Loss and damage, un ritardo costato migliaia di miliardi di dollari
Finora, l'industria fossile avrebbe potuto coprire interamente il loss and damage e guadagnare comunque 10mila miliardi di dollari
È il primo giorno della Cop28 ed è già arrivato l’annuncio che in tanti aspettavano. I governi hanno confermato e approvato l’istituzione del fondo per il loss and damage. Ovvero quello necessario per garantire indennizzi a fronte delle perdite e danni causati dalla crisi climatica ai Paesi più poveri.
Una buona notizia, nonostante permangano numerosi punti di domanda. Ma per compensare davvero i danni e le perdite già causati dai cambiamenti climatici, occorrerà che quel fondo diventi gigantesco. Un nuovo rapporto pubblicato dal think tank Climate Analytics, infatti, indica che i pregiudizi causati dalle emissioni delle sole 25 principali “major della CO2” del settore oil&gas, tra il 1985 e il 2018, sono stati pari a 20mila miliardi di dollari. Ciò a fronte di guadagni centrati, nello stesso periodo, per 30mila miliardi.
Insomma, le società del settore fossile più inquinanti del mondo avrebbero potuto versare 20mila miliardi di dollari, risarcendo chi è stato colpito dagli impatti del clima da loro causati, e guadagnare comunque 10mila miliardi. E non sarebbe così stato neppure necessario istituite alla Cop28, nel 2023, un fondo ad hoc.
Super profitti vs loss and damage
I primi tre maggiori emettitori pubblici di CO2 sono la Saudi Aramco dell’Arabia Saudita, la Gazprom, di proprietà del governo russo, e la National Iranian Oil Company. Mentre le prime aziende private sono ExxonMobil, Shell, BP e Chevron. L’elenco comprende anche la società guidata dal presidente della Cop28, Sultan al-Jaber: la Abu Dhabi National Oil Company.
«Queste grandi aziende del petrolio e del gas sono a conoscenza dei cambiamenti climatici da decenni. Hanno ottenuto enormi guadagni finanziari. Mentre la crisi climatica si è intensificata e ha lasciato le popolazioni vulnerabili, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, a pagare il conto», ha dichiarato l’autore principale dello studio, Carl-Friedrich Schleussner.
I ricercatori hanno utilizzato una stima intermedia del costo sociale della CO2 (185 dollari per tonnellata) per calcolare i costi legati al loss and damage. Alle compagnie petrolifere è stato attribuito un terzo dei danni, condividendo la responsabilità in egual misura con i governi e i consumatori.
Nel 2022 i prezzi dell’energia sono saliti alle stelle e i guadagni finanziari delle compagnie petrolifere e del gas hanno raggiunto livelli record. La Saudi Aramco ha annunciato quello che il suo amministratore delegato ha definito «probabilmente il più alto utile netto mai registrato al mondo».
Il valore dei guadagni quasi doppio rispetto a quello dei danni causati
Per il 2022, gli autori sono riusciti a raccogliere i dati relativi a un sottoinsieme di sette “majors delle emissioni”, tra cui la stessa Aramco, Exxon Mobil e Shell. Dimostrando che i guadagni sono stati quasi il doppio dei danni causati dalle loro emissioni in quell’anno: 497 miliardi di dollari rispetto a 260 miliardi di dollari.
Il rapporto confronta anche i danni con i fondi sovrani, che sono stati in gran parte creati con i profitti derivanti dalla vendita dei combustibili fossili. La metà dei capitali del solo fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, che ospitano la Cop28, basterebbe a coprire i danni causati dalle emissioni attribuite alla sua industria. E resterebbero in cassa ancora 700 miliardi di dollari.
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La ricchezza fossile che si auto-perpetua
«Dalla loro istituzione, questi fondi sono cresciuti a dismisura. Ma l’altra eredità di questa ricchezza è la devastazione del clima», ha dichiarato un’autrice del rapporto, Marina Andrijevic. L’anno scorso, alla Cop27, tutti i governi hanno riconosciuto la necessità di trovare nuove fonti di finanziamento per le perdite e i danni. Mia Mottley, primo ministro delle Barbados, ha proposto in particolare una tassa del 10% sui profitti delle compagnie petrolifere e del gas.
«Dopo i super-profitti dell’anno scorso, alcune di queste compagnie si stanno rimangiando gli impegni assunti in materia di clima. Dimostrando che non possiamo contare sul fatto che lo facciano da sole, e certamente non al ritmo necessario», ha concluso Schleussner. «I governi dovrebbero intervenire e tassare chi inquina per pagare le perdite e i danni che stanno causando. Abbiamo anche bisogno di un impegno concreto nei negoziati della Cop28 per eliminare gradualmente i combustibili fossili e limitare l’aumento della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi».