La rivoluzione fallita del calcio cinese (Volume Uno)
L’addio di Oscar e il fallimento del Guangzhou Fc sono il definitivo risveglio del calcio cinese dal sogno di dominare il mondo
Il pallone si nutre di sogni, non di solite realtà. E infatti, quando si cerca di ancorarlo al mattone o altri prodotti concreti, sparisce. Come è successo al calcio cinese. Come è successo al Guangzhou Fc, precedentemente noto come Guangzhou Evergrande, otto volte campione della Chinese Super League e due volte vincitore della Afc Champions League, che è stata la squadra di Marcello Lippi e Fabio Cannavaro, ma soprattutto è stato il simbolo della breve stagione dell’assalto al cielo del calcio cinese. Interrotta con la pandemia e tramontata tra fallimenti e processi per corruzione. La scorsa settimana la Federcalcio cinese ha annunciato che il Guangzhou Fc non è riuscito a soddisfare i requisiti finanziari per iscriversi al campionato. E quindi è stato dichiarato estinto.
Il fallimento del Guangzhou Fc è la conseguenza del fallimento del Guangzhou Evergrande Real Estate Group. Il colosso immobiliare cinese con sede alle isole Cayman che nel 2018 è stato per un breve periodo il più grande conglomerato immobiliare al mondo. Salvo dover ammettere pochi anni dopo di essere pieno di debiti e diventare simbolo della grande crisi immobiliare cinese. Nel 2022 Evergrande si è quindi liberata della squadra di calcio, che è retrocessa in seconda divisione, e ha abbandonato il faraonico progetto di costruzione del nuovo stadio. Fino a che nel 2023, con oltre 300 miliardi di dollari di debiti, ha dichiarato bancarotta. Anticipando la sparizione della sua ex squadra di calcio e l’annuncio della fine del sogno del calcio cinese.
L’inizio del sogno del calcio cinese: il piano pluri-quinquennale di Xi Jinping
Aprile 2016, durante i festeggiamenti per il cinquantenario della Grande Rivoluzione Culturale, il presidente Xi Jinping annuncia il piano calcistico pluri-quinquennale. Entro il 2050 la Cina avrebbe dovuto dominare il calcio globale. Il grande balzo in avanti si doveva articolare così: 20mila scuole calcio e 70mila nuovi campi entro il 2020. E un campo di calcio ogni 10mila abitanti sarebbe dovuto fiorire per il 2030, quando la Cina avrebbe dovuto ospitare la Coppa del Mondo, per poi vincerla entro il 2050. Non è un annuncio campato in aria. Siamo nel 2016, e da qualche anno la Cina si sta comprando il calcio europeo.
Nel 2015 il conglomerato immobiliare Wanda Group acquista il 20% dell’Atletico Madrid, di cui rifaranno lo stadio a proprio nome. E l’anno dopo per 1 miliardo di dollari rileva dal fondo statunitense Bridgepoint la società svizzera di compravendita dei diritti televisivi calcistici Infront Sports & Media. Nel 2016 il colosso finanziario statale China Everbright Group compra per 600 milioni di euro il 65% di MP & Silva, altra società che gestisce i diritti tv del pallone globale. E lo stesso anno il fondo Fosun rileva per una cifra intorno a 50 milioni di euro il 20% di Gestifute, la potentissima società di procuratori di Jorge Mendes. In pratica la Cina ha in mano tutta la filiera del calcio europeo.
Nello stesso anno China Media Capital si prende per 360 milioni il 13% delle azioni del City Football Group, la holding che controlla il Manchester City, con tanto di visita presidenziale di Xi Jinping all’Etihad Stadium. Sempre nel 2016 Suning rileva per 150 milioni il 70% dell’Inter, di cui in breve acquisisce l’intero pacchetto. Cinesi diventano anche l’Aston Villa e altre squadre. E sempre nel 2016, durante una singola finestra di mercato in cui la Chinese Super League spende oltre 300 milioni di euro, il brasiliano Oscar dos Santos Emboaba Júnior meglio conosciuto come Oscar, all’epoca il più interessante prospetto calcistico globale, si trasferisce per 60 milioni di euro dal Chelsea di Antonio Conte al Shanghai Port Football Club.
