Fortune Business Insights)

..in mano a 5 giganti

L’Organizzazione mondiale della sanità, di recente, ha ricordato che circa l’80% delle vendite globali di vaccini proviene da cinque grandi multinazionali che sono sorte negli ultimi decenni come prodotto di varie fusioni e acquisizioni tra società farmaceutiche.

Si tratta dei giganti della farmaceutica GlaxoSmithKline (Regno Unito, 34,2 miliardi di fatturato globale nel 2018), Merck (Usa, 36,83 miliardi di euro il fatturato 2018), Sanofi (Francia, 34,46 miliardi di fatturato nel 2018), Pfizer (Usa, 46,72 miliardi di fatturato nel 2018) e Gilead Sciences (Usa, 19,3 miliardi i ricavi 2018).

Le azioni di queste e di altre società del settore sono balzate al rialzo nei giorni scorsi per la possibilità di sviluppare vaccini anti Covid-19 che consentano ulteriori ricavi e profitti.

I principali produttori di vaccini nel mondo (FONTE: Global vaccine market report dell’OMS)

Curare non conviene

Purtroppo, produrre vaccini in grado di sradicare totalmente una malattia, come avvenuto nei decenni scorsi con il vaiolo, non è più conveniente. Come ha spiegato in modo esemplare Leigh Phillips su Jacobin nel 2018, il colosso finanziario Goldman Sachs ha pubblicato un rapporto che si chiedeva: «La cura dei pazienti è un modello di business sostenibile?». L’analista pensava che il trattamento di Gilead Science per l’Epatite C, che ha prodotto tassi di guarigione superiori al 90%, offrisse un ammonimento. Mentre le vendite statunitensi hanno raggiunto nel 2015 i 12,5 miliardi di dollari, sono scese a soli 4 miliardi di dollari tre anni dopo perché il «franchising di Epatite C ha gradualmente esaurito il pool disponibile di pazienti curabili».

Le malattie infettive, in particolare, rappresentano una sfida per la redditività visto che «curare i pazienti esistenti riduce anche il numero di portatori in grado di trasmettere il virus a nuovi malati».

Il cancro, grazie a Dio, concludeva il rapporto, non pone questo problema (il corollario non detto, ovviamente, è questo: è maledettamente meglio non trovare una cura per il cancro)”.

Questa analisi è confermata da uno studio di McKinsey & Co, secondo il quale, per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo di nuovi vaccini, il controllo normativo è in aumento su prodotti più complessi (ad esempio prodotti biologici, vaccini e altri iniettabili sterili), con tempi più lunghi per l’approvazione dei vaccini. Inoltre, “data la natura preventiva di questi farmaci, i vaccini affrontano un livello elevato di qualità e sicurezza, che pertanto aggiunge complessità e costi aggiuntivi durante tutto il processo di sviluppo”.

Negli ultimi anni vendite di vaccini hanno rallentato la loro crescita. Lo dice uno studio McKinsey

Produrre prodotti farmaceutici rende più dei vaccini

Le maggiori sfide tecniche stanno portando alla convergenza del tasso di successo di immissione sul mercato dei vaccini rispetto al tasso di successo di immissione sul mercato di altri prodotti farmaceutici. Tuttavia, dati i maggiori ricavi derivanti da prodotti farmaceutici di maggior successo rispetto ai vaccini (i farmaci spesso si usano per lunghi periodi o per tutta la vita, i vaccini per brevissimi periodi o addirittura una sola volta), la redditività dei farmaci è spesso doppia o tripla rispetto a quella dei vaccini. Anche nei casi di maggior successo come quello del vaccino pneumococcico coniugato che ha avuto un picco di fatturato di 6 miliardi di dollari.

Questa convergenza dei tassi di successo riduce l’attrattività degli investimenti nei vaccini rispetto al passato, soprattutto perché i maggiori produttori globali di vaccini hanno altre priorità di ricerca e sviluppo di farmaci in concorrenza con lo sviluppo di nuovi vaccini. Poiché le società farmaceutiche assegnano i loro finanziamenti allo sviluppo di prodotti con il ritorno sugli investimenti più elevato, questo cambiamento nell’economia di investimento comparata sarà uno dei fattori da considerare nel futuro processo decisionale per l’innovazione dei vaccini.

