Vi prego, ridateci la Cop
Le Cop sono sempre più kermesse in cui l'industria nella migliore delle ipotesi va a fare affari, nella peggiore a condizionare i negoziati
Tra i panel che si sono svolti nei giorni scorsi alla Cop28 di Dubai, spiccava uno su “Responsible Yachting”. Un’azienda che produce e vende barche di super-lusso per i clienti più facoltosi presentava i suoi ultimi modelli e le innovazioni che renderebbero «l’esperienza dello yachting più sostenibile e responsabile».
Di tutto e di più in questi giorni a Dubai, dove 2.456 lobbisti dei combustibili fossili affollano tavoli negoziali, corridoi e incontri vari (si, avete letto bene, duemilaquattrocentocinquantasei). Questo perché non è dato sapere il numero totale di lobbisti e consulenti di varia natura, e in particolare quelli che a diverso titolo rappresentano il mondo bancario e finanziario e che probabilmente sono quasi altrettanto numerosi.
Proprio negli stessi giorni un articolo sul blog della Banca Centrale Europea ricorda come esista una differenza abissale tra le dichiarazioni dei grandi gruppi bancari e i reali impegni su ambiente e clima. Anzi secondo la BCE, che ha analizzato le maggiori banche europee, la conclusione è chiara quanto deprimente: quelle che più parlano di prestiti “green” sono in realtà quelle che più finanziano i combustibili fossili e altri progetti inquinanti.
Se la Cop diventa una fiera
Ma se le banche fanno a gara per presentarsi come sostenibili e continuare a finanziare i fossili, il premio del greenwashing, va ancora una volta al settore petrolifero. Che sempre alla Cop28 ha lanciato un piano per la decarbonizzazione dell’attività estrattiva. Come dire non smettiamo di estrarre e distribuire combustibili fossili in tutto il mondo, ma ci impegniamo a farlo in modo – ci mancherebbe – “sostenibile”. Nel migliore dei casi parliamo del 10-20% delle emissioni, solo su base volontaria e da realizzarsi al 2050. Per carità, sempre meglio che non fare nulla, ma considerando che l’impatto dell’attività estrattiva è unicamente un frazione di quanto si inquina bruciando poi il petrolio (ovvviamente, altrimenti non avrebbe senso estrarlo), se proprio non vogliamo parlare di cinismo e ipocrisia almeno rendiamoci conto dell’incoerenza.
Al di là dei singoli esempi, assistiamo a una Cop trasformata in una kermesse, dove quasi 100mila persone (per la gran parte arrivate in aereo, alla faccia del clima) discutono di qualsiasi cosa anche solo lontanamente legata all’ambiente, in molti casi con l’obiettivo di concludere affari all’ombra dei negoziati.
Già, perché siamo arrivati al punto che occorre ricordarlo, ma la Cop dovrebbe essere un luogo di negoziati tra governi per valutare quanto fatto e concordare l’agenda sul clima per il prossimo futuro.
Le Cop restano il solo spazio a nostra disposizione per salvare il clima
Ed è difficile pensare a un processo differente, non solo perché ormai quello delle Cop è avviato e ha comunque raggiunto alcuni risultati, per quanto insufficienti, nel corso degli anni. Parliamo di un luogo del multilateralismo, gestito dall’ONU e che vede la partecipazione di tutti i governi del mondo, impegnati nel concordare un percorso e applicare un’agenda contro i cambiamenti climatici. Ha quindi senso insistere su questo processo, probabilmente l’unico possibile per evitare una completa catastrofe ambientale.
Perché vada avanti, però, la Cop deve essere questo. E solo questo. Un luogo dove si incontrano i rappresentanti dei governi e la comunità scientifica, non dove decine di migliaia di rappresentanti del mondo del business provano nel migliore dei casi a fare i loro affari, nel peggiore e più frequente a dirottare la stessa agenda negoziale. Il Pianeta non può permettersi questo scempio. Per il bene di tutti noi, ridateci la Cop. La fiera internazionale del greenwashing teniamola da un‘altra parte.