Lippi, Cannavaro e il fallimento della Nazionale cinese
Nel 2016 intanto l’allenatore della Nazionale cinese è Marcello Lippi, che come Marco Polo pochi anni prima aveva aperto la strada. E nel 2012 era diventato tecnico proprio del Guangzhou Evergrande, con cui aveva vinto tre campionati e una Champions asiatica. Prima di lasciare la panchina all’altro eroe di Berlino, Fabio Cannavaro. Sempre Lippi e Cannavaro, insieme a Li Tie, si alterneranno negli anni seguenti alla guida della Nazionale. Non riuscendo però a qualificarla né per i Mondiali di Russia 2018 né per quelli di Qatar 2022. È questo probabilmente il segnale della crisi. Da qui tutto precipita.
Nel girone di qualificazione a Qatar 2022, cominciato da Lippi e concluso da Li Tie, la Cina arriva addirittura otto punti dietro l’Oman, i cui investimenti nel calcio non sono paragonabili. E ben 17 punti dietro i vincitori del girone: l’Arabia Saudita. La nemesi cinese che in pochi anni la sostituisce come campionato di riferimento asiatico per superstar straniere. Negli anni Dieci si erano trasferiti in Cina, attratti dai faraonici investimenti pubblici e privati, grandi giocatori del calibro di Tevez, Drogba, Anelka, Pato, Witsel. Oltre all’apripista Oscar e a tecnici come Lippi, Eriksson, Pellegrini e Scolari. Quando all’inizio degli anni Venti Cristiano Ronaldo si trasferisce in Arabia Saudita all’Al-Nassr l’alternativa è andare negli Stati Uniti. La Cina non è mai menzionata, neppure come remota opzione.
La fine del sogno del calcio cinese: il futuro del pallone è a Riad, non a Pechino
E quando nel 2023 Cristiano Ronaldo è raggiunto in Arabia dal Pallone d’oro Benzema, e poi dai vari da Kante, Firminio, Mahrez e infine Neymar, del calcio cinese oramai nessuno ne parla nemmeno più. I quasi due miliardi di euro spesi tra il 2011 e il 2019 dalla Super League Cinese nel calciomercato impallidiscono davanti al miliardo di euro investito in quell’anno dall’Arabia Saudita per la creazione della Saudi Pro League. I nuovi stadi che dovevano sorgere tra Pechino, Wuhan, Hong Kong e Guangzhou sorgeranno invece tra Riad, Gedda e Neom. La rivoluzione culturale del pallone è nel Golfo Persico, lì dove la Nazionale dell’Arabia Saudita si è qualificata ai Mondiali del 2018 e del 2022. E dove il regno di bin Salman ospiterà la Coppa del Mondo del 2034. Il fallimento sportivo della Nazionale diventa quindi lo specchio del fallimento dell’intera struttura del calcio cinese. E dell’idea stessa della Cina di investire nel pallone.
Nel 2023 infatti, già non ci sono più proprietà o partecipazioni cinesi nel calcio europeo. Né nelle squadre di club, a eccezione di Suning con l’Inter, che ha però già dato in pegno il club a un fondo speculativo americano. Né nelle società di compravendita dei diritti tv o di gestione dei cartellini dei giocatori. Il grande balzo in avanti sprofonda in una serie di piccoli passi indietro. Fino a che non rimane più nulla. Ma soprattutto, come vedremo nella seconda parte, tra fallimenti delle grandi aziende che lo sostenevano e processi per corruzione, il calcio sta scomparendo anche in patria. Una dopo l’altra spariscono addirittura le squadre che per un breve periodo hanno fatto grande (o quasi) la Chinese Super League. La rivoluzione culturale del pallone cinese è fallita.
Fine prima parte
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