Cinemovel, quando il cinema fa comunità
Cinemovel, il progetto che porta il cinema in giro per il continente africano. E non solo
Questa storia dal futuro nasce una sera del 1997, in Madagascar. Elisabetta Antognoni e Nello Ferrieri erano in viaggio e decisero di trascorrere una serata al cinema. «Entrammo in una sala da ottocento posti», mi ha raccontato Elisabetta. «Le persone erano stipate, al caldo, concentrate a guardare un monitor televisivo che sembrava minuscolo. Nonostante l’atmosfera asfissiante, il vero film era in sala. Il pubblico partecipava, tifava per gli eroi, si commuoveva per le scene d’amore. Usciti da quel cinema è nato il nostro sogno a occhi aperti: tornare in Africa a proiettare film all’aperto».
Da quel sogno a occhi aperti è nata Cinemovel, che da quasi trent’anni realizza festival di cinema itinerante e attività di formazione in tutto il continente africano, ma anche in Italia.
Quando scende la sera comincia la magia
«Noi arriviamo, installiamo gli schermi, montiamo la nostra attrezzatura e aspettiamo. Quando scende la sera si illuminano i fari, si accende il proiettore, e comincia la magia!».
«Se ci pensi – riflette Elisabetta – è così che è nato il cinema: era uno spettacolo itinerante nelle fiere, nelle sagre di paese. Arrivava nelle piazze, riuniva la popolazione. Noi siamo tornati alle origini: portiamo il grande schermo nei villaggi, nei luoghi in cui il cinema non c’è più o non c’è mai stato». Dopo l’esperienza in Madagascar lei e Ferrieri hanno cominciato a viaggiare nel continente, a fare sopralluoghi e cercare location: nel 2001 è nata la prima carovana di cinema itinerante in Mozambico ed è stata costituita l’associazione, negli anni trasformata in fondazione.
La presidenza onoraria di quest’ultima fu affidata a Ettore Scola. «Quando andammo a casa sua, insieme a Claudio Caprara, a proporgli la nomina ci disse che non avrebbe mai potuto rifiutare: il suo primo film l’aveva visto in piazza quando aveva quattro anni, con un cinematografo ambulante. Proprio da un’esperienza come quella che volevamo ricreare era nato il suo viaggio nel cinema». Nell’anno della sua morte, racconta Elisabetta, Cinemovel è tornata a Trevico, il suo paese natale, e ha organizzato una proiezione proprio nella piazza in cui Scola aveva guardato il suo primo film.
La carovana sui diritti delle donne in Marocco, Io Capitano in Senegal
Dopo il Mozambico sono arrivati i progetti in molti altri Paesi africani. La fondazione non porta soltanto uno schermo, riunisce le comunità, organizza dibattiti e confronti con le associazioni locali, genera momenti di discussione pubblici. Come accaduto in Marocco, dove la carovana di cinema itinerante è stata dedicata alla nuova legislazione sul diritto di famiglia. «I provvedimenti approvati erano rivoluzionari, soprattutto per le donne, ma nessuna di loro era consapevole dei propri diritti. Circa venti associazioni locali organizzarono campagne di comunicazione sociale e prima e dopo le proiezioni raccontavano alle donne come cambiavano le loro condizioni. Si sviluppavano dibattiti molto vivaci».
L’ultima carovana in ordine di tempo, ad aprile 2024, è stata in Senegal, dove Cinemovel ha scelto di portare Io capitano, il film di Matteo Garrone. «Conoscevamo il lavoro di Garrone già dal suo primo corto Silhouette, che racconta le vicende di alcune prostitute nigeriane e nel corso degli anni abbiamo proiettato i suoi film. E quando Enzo Bevar, collaboratore storico di Cinemovel, si è incontrato con Matteo alle Giornate del Cinema organizzate lo scorso anno a Palermo, la risposta di Garrone è stata: “Finalmente ho fatto un film che Cinemovel può portare in Africa!”».
Da lì è partita una campagna di crowdfunding che insieme al sostegno di alcuni partner privati e dell’Istituto italiano di cultura a Dakar ha reso possibili 12 proiezioni in scuole, piazze e villaggi del Senegal ma, specifica Elisabetta, «La cosa più importante è la visione collettiva partecipata. I dibattiti nati dopo Io Capitano duravano più del film stesso».
