Perché Sultan al-Jaber non può presiedere la Cop28
Cento deputati americani ed europei chiedono che Sultan al-Jaber, che dirige un colosso del petrolio, non presieda la Cop28 di Dubai
Sultan al-Jaber non può essere la persona che coordinerà i negoziati sul clima alla prossima Cop28 di Dubai. A chiederlo è un centinaio di deputati del Congresso americano e del Parlamento europeo, in una lettera aperta, inviata al presidente degli Stati Uniti Joe Biden, alla presidente della Commissione di Bruxelles, Ursula von der Leyen e al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.
Al-Jaber dirige il colosso delle fossili Abu Dhabi National Oil Company
La polemica va avanti da numerose settimane: al-Jaber è amministratore delegato della compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti Adnoc (Abu Dhabi National Oil Company). La società è un colosso delle fonti fossili e sotto la guida della persona che è stata designata per presiedere la ventottesima Conferenza mondale sul clima dell’Onu, non sembra arretrare sullo sfruttamento del petrolio. A destare scalpore è stato in particolare l’annuncio di voler aumentare ulteriormente la produzione nei prossimi anni. Una scelta che appare del tutto incompatibile con gli impegni climatici assunti dalla comunità internazionale.
Per questo, nel documento esortano i destinatari «ad esercitare pressione affinché gli Emirati Arabi Uniti rinuncino alla nomina di al-Jaber», sottolineando al contempo la “profonda inquietudine” che tale scelta ha suscitato. «Non possiamo lasciare che interessi particolari possano creare ulteriori ostacoli nella lotta contro i cambiamenti climatici», ha sintetizzato il senatore americano Sheldon Whitehouse. «La presidente von der Leyen deve impegnarsi per farci capire se a contare di più sono gli interessi dell’industria fossile o le vite di tutti noi», ha aggiunto l’europarlamentare francese Manon Aubry.
Al-Jaber ha risposto sottolineando l’impegno in un’altra società, la Masdar, nota anche come Abu Dhabi Future Energy Company, specializzata nello sviluppo delle energie rinnovabili. Il tecnocrate ne è effettivamente presidente. Occorre giocare però a carte scoperte, e per farlo la cosa migliore è verificare i dati. La Masdar non pubblica alcun bilancio, ma secondo le informazioni disponibili, la stampa internazionale ha stimato il fatturato nell’equivalente di 172 milioni di dollari, e impiega circa 650 persone. La Adnoc ha circa 55mila dipendenti e un fatturato di 60 miliardi di dollari (dato del 2014).
Ad oggi le rinnovabili valgono meno dell’1% negli Emirati Arabi Uniti
Il tutto in una nazione che sì, promette di effettuare una transizione profonda e di raggiungere una capacita installata di impianti rinnovabili pari a 27,3 Gigawatt di qui al 2023. Ma ad oggi il peso di solare e eolico nel mix energetico nazionale è inferiore all’1%.
È chiaro quindi che, anche al di là delle capacità e del giudizio sulla singola persona, la scelta di al-Jaber non può che essere un azzardo politico. Un messaggio sbagliato alle migliaia di delegati che parteciperanno alla Cop28 nel prossimo mese di dicembre. Dopo anni di parziali o totali fallimenti delle conferenze sul clima, i rischi devono essere minimizzati. Al mondo occorre dare un unico indirizzo: la strada è quella della transizione, le fossili sono il passato. Al-Jaber è la persona sbagliata, al momento sbagliato, nel posto sbagliato.