San Siro vecchio o nuovo? Comunque vada sarà un disastro
Milan e Inter giocheranno a San Siro. Se nel vecchio stadio o in uno nuovo cambia poco, è una speculazione senza effetti benefici per la città
Ok, il prezzo è giusto. Dopo che una serie di riunioni negli ultimi mesi tra Milano e Roma, alla presenza di ministri e sottosegretari vari, ma visto il tema non escludiamo quella di nani e ballerine, aveva già preparato il terreno. Dopo la valutazione dell’Agenzia delle Entrate sull’area di San Siro (200 milioni di euro, secondi indiscrezioni), adesso è arrivata la manifestazione di interesse di Milan e Inter. «È una grande novità, perché si passa da un’idea di diritto di superficie all’acquisto», dice il sindaco di Milano Beppe Sala. Manca quindi poco all’ufficialità: Milan e Inter continueranno a giocare a San Siro. Difficile lo facciano nello stadio attuale, molto probabilmente lo faranno in un impianto costruito ex novo nell’area attigua. Ma comunque vada cambia poco, per la città sarà un disastro.
Come racconta un’analisi di QN, la situazione degli stadi italiani è disastrosa. Sono vecchi, fatiscenti e pericolosi: hanno un’età media di 61 anni e le ultime ristrutturazioni sono avvenute per Italia 90. Non portano soldi: la Serie A la scorsa stagione ha dichiarato 20 milioni di ricavi da stadio, contro i 30 di Liga e Bundesliga e i 50 della Premier. Numeri pessimi già così, senza nemmeno considerare i mancati ricavi dell’indotto. Gli stadi italiani allontanano gli spettatori: la Serie A è quinta dopo Premier, Championship (la B inglese), Liga e Bundesliga. Se si tolgono Inter, Milan e Roma, la situazione precipita. Qualcosa va fatto, ma a che prezzo?
Da Italia 90 alle esondazioni del Tevere, lo stato degli stadi italiani
Il problema, infatti, è che non solo gli stadi sono obsoleti e poco remunerativi. Ma sono serviti, e sembra che serviranno, solo a speculazioni edilizie senza alcuna ricaduta positiva per le città che li ospitano. Basti pensare alle ristrutturazioni per Italia 90, che adesso in molti rimpiangono. Italia 90 era il culmine della stagione degli appalti d’oro. Una cifra quantificabile in oltre 1.250 miliardi di vecchie lire di denaro pubblico, a fronte dei 250 miliardi di budget inizialmente previsto, fu deviata dalla costruzione di scuole, ospedali e infrastrutture per dare il via a un’enorme speculazione edilizia. Stadi costruiti malissimo, a obsolescenza programmata, scomodi e con inutili piste di atletica. Edifici di contorno mai finiti, alberghi abbandonati, stazioni dei treni fantasma, strade che finivano nel nulla.
Lo Stato ha finito di pagare i debiti di questa mostruosità pochi anni fa, a trent’anni di distanza dal misfatto. Difficile rimpiangere quella stagione. Difficile disperarsi perché all’Italia non sono più stati assegnati Mondiali e Europei, con la pioggia di soldi per fare nuovi stadi. Perché le cose nel frattempo non sono cambiate molto. Con poche eccezioni, anche oggi tutti i progetti di costruzione di nuovi stadi avanzati soprattutto dalle cosiddette proprietà americane (leggi: molto spesso fondi d’investimento) sembrano assurdi. La Roma ha deciso di costruire solo in zone a rischio o soggette a vincoli paesaggistici. Prima sull’ansa a rischio esondazione del Tevere a Tor di Valle. Poi in un bosco a Pietralata, vicino a uno dei pochi ospedali cittadini.
Milan e Inter hanno detto che avrebbero ristrutturato San Siro. Poi che lo avrebbero demolito per costruire un nuovo stadio di fianco (?). Nel mezzo che se ne sarebbero andate rispettivamente a San Donato (dove il Milan ha già acquistato un’area e investito 55 milioni di euro) e a Rozzano. Poi che sarebbero tornate a San Siro ma alle loro condizioni. Infine alle condizioni della politica. Sia a Roma che a Milano, è evidente, queste operazioni sono molto più attente a dinamiche speculative (dalla proprietà dei terreni, alle compensazioni edilizie, fino alla possibilità di allargare il business a nuovo cemento) che non a integrare gli eventuali impianti nelle città.
San Siro: perché non ha senso tenere il vecchio stadio, e nemmeno abbatterlo
Milan e Inter continueranno dunque a giocare a San Siro. Perché il prezzo è giusto. Perché è in atto la clamorosa speculazione olimpica. E una “riqualificazione” dell’intera area volta a rendere ancora più difficile l’accesso alla casa per classi meno abbienti e ancora più netta la missione di Milano come città inabitabile. E perché l’operazione condotta contro le due tifoserie non è estranea alla necessità di “ripulire” la suddetta area e la sua gestione commerciale. Gli impianti inglesi furono costruiti (coi soldi pubblici, altro che le privatizzazioni thatcheriane) dopo due catastrofi: Heysel e Hillsborough, che permisero di allontanare parte della tifoseria. San Siro sarà (ri)costruito dopo un’inchiesta che ha permesso di allontanare parte della vecchia gestione di un ingente indotto economico.
Per questo è assurdo il dibattito intorno alla riconversione o demolizione del vecchio impianto. L’attuale San Siro, che si vorrebbe preservare come fosse patrimonio dell’umanità, arriva dalla stagione degli appalti d’oro, non dall’antico Egitto o dalla civiltà sumera. Salvare l’impianto esistente non significa difendere il territorio, la storia e la bellezza del Paese. Ma fare un favore a WeBuild Group, in prima fila nel progetto di ristrutturazione. Una multinazionale con capitalizzazione di oltre 2,5 miliardi di euro attiva ovunque, da Salonicco a Riyad. Non fa opere di bene, costruisce cose. In Italia ha in mano lo stadio Dall’Ara a Bologna, la Metro C a Roma, la Linea 4 a Milano e buona parte dell’alta velocità ferroviaria. D’altro canto abbattere il vecchio stadio per costruirne uno nuovo accanto… beh, l’idea parla da sola.
Il problema di San Siro, e in generale dei nuovi impianti sportivi, è che a destra e a sinistra – soprattutto a sinistra – a Roma come a Milano, si guarda solo al profitto. Senza prendere in considerazione quelle che devono essere le necessarie compensazioni sociali (e non urbanistiche) di tali progetti. In cambio di nuovi impianti, i privati devono garantire interventi sociali e ambientali sul territorio: abitazioni popolari, scuole, ospedali, infrastrutture, verde pubblico. Altro che regalare ai privati ulteriori permessi per cementificare, grati che abbiano costruito nuovi stadi. Questo deve essere il punto della questione, poi che Milan e Inter vogliano ristrutturare uno stadio già esistente o abbatterlo per costruirne uno nuovo, saranno pure fatti loro.