Quando sviluppare un vaccino conviene

Per lo sviluppo di nuovi vaccini diventa così sempre più rilevante la valutazione iniziale, quanto più precisa possibile, di alcuni fattori chiave. Tra questi ci sono l’attrattività commerciale in termini di volumi (quant’è grande la popolazione a rischio? la malattia ha una vasta incidenza?), di prezzi (i pazienti, gli Stati o le organizzazioni internazionali sono disposti a pagare? ci sono già altri vaccini o medicine disponibili?) e di accessibilità del mercato (esistono già canali commerciali? se non vi sono, è possibile rendere efficienti i canali commerciali di altri prodotti?). Ma ci sono anche le domande sul fronte della realizzabilità tecnica per l’immunità naturale (i patogeni iniettati sviluppano una risposta di anticorpi e conferiscono immunità?), l’adattabilità del patogeno (c’è un’alta variabilità di antigeni o il patogeno muta o evolve rapidamente?), la forza della risposta immunitaria (può essere ottenuta una risposta immunitaria adeguata? servono farmaci coadiuvanti e, se sì, funzionano?), i trialclinici (sono facili da ottenere in termini di popolazione a rischio, diagnostica, prevalenza della malattia? ci sono correlati di protezione?).

Il prezzo dei vaccini farà la differenza

Da anni l’Organizzazione mondiale della Sanità ha sviluppato una strategia globale 2019-2030 contro l’influenza e i rischi di pandemie polmonari per la quale ha continuato a chiedere investimenti pubblici e privati. Ma per l’Oms le questioni relative al prezzo dei vaccini faranno la differenza tra chi potrà cercare di immunizzarsi contro l’epidemia di coronavirus Covid-19 e chi invece no. Ovvero tra chi avrà maggiori possibilità di sopravvivere e chi al contrario correrà maggiori rischi di morire.

Perché investire o meno nella ricerca, a questo punto, diventa una questione di quanto ci si può ricavare, dunque di prezzo.

La questione è fondamentale per centinaia di milioni di persone che vivono nei Paesi poverissimi, poveri e a medio reddito. Ma paradossalmente il prezzo dei vaccini riveste un ruolo fondamentale anche nel Paese ricco per antonomasia (ma in realtà primo per diseguaglianza sociale): negli Usa il presidente Trump continua a insistere sul ruolo dei vaccini per mettere la popolazione al riparo dall’epidemia.

Lunedì 2 marzo i vertici delle principali imprese farmaceutiche mondiali si sono incontrate alla Casa Bianca con Trump per discutere degli sforzi in corso sul fronte della ricerca e sviluppo di un vaccino anti Covid-19. Erano presenti gli amministratori delegati di Gilead, GlaxoSmithKline, Moderna, Novavax e CureVac oltre i capi dei settori R&D di Sanofi, Johnson & Johnson e Pfizer.

Ma la vera differenza la farà la possibilità per tutti di potersi vaccinare, che è legata al prezzo e alla disponibilità di copertura sanitaria pubblica o privata.

Su 330 milioni di cittadini Usa, secondo gli ultimi dati che risalgono al 2018 ce ne sono 159 milioni con un’assistenza sanitaria di base pagata dai datori di lavoro (che spesso però non copre nemmeno i costi da migliaia di euro dei tamponi necessari per il test del coronavirus), altri 84 milioni con un altro tipo di copertura e 28,6 milioni senza alcun tipo di copertura da polizze sanitarie. Il tasso di popolazione non coperta per le spese sanitarie è risalito dopo l’era Obama e durante la presidenza Trump che ha limitato l’Obamacare, le norme per l’estensione della copertura sanitaria. Nel 2018 il tasso ha raggiunto di nuovo l’8,9% della popolazione Usa dal minimo dell’8,6% cui era sceso alla fine della presidenza Obama nel 2016. Per questo i politici del partito Democratico chiedono che il governo federale intervenga per assicurare costi della vaccinazione sostenibili per tutti.

Ecco perché il mercato dei vaccini è teatro di uno scontro tra Paesi ricchi e poveri proprio sulla trasparenza dei dati sui prezzi (lo vedremo nella prossima puntata di questa inchiesta).