Non solo East Palestine: negli Stati Uniti un incidente chimico quasi ogni giorno
Il deragliamento di East Palestine ha riempito le pagine dei giornali di tutto il mondo. Ma i disastri chimici avvengono ogni giorno
East Palestine. Fino al 3 febbraio 2023 è molto probabile che nessuno di voi ne avesse mai sentito parlare. Si tratta di un piccolo villaggio dell’Ohio, negli Stati Uniti. Meno di cinquemila abitanti nella contea di Columbiana, al confine con la Pennsylvania. Per circa un secolo sede di industrie ceramiche e di produzione di pneumatici, sorge lungo la Norfolk Southern Railway. E ha una stazione per treni merci. Se il 3 febbraio dello scorso anno ne abbiamo sentito parlare è perché nei pressi del villaggio di East Palestine è deragliato un treno merci. Provocando la fuoriuscita di cloruro di vinile.
Non tutti i disastri chimici hanno la visibilità di quello di East Palestine
«Il cloruro di vinile (detto anche cloruro di vinile monomero)», si legge nel sito dell’Airc, «è un gas incolore dall’odore leggermente dolciastro, contenuto anche nel fumo di sigaretta e di sigaro. In passato era usato come gas propellente per le bombolette spray di prodotti per capelli, ma quest’impiego è stato abbandonato. Ora viene utilizzato quasi esclusivamente dall’industria della plastica per produrre il cloruro di polivinile o polivinilcloruro (PVC)». Il cloruro di vinile è un cancerogeno che può causare tumori del fegato. Sono soprattutto le persone che lavorano alla produzione di PVC ad essere esposte al cloruro di vinile, rischiando di inalarlo. «In base alla Direttiva europea n.37 del 2004, la concentrazione massima a cui possono essere esposti i lavoratori durante un turno lavorativo di 8 ore è 3 parti per milione (3 millilitri per metro cubo). Nel 2017 la Commissione europea abbassato questo limite a 1 parte per milione».
Quando quel treno è deragliato nei pressi di East Palestine il 3 febbraio 2023 oltre 1.500 persone hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni mentre uno spesso fumo nero copriva il cielo. Migliaia di pesci sono morti nei corsi d’acqua della zona. E si è acceso un dibattito politico sulla sicurezza del trasporto ferroviario. Ciò che però non è stato detto è che non tutti i disastri chimici hanno la visibilità di quello di East Palestine, ma non per questo non esistono.
Un incidente chimico quasi ogni giorno
Secondo il database Chemical Incident Tracker, infatti, negli Stati Uniti nel 2023 si sono registrati 322 incidenti chimici pericolosi. Quasi uno al giorno. La “Coalizione per la prevenzione dei disastri chimici” che compila il database utilizzando le notizie di incidenti riportati dalla stampa sottolinea che si tratta di un aumento del 70% circa rispetto al 2022. Anno in cui furono registrati 189 incidenti. Secondo i dati raccolti, dei 322 incidenti chimici segnalati lo scorso anno, 138 hanno causato lesioni, evacuazioni, ordini di stare a casa o morti. In altre parole, nel 2023 un incidente chimico ha causato gravi conseguenze una volta ogni due giorni e mezzo.
La maggior parte dei 322 incidenti del 2023 ha coinvolto combustibili fossili e prodotti derivati. 47 incidenti sono avvenuti direttamente nei siti di estrazione di petrolio e gas. 83 nei siti di produzione di plastica e petrolchimici. Sono 48 gli incidenti avvenuti durante il trasporto, come nel caso di East Palestine. Almeno 39 incidenti negli impianti di stoccaggio di alimenti e bevande, la maggior parte dei quali ha comportato la fuoriuscita di ammoniaca, un prodotto petrolchimico particolarmente tossico che è responsabile di circa l’1-2% delle emissioni globali di CO2. I morti dovuti a questi incidenti sono almeno 18.
Un aumento dovuto a una maggiore attenzione dei media dopo l’incidente di East Palestine?
«L’industria chimica non fa che ripetere che gli incidenti sono eventi isolati», ha dichiarato Deidre Nelms, responsabile della comunicazione dell’organizzazione non profit Coming Clean, tra i membri della coalizione che cura l’aggiornamento del database. «Ma i nostri dati mostrano che incendi, esplosioni e fughe di sostanze chimiche pericolose avvengono quasi quotidianamente». E i dati del Chemical Incident Tracker sono quasi sicuramente sottostimati, visto che considerano solo gli incidenti riportati dalla stampa, locale o nazionale. Ciò perché i dati governativi disponibili al pubblico «arrivano in ritardo, sono limitati e difficili da reperire», secondo Nelms. Oltre che per il fatto che ogni Stato ha sistemi e requisiti di segnalazione diversi.
L’aumento del numero di incidenti segnalati sulla stampa nel corso del 2023 potrebbe dipendere anche dalla vasta eco suscitata dall’evento di East Palestine. Una viralità della notizia che ha portato i direttori delle testate a ritenere le storie di incidenti chimici interessanti non solo in sé, ma anche per aumentare click ai propri siti. Quale che sia la ragione, gli attivisti sperano che una maggiore attenzione dei media spinga le persone a chiedere una regolamentazione più stringente in materia di sostanze chimiche.
Nel 2024 l’Epa, l’agenzia per la protezione dell’ambiente, dovrebbe varare la Safer Communities by Chemical Accident Prevention, una norma che rafforzerebbe i requisiti di prevenzione degli incidenti per gli impianti chimici. Inutile dire che si registra una spaccatura tra democratici che chiedono un potenziamento della norma, con un maggiore coinvolgimento dei lavoratori, e repubblicani che ne vorrebbero un indebolimento paventando «sfide economiche e oneri operativi» per i produttori.
I prodotti petrolchimici «essenziali per la vita» secondo l’industria dei combustibili fossili
La comunità internazionale non è ancora riuscita a mettersi d’accordo sull’abbandono dei combustibili fossili, che la scienza indica da decenni come i principali responsabili della crisi climatica. Alla Cop28 di Dubai si è incluso nel testo conclusivo un ambiguo «transitioning away», che può volere dire tutto e il suo contrario. Ma niente di più ambizioso. Le aziende che operano nel settore dei combustibili fossili, però, da tempo si organizzano per correggere appena il proprio modello di business, senza doverlo stravolgere. E la plastica e i prodotti petrolchimici sono centrali in questa strategia.
Per questo motivo si moltiplicano le pubblicità e l’attivismo delle lobby per sottolineare quanto questi prodotti siano «essenziali per la vita» e avvertire il pericolo che dovremmo affrontare se dovessimo eliminarli gradualmente o passare ad alternative più ecologiche. E pazienza se la lavorazione di questi prodotti è responsabile di centinaia di incidenti, anche molto pericolosi, ogni anno.