Ekonvoi: economia circolare e giustizia sociale
Ekonvoi supporta le famiglie in povertà e diffonde la cultura della lotta agli sprechi nelle scuole dell'Unione Terre di Castelli
C’è una citazione che mi piace molto e la cui origine è persa nel tempo, nel senso che ha avuto diverse attribuzioni e non si sa bene chi l’abbia detta, scritta o pensata per primo. Dice: «When you have more than you need, build a longer table not a higher wall». Che un po’ fa pensare a un’altra, stavolta dall’origine certa: «Ai più che hanno mostrato indifferenza sarò brevissimo nel ricordare che non può esistere una nuova fratellanza senza dividere la torta da mangiare». La cantava Francesco Di Bella, voce del gruppo napoletano 24 Grana, nel brano L’attenzione. Era l’inizio del secolo, anni in cui l’attenzione alla torta da mangiare e a come dividerla era alta in tutto il mondo – e molti avevano lo sguardo rivolto al futuro.
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Ekonvoi: economia circolare e giustizia sociale viaggiano sullo stesso binario
Questa storia dal futuro, infatti, nasce in un contesto di contraddizioni urlanti. La povertà alimentare colpisce milioni di persone ma, ogni giorno, una quantità sbalorditiva di cibo ancora edibile viene buttata via. In Italia, solo per l’alimentazione, vengono sprecate oltre 5,5 milioni di tonnellate di cibo, pari a un valore stimato di 14,1 miliardi di euro. Nel cuore dell’Unione Terre di Castelli, in provincia di Modena, un’organizzazione di volontariato ha deciso di invertire la rotta, trasformando gli scarti in opportunità e costruendo un modello basato sulla solidarietà attiva. Questa è la storia di Ekonvoi e dell’emporio solidale EKO, un progetto che prova a far avanzare economia circolare e giustizia sociale sullo stesso binario.
L’associazione Ekonvoi OdV è nata formalmente nel 2019 con l’obiettivo di promuovere iniziative per la lotta agli sprechi e sostenere le famiglie in difficoltà. Dal 2020, gestisce direttamente l’Emporio solidale EKO, che si trova a Vignola e nasce come servizio offerto dall’Unione Terre di Castelli già nel 2018, dopo un processo partecipativo avviato nel 2015.

Eko, l’emporio solidale
Eko non è un semplice magazzino ma un vero e proprio market dove le famiglie in difficoltà socioeconomica possono entrare, prendere un carrello e fare la spesa. Un modello che abbiamo già raccontato in altri territori. I beneficiari sono segnalati dai servizi welfare dell’Unione e ottengono un punteggio basato sull’Isee e su altri quozienti familiari. I prodotti, che spaziano dagli alimentari all’igiene – personale o per la casa – fino a quelli per la scuola, sono prezzati in punti, non in euro. Un modello che ha diversi aspetti virtuosi.
Innanzitutto trasforma la logica dello scarto: l’emporio recupera prodotti che altrimenti verrebbero buttati perché prossimi alla scadenza o oltre il proprio tempo minimo di conservazione (la data indicata con “da consumarsi preferibilmente entro”). «Si tratta – mi dice Eugenio Garavini, presidente dell’associazione – di cibo assolutamente edibile, solo che per legge non può più essere immesso nella grande distribuzione. Così le aziende del modenese e del bolognese lo donano a noi, che lo redistribuiamo alle famiglie in difficoltà».

Trasformare i numeri dello spreco nei numeri della solidarietà
Il volume di questa operazione di recupero è impressionante. «Solo nell’anno 2024 – mi dice Eugenio – sono entrati nell’emporio oltre 400mila pezzi». Confezioni di latte, di tonno, scatole di legumi, pacchi di pasta: 400mila unità di cibo che, senza questo intervento di mediazione tra abbondanza e penuria, sarebbero state gettate via. E che invece lo scorso anno hanno nutrito 341 nuclei familiari, per un totale di 1.156 persone.
A volte, mi ha raccontato Eugenio, il cibo che arriva all’associazione è tanto che supera la possibilità di distribuzione ai nuclei familiari, rigidamente stabilita dalle istituzioni. «In questo caso lo redistribuiamo agli altri empori solidali». Perché Eko non è un unicum: questo modello si replica, sul territorio, per ben 44 volte. 24 di questi empori sono poi associati tra loro.
I prodotti che riempiono gli scaffali dell’emporio hanno varie origini. Provengono innanzitutto dall’invenduto delle aziende del territorio. «Oltre a questi – mi spiega Eugenio – ne acquistiamo altri, come quelli per l’igiene personale o della casa, con le risorse ricavate dal nostro autofinanziamento. Sui nostri scaffali però ci sono anche i prodotti per la scuola, perché è giusto che anche bambine e bambini provenienti da famiglie in difficoltà abbiano uno zaino, quaderni, un astuccio o quello che può servire loro». Oltre all’autofinanziamento vero e proprio, l’associazione organizza raccolte periodiche fuori dai supermercati, chiedendo al pubblico di acquistare determinate cose da destinare poi alla distribuzione.
I giovani pensionati di Ekonvoi
Dietro gli scaffali e le operazioni di recupero, c’è il vero motore di Ekonvoi: l’impegno di 70 persone, tutte volontarie. Quando nel 2019 è nata l’associazione erano 19. «Siamo quasi tutti giovani pensionati – scherza Eugenio – è una definizione che usiamo per autodifesa. A turno ci occupiamo di tutte le attività di gestione dell’emporio: dalla cassa all’amministrazione o al trasporto». Qualche anno fa, infatti, l’associazione ha lanciato un crowdfunding che le ha consentito di acquistare un furgone coibentato e refrigerato che utilizza per i prodotti surgelati.
Tanto larga è la sua rete che Ekonvoi, a differenza di tante organizzazioni di volontariato, non ha bisogno di fare scouting. «I nuovi volontari arrivano attraverso il passaparola». Questa solidarietà si riflette nella capacità di auto-organizzazione: se un volontario deve assentarsi, la copertura del turno è sempre garantita dagli altri. «Molti di noi – racconta Eugenio – sono nonni. Magari uno ha il turno in emporio ma poi il nipote, per qualche ragione, non va a scuola e non può più coprirlo. C’è sempre qualcuno che si offre: in cinque anni non abbiamo mai avuto problemi».

Non assistenza passiva ma costruzione di un circuito virtuoso
Oltre alla gestione dell’emporio, molte delle attività di Ekonvoi sono orientate alla formazione e alla divulgazione della cultura del recupero. L’associazione promuove attivamente l’educazione contro lo spreco alimentare e non solo. Soprattutto nelle scuole, coinvolgendo studentesse e studenti in percorsi di alternanza scuola-lavoro (Pcto). L’obiettivo è insegnare loro a riconoscere il valore residuo di un prodotto, e qui Eugenio mi fa un esempio: «Se sei un supermercato e in quella retina c’è un frutto marcio, butti via tutto il sacchetto. Noi invece lo apriamo, buttiamo via le arance andate a male e salviamo e distribuiamo tutte le altre».
Il senso del lavoro culturale dell’associazione è non limitarsi a fornire un’assistenza passiva, ma promuovere un circuito virtuoso del recupero. Che attraverso scuole e popolazione studentesca arrivi a casa, in famiglia. E da lì si allarghi sempre di più. E questo non vale solo con il cibo ma anche con l’abbigliamento, con i prodotti del corredo scolastico o con le biciclette, da poco protagoniste di un nuovo progetto di recupero. «Stiamo facendo un esperimento: chiediamo in dono biciclette usate, ma specifichiamo che devono essere funzionanti, quindi eventualmente riparate se hanno un problema. Noi le recuperiamo e possiamo poi darle a persone che ne abbiano necessità».

Un futuro in cui la solidarietà di esprime prendendosi cura delle altre persone
Ho chiesto a Eugenio perché, secondo lui, Ekonvoi è una storia dal futuro. «Perché – mi ha risposto – ci sarà sempre più bisogno di esperienze come la nostra. Il mondo può andare avanti anche senza il nostro impegno, ma lo fa sicuramente meglio se siamo capaci di aiutarci reciprocamente, di aiutare chi resta indietro. Ma lo siamo anche perché – ha continuato – siamo un luogo di accoglienza dell’altro. Penso sia più facile raccogliere soldi o donazioni per cause come quelle sanitarie, per la lotta contro alcune malattie, per esempio. Una persona si augura di no, ma sa che quella cosa potrebbe capitargli e quindi, se può, sostiene la ricerca. Nel nostro caso è diverso. Nessuno pensa mai di poter diventare povero, ma le persone ci aiutano lo stesso. Questo vuol dire che esprimono una solidarietà che è un prendersi cura degli altri, in maniera disinteressata».




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