I sovranisti e i racconti horror di Milano-Cortina 2026

Oramai i Paesi fanno a gara per evitare di ospitare i grandi eventi sportivi. Non per organizzarli

Una pista di bob abbandonata costruita per i Giochi Olimpici invernali del 1984 © MichalDziedziak/iStockPhoto

Avete presente quei film horror dove all’ultima scena i protagonisti dopo lunghe peripezie sembrano finalmente arrivati in salvo, tirano un sospiro di sollievo, si guardano intorno e… sono di nuovo al punto di partenza? Ecco, le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 stanno seguendo la stessa trama. Un racconto dell’orrore economico e ambientale, pieno di mostri e scene orripilanti. E una volta che pareva giunto a conclusione… si trova invece a fare i conti con il principio di tutti i disastri edili e ambientali: le Olimpiadi invernali di Torino 2006.

La situazione di Milano-Cortina 2026 è abbastanza spaventosa, con metà delle opere non ancora pronte, alcune gare già appaltate all’estero e il centro antidoping che non soddisfa i requisiti minimi, con il rischio che anche le fialette debbano andare in Erasmus a Parigi. Ma il peggio arriva quando, per trovare una soluzione, si tirano in ballo i fantasmi del passato. La pista di bob che volevano costruire a Cortina, assicurandoci che era ecologica, sostenibile e a impatto zero, giustamente non l’ha voluta fare nessuno. E così il Governo sovranista, per non vederselo scippare dagli svizzeri o dagli austriaci, ha avuto l’idea geniale. Facciamolo a Cesana!

Cesana dove per le Olimpiadi invernali di Torino 2006 fu gettata sulle montagne una colata di cemento che durò giusto un mese. E poi è rimasta lì, inutilizzata da vent’anni. Uno squarcio che ancora fa sanguinare la montagna, memento della devastazione che portano i grandi eventi sportivi. E così, fallita Cortina, non trovati altri posti, manco fossero gli sceneggiatori di Boris i sovranisti hanno trovato l’idea geniale per il bob: Cesana! Peccato che un’infrastruttura esistente, hanno spiegato quelli del Cio (Comitato Olimpico Internazionale), non significa sia un’infrastruttura che funziona. E anzi, visti i precedenti, spesso le due cose non si accompagnano.

Questa ennesima figuraccia sovranista e tricolore ci ricorda, una volta di più, che i grandi eventi per come sono stati immaginati nel Novecento non sono più sostenibili. Per l’ambiente, l’economia e non solo. E infatti se una volta c’era la gara a volerli organizzare, oggi si avanza a candidature uniche. Lo stesso Cio dopo aver deriso l’Italia ha annunciato che le prossime Olimpiadi invernali andranno alla Francia (2030) e allo Utah (2034), unici candidati, come lo sarà la Svizzera nel 2038. Lo stesso è successo per le Olimpiadi estive di Parigi (2024), Los Angeles (2028) e Brisbane (2032). Per i Mondiali di calcio itineranti in America Centrale e del Nord (2028), nel Mediterraneo Occidentale (2032) e in Arabia Saudita (2034).

Oramai i Paesi fanno a gara per evitare di ospitare i grandi eventi sportivi. Non per organizzarli. Eventi che per adesso si fanno itineranti, o si fanno in Paesi in cui le strutture sono già presenti e non deve essere costruito nulla. O al limite in Paesi con potere d’acquisto eccezionale in grado di costruire dal niente. In attesa che non si facciano più. Troppo recente il ricordo dell’orrore dei disastri di Londra 2012 e Rio 2016, per non parlare di Torino 2006. Solo in Italia si è ancora convinti di voler organizzare grandi eventi come Expo e Olimpiadi, che la storia ha dimostrato servono solo a devastare il Pianeta e a ingrassare i conti in banca di pochi e già pingui privilegiati. L’Expo per fortuna ce l’hanno tolto. Speriamo ci levino presto anche le Olimpiadi.