Voilà, nuova vita agli oggetti
Una coppia ritorna in Italia dopo anni in Colombia e decide di aprire un negozio dell'usato seguendo la regola delle tre R
La Paz è una delle due capitali della Bolivia ed è considerata la più alta del mondo. La città, che si è sviluppata su un terreno collinare, ha infatti un’altitudine media di 3.600 metri sul livello del mare ed è circondata da montagne: la Janq’u Qalani, il Cerro Mururata, Chacaltaya, la stazione sciistica più alta del mondo, e l’Illimani, la terza montagna più alta del Paese.
Ha una storia interessante e complessa: fu fondata per proteggere il mercato di materiali preziosi – soprattutto argento – tra Lima, Potosi e La Plata, ma la sua fondazione aveva soprattutto un carattere simbolico perché facilitava la pacificazione dei conflitti armati tra coloni e conquistatori spagnoli, che si erano divisi tra sostenitori di Francisco Pizarro e Diego de Almagro durante le spedizioni in Perù. Un altro fatto molto interessante è che era situata originariamente più a est, dove ora si trova il villaggio di Laja. In quella zona batteva però un vento gelido, un clima pessimo per una città che era stata concepita come luogo di passaggio per i mercanti. Fu quindi spostata nel luogo attuale, dove allora sorgeva il villaggio di Chiquiago.
Da La Paz al Piemonte, per amore
A La Paz Oscar Peroglia e Katia Quintela Maceda si incontrano. Lui è italiano e vive da qualche anno in Bolivia, è un grafico e insegna alla Universidad San Pablo, lei è boliviana ed è medica chirurga dell’addome. Si innamorano, hanno un figlio, vivono insieme per dodici anni finché decidono di trasferirsi in Italia. Un ritorno, per Oscar, una nuova avventura per Katia.
È così che da una delle città più alte del mondo, una città popolosa che si inerpica tra colline e montagne, approdano ad Alpette, un paese con meno di 500 abitanti. Un cambiamento significativo nato da un ripensamento totale delle loro vite e delle loro attività lavorative personali. È a poca distanza da qui, ad Valperga, un piccolo comune della zona del Canavese con poco più di 3000 abitanti, che decidono di aprire un negozio dell’usato. Hanno questo desiderio spinti da una convinzione politica ed etica che li fa credere fortemente in quella che viene chiamata, soprattutto nei paesi anglosassoni, la “regola delle tre R”: reduce, reuse, recyle: riduci, riusa, ricicla.
Per puro caso trovano, proprio ad Alpette, uno spazio molto grande, 280 metri quadrati, tantissimi, ma che ad attività avviata sembreranno quasi insufficienti. Si innamorano di questo luogo e decidono che sarà lì che sorgerà Voilà, il loro negozio dell’usato che accoglierà vestiti, accessori, abiti, strumenti, elettrodomestici e mobili di seconda mano e che darà loro nuova vita, inserendoli in un cerchio di scambio.
Come nasce Voilà
L’apertura di Voilà è prevista per settembre 2022 ma la crisi internazionale non permette di avere i materiali per i lavori necessari, come la controsoffittatura e l’impianto elettrico. Spostano quindi l’inaugurazione a dicembre, ma c’è un nuovo intoppo: non si trovano, a causa della guerra in Ucraina, cavi di rame. L’apertura slitta ancora a gennaio, un mese sempre molto difficile per i commercianti, ma avviene a metà mese, con una serata di musica e presentazione del progetto a chiunque si avvicini con curiosità.
Oscar Peroglia mi racconta che ama definire Voilà un negozio dell’usato e non un mercato. Il motivo è semplice: lui e Katia diversificano l’esposizione e valorizzano il prodotto, dando un contesto e un’importanza particolare al luogo in cui presentano i loro oggetti. “Se esponi 50 oggetti su un tavolo, senza un senso o un contesto, ognuno di loro perde valore, rispetto agli altri e rispetto a sé stesso”, mi racconta. “Ci piace ambientare i nostri prodotti con prodotti simili, o della stessa zona geografica, o attraverso paragoni cromatici”. Una scelta che paga e che sta facendo crescere ogni giorno la clientela del negozio.
