Vaticano in tackle contro la finanza speculativa

Durissimo documento della Congregazione per la Dottrina della Fede sull'attuale sistema economico finanziario. A causa sua, disuguaglianza fuori controllo e sistemi politici a rischio

Emanuele Isonio
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Emanuele Isonio
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«La recente crisi finanziaria poteva essere l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria, neutralizzandone gli aspetti predatori e speculativi e valorizzandone il servizio all’economia reale». Eppure «non c’è stata però una reazione che abbia portato a ripensare quei criteri obsoleti che continuano a governare il mondo». È quindi in gioco «l’autentico benessere della maggior parte degli uomini e delle donne del nostro pianeta, i quali rischiano di essere confinati in modo crescente sempre più ai margini, se non di essere esclusi e scartati».

Parole più dure probabilmente non sarebbero potute uscir fuori nemmeno dalle bocche dei più fieri oppositori del mondo finanziario globale. In questo caso, tra l’altro, le parole sono nero su bianco in un documento ufficiale che potrebbe avere un impatto clamoroso. A produrlo è stata la Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Titolo latino: “Oeconomicae et pecuniariae quaestiones”. Che nella versione italiana è diventato “considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario”. Considerazioni espressamente approvate da Papa Francesco, che ne ha anche ordinato la pubblicazione.

Da crisi economica, occasione persa

«Benché il benessere economico globale si sia certamente accresciuto nel corso della seconda metà del XX secolo», nello stesso tempo «sono aumentate le disuguaglianze tra i vari Paesi e al loro interno. Continua inoltre ad essere ingente il numero delle persone che vive in condizioni di estrema povertà», si legge nel testo. A presentarlo oggi nella sala stampa della Santa Sede, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Il documento invita quindi a «elaborare nuove forme di economia e finanza, le cui prassi e regole siano rivolte al progresso del bene comune e rispettose della dignità umana, nel sicuro solco offerto dall’insegnamento sociale della Chiesa». E sollecita «una riflessione etica circa taluni aspetti dell’intermediazione finanziaria», il cui funzionamento «non solo ha prodotto palesi abusi ed ingiustizie, ma si è anche rivelato capace di creare crisi sistemiche e di portata mondiale».

«L’egoismo alla fine non paga e fa pagare a tutti un prezzo troppo alto», sottolinea, mentre – sulla scia della Evangelii Gaudium di papa Francesco – «se vogliamo il bene reale per gli uomini, il denaro deve servire e non governare!».

La finanza speculativa è un pericolo per il credito

I redatori del testo vaticano giudicano poi illegittimo «dal punto di vista etico, esporre a indebito rischio il credito derivante dalla società civile utilizzandolo per scopi prevalentemente speculativi. Un fenomeno inaccettabile sotto il profilo etico».

Il problema «non è il semplice guadagno ma l’avvalersi di un’asimmetria a proprio vantaggio per generare notevoli profitti a danno di altri. È lucrare sfruttando la propria posizione dominante con ingiusto svantaggio altrui o arricchirsi generando nocumento o turbative al benessere collettivo».

La finanza speculativa ostacola il corretto funzionamento dei sistemi politici

Tale prassi «risulta particolarmente deplorevole dal punto di vista morale, quando il mero intento di guadagno da parte di pochi – magari di importanti fondi di investimento – mediante l’azzardo di una speculazione volta a provocare artificiosi ribassi dei prezzi di titoli del debito pubblico, non si cura di influenzare negativamente o di aggravare la situazione economica di interi Paesi, mettendo a repentaglio non solo progetti pubblici di risanamento ma la stessa stabilità economica di milioni di famiglie, costringendo nel contempo le autorità governative ad intervenire con ingenti quantità di denaro pubblico, e giungendo perfino a determinare artificiosamente il corretto funzionamento dei sistemi politici».

«L’intento speculativo – denuncia -, specie in ambito economico-finanziario, rischia oggi di soppiantare tutti gli altri principali intenti che sostanziano l’umana libertà. Questo fatto sta usurando l’immenso patrimonio di valori che fonda la nostra società civile come luogo di pacifica convivenza, di incontro, di solidarietà, di rigenerante reciprocità e di responsabilità in vista del bene comune».

In questo contesto, aggiunge, «parole quali ‘efficienza’, ‘competizione’, ‘leadership’, ‘merito’, tendono ad occupare tutto lo spazio della nostra cultura civile, assumendo un significato che finisce per impoverire la qualità degli scambi, ridotta a meri coefficienti numerici».

Esercizio critico di consumo e risparmi

Accanto alla pars destruens, il documento vaticano si concentra in conclusione sull’indicare possibili alternative virtuose. A partire dal suggerimento di “votare col portafoglio”, riprendendo un ormai celebre consiglio dell’economista dell’università Tor Vergata, Leonardo Becchetti. «Si tratta infatti di votare quotidianamente nei mercati a favore di ciò che aiuta il benessere reale di noi tutti e di rigettare ciò che ad esso nuoce».

Il consumo e i risparmi devono quindi essere sottoposti a un “esercizio critico e responsabile”.

«Fare la spesa, impegno quotidiano con cui ci dotiamo anzitutto del necessario per vivere, è altresì una forma di scelta che operiamo fra i vari prodotti che il mercato offre. É una scelta con cui optiamo sovente in modo non consapevole per beni la cui produzione avviene magari attraverso filiere in cui è normale la violazione dei più elementari diritti umani o grazie all’opera di aziende la cui etica, di fatto, non conosce altri interessi al di fuori di quelli del profitto ad ogni costo dei loro azionisti. Occorre orientarci alla scelta di quei beni alle cui spalle sta un percorso degno dal punto di vista etico, poiché anche attraverso il gesto, apparentemente banale, del consumo noi esprimiamo nei fatti un’etica e siamo chiamati a prendere posizione di fronte a ciò che giova o nuoce all’uomo concreto».

Associazioni “riserva di coscienza sociale”

Vietato quindi rassegnarsi al cinismo e «pensare che con le nostre povere forze possiamo fare ben poco, davanti all’imponenza e pervasività degli odierni sistemi economico-finanziari. In realtà, ciascuno di noi può fare molto, specialmente se non rimane solo. Numerose associazioni provenienti dalla società civile rappresentano in tal senso una riserva di coscienza e di responsabilità sociale di cui non possiamo fare a meno».

Oggi più che mai, siamo tutti chiamati a vigilare come sentinelle della vita buona ed a renderci interpreti di un nuovo protagonismo sociale, improntando la nostra azione alla ricerca del bene comune e fondandola sui saldi principi della solidarietà e della sussidiarietà.