4 banche su 5 non rispettano i diritti umani. Il nuovo rapporto di BankTrack
Lloyds, Bank of America, Goldman Sachs e Société Générale ultime in classifica. Benino due italiane. La strada da fare è ancora lunga
«Le banche sono ancora implicate – o addirittura facilitano direttamente – le violazioni dei diritti umani, comprese le violazioni dei diritti delle popolazioni indigene, l’accaparramento di terre (ovvero il land grabbing, ndr) e persino i crimini di guerra».
L’affermazione, che non lascia spazio a grandi interpretazioni di alleggerimento, proviene da Ryan Brightwell, autore dell’edizione 2019 del rapporto The BankTrack Human Rights Benchmark 2019, pubblicato, appunto, dall’Ong BankTrack. Un rapporto che segue quello del 2016, con qualche variazione nei criteri di valutazione, e i cui risultati generali non sono esaltanti. Gli istituti finanziari indagati si muovono nella direzione giusta, perlopiù, ma con estrema lentezza e partendo da livelli di attenzione sul tema della tutela dei diritti umani ancora bassissimi.
Progressi lenti e indecisi
Emergono perciò lentezza e indecisione che non potevano che essere accompagnate dalla denuncia allarmata dell’organizzazione che promuove lo studio. Perché BankTrack si prefigge di impedire alle banche di finanziare attività commerciali dannose, promuovendo al contrario il settore quando dimostra un’impronta fortemente etica. E contribuire all’affermazione di società giuste.
Un’aspirazione che contrasta col quadro emerso dall’analisi compiuta su 50 delle grandi banche commerciali private nel mondo, passate sotto la lente delle linee guida per i diritti umani indicati dalle Nazioni unite alle imprese. Un testo di riferimento condiviso dalla comunità internazionale eppure, stando al giudizio di BankTrack, tradotto nei fatti in modo del tutto insufficiente dalle imprese finanziarie nelle quattro macro-aree di applicazione sui diritti umani:
- l’impegno politico (policy commitment)
- la capacità di investigazione (human rights due diligence process)
- l’attività di “reportistica” (reporting on human rights)
- la riparazione (access to remedy).
La pagella: promossa a pieni voti solo Abn Amro
Secondo il rapporto, quindi, le banche stanno fallendo rispetto alle proprie responsabilità sui diritti umani, ma non tutte nella stessa misura. Tant’è che Ryan Brightwell e i suoi collaboratori hanno stilato una classifica che ricorda un po’ la lavagna tradizionale, divisa tra buoni e cattivi. In questo caso c’è un unico istituto che potremmo dire aver avuto l’approvazione dei ricercatori, ed è Abn Amro (banca olandese, ottava in Europa per capitalizzazione con 68,3 miliardi di euro), in cima per punteggio raggiunto (9,5 su 14) e indicata come leader solitaria. Dopo di lei altri nove istituti cercano di tenere il passo, e tra loro giganti come Rabobank, Citigroup e Barclays.
Dai followers ai ritardatari
Dall’11mo al 29mo posto la lista dei cosiddetti followers, cioè degli inseguitori, è aperta dalle due italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit (6 punti ciascuna), vede la presenza di Bnp Paribas, Morgan Stanley, Ubs, Wells Fargo. Ed è chiusa da JPMorgan Chase e RBS Group. Ma a prendersi la nota di biasimo più grave sono quelle che seguono.
Infatti, dopo gli istituti che studiano ma non si applicano troppo, segue un ultimo gruppo, quello dei laggards, i veri ritardatari. E qui una speciale “menzione di disonore” viene attribuita da BankTrack a chi continua a non compiere progressi adeguati alle proprie risorse e al proprio peso globale. Lloyds, Bank of America, Goldman Sachs e Société Générale vengono perciò additati come cattivo esempio. E in loro compagnia si trovano altri numerosi protagonisti del gotha finanziario planetario: da Royal Bank of Scotland a Bank of China alla francese Credite Agricole.
Qualche progresso
Qualche buona notizia si può comunque trovare. A cominciare dal fatto che 21 banche hanno migliorato il punteggio rispetto all’ultima relazione, contro 12 che l’hanno invece diminuito. In particolare BBVA, National Australia Bank (NAB), Morgan Stanley e Standard Chartered sono avanzate di 3,5 punti o più. Inoltre, 35 dei 50 gruppi indagati hanno adottato una propria policy esplicita che include un impegno di alto livello per rispettare i diritti umani; e almeno 25 banche aggiornano questi principi. Ciò si traduce in un numero più alto che mai di istituti che hanno messo in atto politiche sui diritti umani.
Francia, Olanda e Uk stimolano le banche a migliorare sui diritti umani
L’aspetto negativo è però che nessuno è in grado di dimostrare che sta facendo la differenza per le persone sul campo, affrontando abusi identificabili. «La stragrande maggioranza delle banche – sottolinea infatti l’ong – non ha fornito alcuna prova del fatto che nella pratica siano state prevenute, mitigate o sanzionate specifiche violazioni dei diritti umani» (il suddetto access to remedy). Ed è perciò che il direttore di BankTrack, Johan Frijns, considera tanto più significative e positive le recenti mosse attuate da Regno unito, Francia e Paesi Bassi per indurre i singoli istituti ad attivarsi.
In Olanda sono stati compiuti progressi per guidare le banche verso i loro obblighi in materia di diritti umani grazie a un accordo stabilito nel 2019 dall’intero settore bancario nazionale (il Dutch Banking Sector Agreement on Human Rights). Un’iniziativa virtuosa, poiché partecipata da tutti i soggetti coinvolti, anche se resa possibile, secondo Frijns, dalla minaccia di un intervento regolatorio superiore. Così è infatti avvenuto nel Regno unito con l’introduzione, già nel 2015, della legge sulla schiavitù moderna (Modern Slavery Act), e in Francia con una norma che obbliga le banche a essere più trasparenti riguardo ai loro impegni a rispettare i diritti umani (Duty of Vigilance).