Le persone arrivano incuriosite dal luogo, dalla scelta di vita ma anche dal significato che Voilà porta con sé: dare nuova vita a oggetti che hanno smesso di essere utili per qualcuno, ma che possono servire a qualcun altro. C’è chi ha bisogno di vendere qualcosa, c’è chi ha bisogno di comprarla e non ha la disponibilità di farlo a prezzo pieno. Ma sempre più spesso sono la politica e l’etica a spingere persone a vendere e comprare oggetti. Se fino a quindici anni fa il negozio dell’usato aveva un significato principalmente legato al denaro, oggi questa è solo una parte del discorso che gira attorno all’economia circolare, che sempre più fa i conti con l’emergenza climatica e la produzione di oggetti inquinanti.
La regola delle tre R
L’industria tessile è al momento una delle più inquinanti al mondo. La sovrapproduzione di vestiti sta prosciugando e mettendo a rischio le falde acquifere e proprio per questo è fondamentale ricordarsi della “regola delle tre R”: reduce, ridurre, attraverso un acquisto più consapevole e mirato a prodotti migliori, che possano durare più tempo; reuse, riusare, vendendo o regalando ciò che non ci serve più, acquistando di seconda mano oggetti di cui abbiamo bisogno; recycle, riciclare, sia osservando la raccolta differenziata, ma anche diversificando la funzionalità delle cose che abbiamo: vecchie lenzuola possono diventare stracci per pulire, piatti rovinati possono trasformarsi in sottovasi, bottiglie di plastica possono essere reinventate come un sistema di irrigazione domestico per le piante in terrazzo.
Al momento, i prodotti di Voilà sono per il 50 per cento vestiti e accessori. Un 40 per cento è dedicato a prodotti di antiquariato e modernariato, quadri, sculture, strumenti musicali, oggetti antichi di fine ottocento o inizio novecento, mentre un 10 per cento riguarda elettrodomestici ancora perfettamente funzionanti o che possono avere un valore per collezionisti.
Sempre Oscar mi racconta che ciò che ama di più è ascoltare e scoprire la storia che si nasconde dietro alle persone che arrivano in negozio per vendere qualcosa, o la storia che si cela dietro gli oggetti che portano con sé. Voilà sta infatti diventando un luogo dove non solo è possibile vendere e acquistare. Sempre più spesso le persone arrivano per chiacchierare, per raccontare e ascoltare. Un uomo ha portato lo strumento musicale che aveva suonato per moltissimi anni, una lira. Aveva avuto un problema a una mano e non era più in grado di suonarla ma ha pensato che forse qualcuno poteva ancora farlo, e che quell’oggetto poteva ancora servire e dare gioia a persone che non erano lui.
Questo è il grande valore aggiunto di Voilà, che anche grazie a PerMicro, società di microcredito attenta alla sostenibilità e all’inclusione sociale, e al bando Microcredito garantito da Fondazione Finanza Etica, in pochissimo tempo ha aperto ed è diventato luogo di incontro, di passaggio e di scambio di cittadini e cittadine, persone che hanno potuto avvicinarsi o approfondire e prendere parte a questo bellissimo progetto di economia circolare.
Qual è il sogno per il futuro di Oscar e Katia? Ci risponde Oscar:
«Realizzando una rete empatica fra chi ha una certa sensibilità umanista ed ambientalista, ci auspichiamo che Voilà possa essere, in un breve futuro, un punto di riferimento nell’Alto Canavese. È importante per noi crescere sempre più per poter promuovere la transizione ad una economía circolare, partendo dalla nostra zona. L’obiettivo è favorire la riduzione dei rifiuti estendendo il ciclo di vita dei prodotti, e anche aiutare le micro-economie famigliari».