Sviluppo sostenibile: l’Italia sotto la media europea

Nuovo report sugli obiettivi di sviluppo sostenibile. L'Europa avanza, ma si fa sentire il peso della pandemia. Italia sotto la media

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono fissati dalle Nazioni Unite nell'Agenda 2030 © Parradee Kietsirikul/iStockPhoto

La fine del vecchio anno e l’inizio di quello nuovo è sempre tempo di bilanci. Un assunto valido anche per centri di ricerca e organizzazioni non governative, che spesso approfittano di questo periodo per pubblicare report e indagini. È con questo spirito che da ottobre in poi è arrivata agli organi di stampa una serie di approfondite analisi sullo stato di salute degli SDG, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che i governi del Pianeta si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.

L’europa migliora, l’Italia meno

A fornire i numeri ci pensa la ASviS, Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile. Il rapporto, pubblicato a ottobre 2022, descrive un miglioramento complessivo, se preso nel lungo periodo. Ma anche una forte frenata dovuta alla pandemia e un’Italia ampiamente sotto le medie europee.

I dati a cui guarda l’associazione sono quelli relativi ai 17 obiettivi individuati dall’ONU: azzeramento di fame, povertà e emissioni climalteranti, equità di genere, accesso all’istruzione e alle risorse idriche, salute, lavoro, crescita e altro ancora. Il documento che per primo li elenca – la ormai celebre Agenda 2030 – è stato approvato nel 2015 e ratificato da tutti gli Stati membri. 

Con l’arrivo del 2023 il timer delle Nazioni Unite ha segnato un altro rintocco. Per mettere a segno tutti i goal rimangono meno di 7 anni.

Trasposizione grafica del report ASviS per i 17 SDG in Italia, fascia temporale 2010 – ultima rilevazione © ASviS

Il continente va avanti, ma con più disuguaglianze

Per l’Europa ASviS analizza due archi temporali. Il primo dal 2010 porta al 2020. Il secondo dal 2019 porta al 2020. Per quanto riguarda il trend decennale il miglioramento è relativamente marcato. Il continente migliora su 11 obiettivi su un totale di 17. Si tratta di fame zero, benessere e salute, educazione paritaria e di qualità, parità di genere, energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso e crescita economica, innovazione con imprese e infrastrutture, città sostenibili, consumo e produzione responsabile, lotta al cambiamento climatico, rafforzamento di pace, giustizia e istituzioni.

Solo 2 obiettivi rimangono stazionari (lotta alla povertà e accesso ad acqua e servizi igienico-sanitari) mentre 3 sono in peggioramento. Si tratta di riduzione delle disugaglianze, protezione degli ecosistemi e rafforzamento delle partnership globali.

Nel biennio 2019-2020 migliorano solo tre obiettivi

Decisamente meno rosea la situazione dello sviluppo sostenibile se guardiamo al solo biennio 2019-2020 – segnato ovviamente dalla pandemia. Solo 3 goal registrano performance migliori. Parliamo di energia pulita, consumo e produzione responsabile e lotta al riscaldamento globale. Prevale invece la stabilità per gli altri. Non cambiano infatti i parametri per ben 6 goal: lotta alla fame, educazione, parità di genere, lavoro e crescita, innovazione e infrastrutture, solidità delle istituzioni, pace e giustizia. Salgono a 4, infine, i peggioramenti. Nell’anno del Covid l’Europa torna indietro su povertà, salute e benessere, disuguaglianze e partnership globale.

«La pandemia e la crisi energetica indotta dalla guerra in Ucraina non hanno aiutato. Sia per gli effetti diretti che hanno indotto sul benessere di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo (senza parlare delle morti causate dal COVID-19 e dalla guerra), sia per la “disattenzione che hanno indotto nelle opinioni pubbliche, nei decisori politici, nei leader d’impresa e, in qualche modo, anche negli individui rispetto alle tematiche della sostenibilità». A commentare i dati è Enrico Giovannini, già ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Sostenibili nel precedente governo e direttore scientifico dell’ASviS.