Le carovane lasciano sui territori competenze e attrezzature
Alla carovana senegalese hanno partecipato anche tre attori, Seydou Sarr e Moustapha Fall, i due protagonisti, e Amath Diallo insieme a Mamadou Kouassi, la cui storia ha ispirato una parte del film. «Eravamo 23, tra italiani e senegalesi – racconta Elisabetta – e c’era anche la troupe dei MiniMovel: Martina, Stefano, Diego e Timo (dai 9 ai 12 anni) muniti di apparecchiature per raccontare la loro avventura e viaggiavamo tutti insieme sullo stesso pullman. Dall’esperienza è nato un documentario, in uscita nei prossimi mesi.
«Nella troupe senegalese – racconta Elisabetta – c’erano due persone formate durante il Mboro Film Festival». Il festival, replicato per quattro anni, ha portato il cinema nello spiazzo di un piccolo villaggio di pescatori a 100 chilometri a nord di Dakar. «Un luogo – spiega – in cui non si arriva in auto ma solo a piedi, o col carretto, senza luce e senza acqua, dove c’è la scuola e un piccolo centro sanitario. Siamo arrivati con i nostri schermi e dove prima non c’era niente all’improvviso c’era il cinema. Come un’epifania».
Il festival ha proiettato una selezione di film della cinematografia senegalese, seguendo lo schema di tutte le rassegne di Cinemovel: prima i film muti, poi un cartone animato e poi i film del Paese ospitante. L’esperimento è durato dal 2010 al 2014 e ha lasciato sul territorio una piccola troupe, un gruppo di persone formate che adesso si sostiene economicamente grazie alle competenze acquisite. «Lasciamo sempre un’attrezzatura leggera e a ragazze e ragazzi insegniamo a utilizzarla, in modo che possano sostenersi economicamente».
Cinemovel opera anche in Italia
Le attività presto si sono moltiplicate e sono arrivate anche in Italia. C’è Libero Cinema in Libera Terra, la rassegna che nel 2025 compirà vent’anni e che ogni estate organizza proiezioni nei beni confiscati alle mafie e restituiti alla comunità. C’è Schermi in Classe, il progetto che porta il cinema nelle scuole ed è nato dalle sollecitazioni di molti docenti, in tutta Italia, 12 anni fa. Per l’anno scolastico 2024/2025 coinvolgerà 67 scuole in 60 Comuni e 15 Regioni.
Poi ci sono i progetti di didattica del cinema e media literacy, sostenuti dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Istruzione. «Sono attività coordinate da Enzo Bevar e Cecilia Conti, e prevedono sia proiezioni e laboratori in diretta sia momenti online». Come il SIC festival, la rassegna di film online per cui le scuole possono, ogni mese, scegliere tra quattro film selezionati per le diverse fasce d’età e diversi kit didattici.
Ragazze e ragazzi sono coinvolti attivamente nella realizzazione delle ricerche, delle locandine, nelle presentazioni dei film e nelle interazioni con attori e registi. Come spiega Elisabetta, si tratta di un’esperienza generativa: ogni anno nuove scuole si candidano per parteciparvi.
«Questa sera è venuto lui da noi!»
«Una sera avevamo organizzato una proiezione in Piazza Santa Maria delle Grazie, ad Assisi. Mentre montavamo lo schermo, un gruppo di ragazzini si è accomodato sulle sedie in piazza. Abbiamo spiegato loro che era presto e che prima che facesse buio non sarebbe iniziato il film. Ci hanno risposto che non gli interessava, avrebbero aspettato lì perché non avevano mai visto un film sul grande schermo, “Ma stasera è venuto lui da noi!”». In quel momento, mi ha spiegato Elisabetta, le è venuto in mente l’aneddoto riportato da Ettore Scola, la prima proiezione cui aveva assistito nella piazza di Trevico.
«Nel 2010 – mi ha raccontato – all’inizio dell’esperienza in Senegal, abbiamo proiettato Kirikù e la strega Karabà. Un anno dopo, mentre passeggiavamo, sulla spiaggia abbiamo incontrato bambine e bambini che ci hanno salutato festanti urlando “Kirikù!”».
«Il motivo per cui siamo una storia dal futuro – mi ha detto Elisabetta – è questo. Riprende qualcosa dal passato, quella del cinema prima che si rinchiudesse nelle sale, e che fa da collante delle comunità. Ma lo facciamo con mezzi nuovi. Portiamo innovazione, stimoliamo il confronto tra le persone, mettendo al centro un tema su cui il pubblico discute. Condividiamo una forma d’arte, condividiamo un racconto. Le storie che portiamo in giro per il mondo dal 6 agosto 2001 parlano una lingua universale».
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