A Trump si contrappone la destra finanziaria di Draghi e Lagarde
Alla vittoria della finanza americana, l’Europa di Draghi e Lagarde sa rispondere solo con la finanziarizzazione del Vecchio Continente
Il successo elettorale di Trump e la composizione della sua squadra sembrano aprire un varco nello strapotere delle Big Three, rendendo assai più critica l’idea di un’Europa delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Al Commercio Trump ha piazzato Howard Lutnick, dopo averne ipotizzato la candidatura al Tesoro. Lutnick è un grande sostenitore delle cripto valute, di cui si dichiara ricco possessore, ed è ostile all’attuale monopolio finanziario di Wall Street.
Per la carica di Segretario al Tesoro sembrano rimasti in lizza Kevin Warsh, con un passato alla Fed e ora acceso fautore delle criptovalute e di una politica monetaria diversa da quella degli alti tassi di Powell. E Marc Rowan, guida della società di private equity Apollo Global Management. E grande sostenitore di una politica monetaria più accomodante per aiutare proprio il settore del private equity. Esposto per oltre 3500 miliardi di dollari e colpito duramente dalla perdita di valore delle imprese strangolate dagli alti costi del credito.
Il Piano Draghi per finanziarizzare l’economia europea
In questa prospettiva, i vertici della finanza europea paiono intenzionati a reagire e dare corpo a un pezzo del Piano Draghi. Non a caso immaginato come possibile presidente della Commissione europea in caso di eccessiva debolezza di von der Leyen. Prima l’allarme lanciato dalla Bce sulla possibile bolla, sul punto di esplodere, generata dall’eccessiva concentrazione del valore azionario delle Borse americane. Poi l’insistenza, sempre ad opera della presidente Lagarde, sull’urgenza di creare un mercato unico dei capitali europei, superando l’attuale frammentazione.
L’obiettivo di queste mosse è possibile che sia quello di evitare la costante trasmigrazione dei 33 milia miliardi di euro di risparmio europeo verso i titoli degli Stati Uniti. Il messaggio di Christine Lagarde è chiaro: i colossi del risparmio gestito Usa dovranno fare i conti, dopo anni, con un governo non troppo amico. E quindi saranno più deboli, meno in grado di garantire super dividendi. Come del resto sta dimostrando il caso Nvidia, a cui sembra svanita la patina di imbattibilità.
Draghi, Lagarde, von der Leyen e l’industria finanziaria europea
Dunque, i risparmiatori europei dovrebbero affidare le loro risorse a “campioni” del Vecchio Continente. Magari rafforzando i monopoli già esistenti, a partire dalla Francia, ai quali dovrebbe essere messo a disposizione un mercato unico e senza troppi vicoli. Così da costruire una vera e propria “industria” della finanza europea. Come auspicato dal Piano Draghi.
A ciò dovrebbe contribuire la difficoltà in cui potrebbe incorrere la già ricordata vocazione all’esportazione verso gli Stati Uniti, che potrebbe essere “sostituita” nella logica Lagarde-Draghi-Von Der Leyen da una finanziarizzazione dell’economia europea, ovvero da più risorse gestite in termini finanziari. E dalla “rinascita” di una manifattura bellica e dell’innovazione tecnologica, finanziata proprio dalla mobilitazione del risparmio europeo.
Alla destra di Trump si contrappone una nuova destra europea
L’impressione è che la “nuova” maggioranza che sostiene la Commissione von der Leyen si muova in tale direzione: smontare la spesa sociale degli Stati, trasformare il maggior numero di cittadini e cittadine in “clienti” pressoché obbligati dei grandi fondi. E procedere all’”europeizzazione” di tale risparmio. Sfruttando possibili debolezze americane e anticipando gli effetti dei dazi di Trump.
Naturalmente allo stesso scopo sono orientate le regole di bilancio dell’austerità e il rifiuto di un debito comune finanziato dalla Bce. La vittoria di Trump diventa così l’occasione per un’Europa ancora più dominata dalla finanza e ancora meno sociale. Alla destra Usa l’Europa di Lagarde, Draghi e von der Leyen risponde con una diversa e uguale destra, intenzionata solo a vincere la guerra finanziaria.