«Su questo – aggiunge – il mondo dell’informazione ha una grave responsabilità, perché continua a confondere problemi urgenti e problemi importanti, contribuendo al “calcio al barattolo”, che spinge a rinviare scelte da cui dipende non solo il nostro futuro, ma anche il presente».

l’Italia va peggio, con o senza covid

Per il nostro Paese ASviS è in grado di spingere la sua analisi fino al 2021. Per il periodo che parte dal 2010 il trend è simile a quello europeo (prevalgono i miglioramenti) ma più moderato. Sono 8 gli SGD su cui si registrano passi avanti; 4 risultano stabili e 5 in peggioramento. Drasticamente diverso invece lo scenario 2019-2021. In questo caso spiccano gli indietreggiamenti, ben 10! Solo 2 invece i miglioramenti, idem per quanto riguarda gli obiettivi rimasti stazionari.

Tra il 2010 e il 2021 l’Italia registra avanzamenti su lotta alla fame, salute, educazione, parità di genere, energia pulita, innovazione e infrastrutture, consumo e produzione responsabile e contrasto al riscaldamento globale. Rimangono stabili lavoro e crescita, disuguaglianze, città sostenibili e protezione del mare e degli oceani. A peggiorare sono però 5 goal: povertà, acqua pulita e servizi igienici, tutela degli ecosistemi terrestri, solidità delle istituzioni con pace e giustizia, rafforzamento delle partnership globali.

Ben più drammatica la situazione nel triennio 19-21, anni di pandemia e di crisi economica, L’Italia peggiora su quasi tutto, molto peggio dell’Europa. Andiamo giù su povertà, salute e benessere, educazione, parità di genere, acqua e servizi igienici, innovazione e infrastrutture, disuguaglianze, protezione degli ecosistemi, solidità delle istituzioni con pace e giustizia e partnership globali. Una retromarcia quasi senza eccezioni. La lotta alla fame e quella al riscaldamento globale rimangono stazionarie. Solo l’energia pulita e accessibile e il lavoro dignitoso con crescita economica registrano miglioramenti.

«L’Italia non è immune alla tentazione a giocare al rinvio», prosegue Giovannini. «Il Rapporto ASviS mostra come sia indispensabile e urgente rafforzare e accelerare l’impegno di tutti, ma specialmente della politica, per contrastare i fattori che rendono insostenibile lo sviluppo del nostro Paese, e non solo. Il futuro dipende dalle azioni che compiamo oggi e da nient’altro».

Da dove arrivano questi trend?

Nel rapporto è individuata una serie di risultati concreti che, se raggiunti, porterebbero al compimento degli SDG. In particolare ASviS analizza 33 step , suddivisi per dimensione prevalente – sociale, ambientale, economica, istituzionale. Anche andando a vedere il dettaglio, per l’Italia i numeri non sono eccellenti. Negli ultimi 5 anni 11 di queste misure concrete sono considerate in fase di progresso significativo – cioè sulla buona strada per arrivare a compimento nel 2030. Altre 2 sono in progresso moderato, 14 in progresso insufficiente – la valutazione più diffusa – e 8 in peggioramento.

Fonte: ASviS
Fonte: ASviS
Fonte: ASviS
ASviS
Fonte: ASviS
ASviS
Fonte: ASviS

Per quanto riguarda gli step a prevalente dimensione ambientale, ad esempio, l’unico progresso significativo in termini di sviluppo sostenibile si ha sul campo della produzione biologica, sul giusto percorso per arrivare a occupare il 25% della superficie nazionale. Ma facciamo troppo poco per aumentare dle rinnovabili e ridurre la CO2, mentre addirittura indietreggiamo sui temi della pesca, delle risorse idriche, dei fertilizzanti e del trasporto pubblico.

Un po’ meglio l’economia, con riciclo e rete in netto miglioramento. Ma restiamo gravemente indietro per quanto riguarda l’inclusione dei NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non cercano impiego) e la percentuale di PIL dedicata alla ricerca. Peggioriamo, poi, sul trasporto merci ferroviario e sul tasso di occupazione.

