Dietro il voltafaccia di BP sulle rinnovabili c’è il fondo Elliott

Da quando Elliott ha scalato BP la compagnia ha abbandonato ogni vocazione sostenibile. E gli azionisti critici sono sul sentiero di guerra

Il clamoroso voltafaccia di BP sulle rinnovabili © jetcityimage/iStockPhoto

Ancor prima di una posizione ideologica, o di una possibile mega acquisizione industriale, c’è una gigantesca operazione di speculazione finanziaria dietro la decisione di BP di abbandonare le energie rinnovabili. A manovrare i fili Elliott Management Corporation. Il fondo avvoltoio specializzato in spericolate operazioni finanziarie dalle ricadute sociali spesso drammatiche – chiedere in Argentina per informazioni – o in assurde operazioni di finanza sportiva – chiedere ai tifosi del Milan per ragguagli.

A muoversi come pedine sulla scacchiera sono invece Shell e TotalEnergies. Le multinazionali del fossile che insieme ExxonMobil (e alla stessa BP) controllano buona parte del mercato del petrolio e del gas naturale. Gli effetti di questa complessa partita a scacchi saranno la probabile acquisizione di BP da parte di Shell. Un importante guadagno sui mercati finanziari per il fondo Elliott. E, soprattutto, la fine di ogni promessa sull’eliminazione delle emissioni e di ogni ipotesi di investimento sulle energie rinnovabili da parte delle multinazionali del fossile. Per questo, gli azionisti critici promettono battaglia.

Il clamoroso voltafaccia di BP sulle rinnovabili

Andiamo con ordine. Come ci ricorda Milano Finanza negli ultimi cinque anni BP ha registrato un calo di circa l’8%. A differenza dei suoi principali concorrenti, come Shell ed Exxon Mobil, che hanno guadagnato invece almeno il 30%. E con un valore di mercato che si attesta attualmente intorno ai 69 miliardi di sterline oggi BP vale meno della metà di Shell. Questa flessione è avvenuta proprio mentre era in atto un’importante strategia di disinvestimento dalle fonti fossili, organizzata dall’ex Ceo Bernard Looney che aveva deciso di puntare tutto sulle rinnovabili. E si era impegnato a ridurre le emissioni di CO2 del 40% entro il 2030.

La cosa non è andata a buon fine, però. BP ha cambiato direzione. Il nuovo Ceo Murray Auchincloss ha cominciato a licenziare dipendenti in serie e, soprattutto, a mollare le rinnovabili. Ma anche qui le cose non sono andate meglio. Nei primi tre mesi del 2025 BP ha visto i suoi utili scendere del 49% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 1,21 miliardi di euro. Il tutto dopo che già nel 2024 gli utili erano calati del 35%, come sottolinea Le Monde. E così a febbraio BP ha annunciato di voler abbandonare tutti i suoi impegni climatici per dare priorità agli idrocarburi.

Ha dichiarato che avrebbe diminuito a soli 1,5 miliardi l’anno gli investimenti in energia verde. Cinque miliardi in meno rispetto al già ridotto piano del nuovo Ceo Auchincloss. Ha annunciato di voler disinvestire almeno altri 20 miliardi di dollari nelle sue attività rinnovabili già in essere tra eolico e solare. E, contestualmente, ha detto che aumenterà del 20% i suoi investimenti nel settore petrolifero e del gas, portandoli a 10 miliardi di dollari all’anno entro il 2027. Sempre entro il 2027, poi, saranno avviati circa dieci nuovi progetti di esplorazione fossile in tutto il mondo. Insomma una vera e propria ritirata a 360 gradi dalle rinnovabili. Ma tutto questo è giustificabile con una diminuzione degli utili? Evidentemente no. Dietro c’è ben altro.

Il fondo Elliott ha fiutato il sangue e si è lanciato su BP

C’è che proprio a febbraio di quest’anno, del sangue che stava perdendo BP ha approfittato uno squalo gigantesco. Ovvero Elliott Management Corporation, che ha dato l’assalto alla compagnia petrolifera rastrellando il 5% delle azioni e diventando in poche settimane il terzo azionista del gruppo. Per il fondo Elliott però, le strategie fossili del Ceo Murray Auchincloss – che ricordiamolo aveva già impresso uno svoltato voltafaccia al tentativo di rinnovare la compagnia da parte dell’ex Ceo Looney – non erano abbastanza. Da lì l’accelerazione vertiginosa nell’abbandono delle rinnovabili e nei nuovi investimenti fossili.

D’altronde il fondo Elliott ha come obiettivo quello di fare soldi, non certo di salvare il Pianeta. Ma anche la nuova accelerazione non sembra bastare a Elliott, che infatti, scrive Bloomberg, vorrebbe licenziare Auchincloss. E anche un’altra cosa, più interessante. Scrive cioè che il sangue di BP avrebbe attratto anche Shell, la storica rivale che ora sarebbe interessata a portarsela a casa. In quella che sarebbe una delle più grandi acquisizioni industriali e finanziarie nel mondo del gas & oil.

Ma non è finita qui, perché come dicevamo l’operazione in corso ha molto più i contorni della speculazione finanziaria che non della fusione industriale. Sempre Bloomberg riporta infatti che nel frattempo Elliott si è tutelato con posizioni corte, al ribasso, sia su Shell sia, eventualmente, su TotalEnergies. Così, nel caso una delle due compagnie dovesse acquistare BP, il fondo Elliott ne trarrebbe un facile e immediato guadagno, visto che chi compra così grande di solito vede scendere subito il valore del suo titolo.

All’assemblea generale gli azionisti critici attaccano Elliott e provano a salvare BP

È quindi la finanza, di nuovo, come sempre, a tirare le fila delle decisioni industriali. E delle strategie che riguardano noi tutti, come l’abbandono o meno degli investimenti rinnovabili o il ritorno alle fossili. Ma anche la finanza è un campo di battaglia. Lo spiega Tarek Bouhouch, rappresentante di Follow This, azionista critico che detiene una quota di BP: «La revoca da parte di BP dei suoi impegni in materia di clima è avvenuta appena due settimane dopo la rivelazione della posizione di Elliott. Ora gli altri azionisti non hanno alcuna intenzione di lasciare che sia Elliott a comandare».

E come ricorda il Guardian all’assemblea generale dello scorso aprile, la prima dopo la svolta fossile, un quarto degli azionisti ha votato contro il piano della compagnia. E contro il presidente Helge Lund che ha ottenuto la rielezione ma ha dovuto già annunciare le dimissioni per il prossimo anno. L’idea dell’azionariato critico è quella di provare a fare tornare BP l’azienda faro della svolta nelle rinnovabili. Alla faccia degli squali, e della speculazione finanziaria.

Nessun commento finora.

Lascia il tuo commento.

Effettua il login, o crea un nuovo account per commentare.

Login Non hai un account? Registrati