Accademia del Cinema Ragazzi: una scuola di vita
Nel quartiere San Pio di Bari c'è l'Accademia del Cinema Ragazzi, una realtà sociale, culturale, che include i giovani di periferia
A circa mezz’ora dal centro di Bari c’è il quartiere San Pio, un agglomerato di asfalto e palazzine che, se si potesse dare una rappresentazione grafica dell’idea di “quartiere dormitorio”, ne sarebbe la fotografia perfetta.
San Pio, ex quartiere Enziteto, è figlio delle politiche di edilizia pubblica che hanno ghettizzato centinaia di migliaia di persone in quartieri nati sotto il segno della legge 167 del 1962 e negli anni successivi. Ha subìto la stessa sorte di molti suoi omologhi: nato per offrire abitazioni residenziali alla popolazione in crescita dei centri urbani, ha aggregato ampie fasce di cittadinanza che avevano bisogno di un posto in cui vivere.
«Nel giro di pochi anni è stato completamente occupato da famiglie in condizioni socio-economiche e culturali molto problematiche. A questo si è aggiunta una totale assenza delle istituzioni: la situazione non poteva che degenerare».
A raccontarlo è Ruggiero Cristallo, fondatore e coordinatore dell’Accademia del Cinema Ragazzi, che a San Pio opera da vent’anni.
Il quartiere non sembra nemmeno far parte della città: per arrivarci occorre prendere la Statale 16 e superare l’uscita dell’aeroporto. Difficile immaginare una ragione per farlo, visto che, a parte le case popolari in cui sono stipate circa 10mila persone, non c’è nient’altro.
Accademia del Cinema Ragazzi: una scuola di vita
Il valore sociale di questo luogo diventa ancora più chiaro di fronte a un altro dato: la popolazione ufficiale di San Pio conta 10mila persone, ma i dati sono falsati da una importante percentuale di abusivismo dovuto all’occupazione delle case e di locali commerciali. In questo contesto, a 20 km dal centro città, ci sono soltanto una scuola materna e una elementare. La percentuale di diplomati è tra le più basse, non esistono altri luoghi di aggregazione.
Nel 2005, dopo una brutta vicenda di cronaca locale, l’attenzione mediatica e istituzionale è tornata a parlare di San Pio e gli operatori sociali non si sono lasciati sfuggire l’occasione per costruire una realtà che prendesse in carico il territorio. Una realtà nata per restare, come ha spiegato Cristallo:
«La vicenda portò l’amministrazione a convincersi del fatto che in un posto del genere avrebbe avuto più senso un progetto culturale invece che una serie di azioni spot. Così, è nata l’Accademia del Cinema Ragazzi. Quello che avevamo in testa non era una semplice scuola di cinema: volevamo costruire una scuola di vita. Il cinema è la nostra identità, un servizio di avvicinamento. Lo strumento attraverso il quale portiamo avanti un discorso più ampio che parla al futuro dei giovani di San Pio».
Cinema, teatro, ma anche birra, rock e tanto altro
L’Accademia nasce coinvolgendo formatori, psicologi, educatori e professionisti del cinema. Sono diversi i corsi attivi, e rispondono alle esigenze delle differenti fasce d’età. Il corso base prevede due anni di formazione cinematografica, uno teorico e uno pratico, rivolti a giovani tra i 16 e i 21 anni provenienti da tutta la Regione. L’Accademia Baby Lapis&Film insegna il cinema di animazione a bambini del quartiere tra i 5 e gli 11 anni, che hanno la possibilità di realizzare un cartone animato. Ai ragazzi di San Pio tra i 12 e i 17 anni è dedicato il laboratorio audiovisivo Accademia Junior, mentre le donne del quartiere si confrontano con il teatro di Accademia Donne.
Non ci sono soltanto i percorsi formativi: negli anni i locali dell’Accademia sono stati sede di cantieri di Antimafia sociale, qui sono nati la serigrafia Stampate!, il laboratorio di musica Rock Academy gestito dal collettivo Disaccordi, il birrificio Fuoriorario.
Come gran parte delle esperienze del terzo settore, anche l’Accademia vive alla giornata ed è alla ricerca costante di sovvenzioni. L’identità ibrida tra sociale, culturale, politiche giovanili e sviluppo territoriale rende complesso intercettare finanziamenti istituzionali:
«A volte ci manca la possibilità di dare continuità alle nostre azioni. Capita che le nostre equipe socio-educative, dopo aver fatto un gran lavoro per instaurare una relazione propedeutica con i ragazzi, esauriscano il budget e debbano interrompere il percorso».
Il tema dei finanziamenti della attività è legato a doppio filo con l’individuazione delle persone che le incarneranno: «Il fatto che l’Accademia sia arrivata a vent’anni è una grande vittoria, ma la sua sopravvivenza è troppo legate alle motivazioni di poche persone. Io sono qui da vent’anni e riconosco una certa forma di obsolescenza. Non posso più fare lo stesso lavoro che facevo con le generazioni passate, serve un ricambio e bisognerebbe che le istituzioni si preoccupassero anche di questo».
Un motivo per venire a San Pio
Abbiamo chiesto a Ruggiero quali medaglie pensa di potersi appuntare al petto, per lui più che di stellette si tratta di cerchi che si chiudono:
«Il corpo docenti che oggi cura la didattica è costituito da professionisti che hanno frequentato il primo anno dell’Accademia. Ci sono ragazzi del quartiere che ho conosciuto quando avevano 11 anni, sui quali nessuno avrebbe mai scommesso, che si sono rimboccati le maniche e hanno aperto un birrificio. Una cosa che, solo dieci anni fa, era impensabile. In questi lunghi anni il dialogo con le istituzioni è migliorato, abbiamo dato alle persone dell’area metropolitana un motivo per venire a San Pio».
L’eterogeneità è sempre stata l’obiettivo di questo progetto.
«Se avessimo chiuso le porte della nostra esperienza a persone di estrazioni sociali o contesti geografici differenti, avremmo rischiato di ghettizzarci da soli: l’idea era creare un ibrido dal cui confronto, ogni giorno, si potesse crescere insieme. Le persone che arrivano qui sono in un momento della vita in cui hanno bisogno di capire chi sono: il prodotto più importante che produciamo è il capitale umano».