Poco da dire sugli obiettivi istituzionali. Nessun arretramento, ma nemmeno miglioramenti significativi. L’unica crescita moderata è quella relativa al contenimento del fenomeno del sovraffollamento delle carceri. Il discorso si fa più complesso se guardiamo agli obiettivi a prevalente dimensione sociale. L’Italia è in linea con i propri obiettivi per quanto riguarda povertà, abbandono scolastico e copertura negli asili nido. Ma siamo indietro su incidenti stradali e occupazione femminile, mentre peggioriamo su disuguaglianze, numero di laureati e competenze matematiche.

Un quadro non omogeneo, dentro e fuori l’Italia

Il rapporto ASviS si concentra sull’Europa e sull’Italia, ognuna singolarmente e nell’insieme delle realtà che le compongono. Ma l’andamento degli SDG non è omogeneo né tra i paesi europei, né tra le diverse regioni italiane.

L’ISTAT, nel suo rapporto sul tema pubblicato a ottobre dello scorso anno, racconta gli obiettivi di sviluppo sostenibile in giro per la penisola. La mappa che ne risulta è simile a quella di molte ricerche di questo genere sul nostro paese. Primeggia il nord, sopratutto il nord-est. Trento e Bolzano in particolare registrano i risultati migliori. Sud e isole rimangono invece in fondo.

Un lavoro simile, ma rivolto alle regioni europee, lo ha fatto il Sustainable Development Solutions Network. I dati si trovano nello “Europe Sustainable Development Report 2022”. Anche in questo caso la classifica non sorprende. Meglio di tutti fanno i Paesi dell’Europa del nord, seguiti dall’Europa occidentale e dalle nazioni EFTA (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). Il sud, Italia compresa, è al quarto posto. In fondo rimangono l’Europa dell’est e i Paesi candidati ad entrare nell’Unione.

Gli SDG sono la soluzione?

L’Agenda 2030 è il progetto per il futuro a breve termine dell’umanità più celebre e autorevole in assoluto. Ma non tutti ne condividono l’impostazione di fondo.

Una prima critica è rivolta proprio alla misurazione dei risultati raggiunti sullo sviluppo sostenibile nelle diverse regioni del mondo. I passi avanti fatti dall’Europa in settori come il consumo di suolo o le emissioni climalteranti riguardano il peso dei processi produttivi europei. Ma in epoca di globalizzazione e delocalizzazioni, argomentano i critici, è fuorviante guardare solo alle produzioni all’interno dei confini nazionali. Bisogna considerare l’impatto di una nazione o area geografica a partire dai suoi consumi.

Un’obiezione che non sfugge anche a chi si occupa degli SDG stessi. Nel già citato rapporto del Sustainable Development Solutions Network i ricercatori mostrano come le emissioni e i morti sul lavoro legati alla produzione europea siano in costante calo. Ma se contiamo anche i dati relativi ai beni consumati o posseduti dagli europei, si legge, il trend si inverte, ed entrambi gli indicatori sono in aumento.

I trend relativi alle emissioni di CO2 e alle morti sul lavoro © Sustainable Development Solutions Network

Una critica ancor più radicale viene da una parte dell’ecologismo. Il mondo legata al concetto di decrescita mette in discussione l’idea stessa che sia possibile coniugare sviluppo – inteso come crescita economica – e sostenibilità. Ambizione che è invece alla base degli SDG, a partire dal nome. È il filone di pensiero nato a seguito del celebre “I limiti dello sviluppo”, del Club di Roma e del MIT di Boston, reso poi popolare da pensatori come Serge Latouche.

Un mondo che arranca

Questi ultimi report segnalano un fenomeno già noto. Neanche l’Europa, solitamente considerata come il più avanzato dei continenti per quanto riguarda diritti sociali e civili, è al passo per quanto riguarda gli obiettivi dell’Agenda 2030. I miglioramenti ci sono, ma non bastano. E la pandemia, con a seguire lo scoppio delle ostilità geopolitiche, non aiuta. 

«La strada per uno sviluppo sostenibile è ancora lunga e irta di difficoltà – conclude Giovannini – con risultati positivi, ma anche tanti passi indietro, anche nel nostro Paese. E il tempo che resta per scongiurare cambiamenti, in primo luogo climatici, irreversibili si riduce». Il 2030, insomma, è sempre più vicino.