Razzismo ai tempi dei social. La presenza dello straniero catalizza l’attenzione più di un omicidio
Una ricerca della Statale di Milano analizza le reazioni social a 3 omicidi. Gli stranieri protagonisti, come vittime o assassini, catalizzano commenti violenti e xenofobi
I social media alimentano il razzismo? Sul web l’elemento etnico (la presenza di uno straniero) può influenzare la reazione a una notizia? Sono alcune delle domande alla base di una ricerca, condotta dalla Cattedra di Criminologia dell’Università degli Studi di Milano, intitolata Il razzismo oggi: una ricerca attraverso i social.
Con tecniche di Social Media Intelligence (SOCMINT), ricercatori hanno analizzato oltre 25mila commenti comparsi su un centinaio di fonti, tra social (Facebook, Twitter e Youtube, ecc.) e giornali on line che dessero la possibilità di postare commenti.
Oggetto dei commenti 3 fatti di cronaca avvenuti tra febbraio e marzo di quest’anno. Stesso reato, un omicidio, ma diversi protagonisti, con la presenza o meno di un soggetto straniero. In particolare hanno messo a confronto i commenti un caso in cui uno straniero uccide un’italiana, uno in cui un italiano uccide uno straniero e un omicidio in cui autore e vittima sono entrambi italiani. E hanno cercato di valutare come l’elemento etnico possa aver guidato la percezione degli utenti.
Due gli aspetti in particolare su cui si sono soffermati i ricercatori:
- la reazione dei lettori rispetto alle tre notizie, quale attirasse più interesse
- se l’elemento razziale influenzasse la valutazione del reato
Risultato: l’omicidio in sé è passato in secondo piano rispetto alla presenza dello straniero. Era più un pretesto per fare commenti (spesso attacchi aggressivi) sugli stranieri, non solo i protagonisti della notizia, ma gli stranieri in generale. Con una preoccupante esplosione di violenza verbale.
Se un omicidio è commesso da uno straniero (diciamo un immigrato, non certo un ricco americano) i social dimenticano reato, vittima e ogni attinenza con la realtà. E vedono solo lo straniero, con un’annessa dose di razzismo e violenza verbale: commenti aggressivi e xenofobi. Spesso accompagnati da accuse al mondo politico.
I social amplificano le reazioni, riducono i tempi per la riflessione e allontanano emotivamente dalle situazioni.
La prima notizia: l’assassino straniero
La prima notizia analizzata riguardava l’omicidio di una 18enne romana, Pamela Mastropietro, a Macerata il primo febbraio scorso. Il suo cadavere mutilato è stato ritrovato in due trolley lungo una strada di campagna. Per l’omicidio è stato arrestato Innocent Oseghale, uno spacciatore nigeriano di 29 anni.
“L’elemento razziale dominava quasi tutti i commenti – spiegano i ricercatori – la presenza di un (presunto) colpevole nigeriano è diventata l’attivatore per parlare dello straniero e del tema razziale in generale. Avrebbe avuto senso se fosse stato un delitto di matrice etnica, ma non era così. Di delitto a contenuto razziale non c’è nulla. Era più imputabile a una sotto cultura dello spaccio. Il fatto che lei fosse italiana e lui nero non contava. Ma dominava i commenti”.
La seconda notizia: la vittima straniera
La seconda notizia riguardava l’omicidio di un senegalese a Firenze il 5 marzo scorso. Si chiamava Idy Diene, un venditore ambulante di 54 anni, ucciso a colpi di arma da fuoco. Accusato dell’omicidio un italiano di 64 anni, Roberto Pirrone. Era uscito di casa con la sua Beretta regolarmente detenuta per togliersi la vita per motivi economici. Arrivato sul ponte Vespucci, non ha trovato il coraggio e ha sparato al senegalese. Senza un motivo preciso. “Non gli ho sparato perché nero. Non ci ho neanche pensato, ho sparato al primo che passava”, aveva dichiarato il presunto omicida.
“Un omicidio, quindi, che non ha alcuna motivazione razziale alla base – commentano i ricercatori – eppure i commenti erano tutti improntati su una componente raziale, o per attaccare gli stranieri in Italia o per denunciare l’incapacità della politica italiana nel gestire le politiche migratorie”.
La terza notizia: vittima e omicida italiani
La terza notizia analizzata riguarda l‘omicidio della ventenne Jessica Faoro a Milano. La ragazza di 20 anni, è stata stata accoltellata e il suo cadavere ritrovato in un appartamento di un palazzo di proprietà di una cooperativa di tranvieri. Arrestato per l’omicidio un italiano di 44 anni, dipendente dell’azienda di trasporti milanese.
Le reazioni
La prima notizia (vittima italiana e omicida straniero) ha attirato la maggior parte dei commenti. Al secondo posto, come numero di reazioni, la seconda notizia (vittima uno straniero e presunto assassino italiano). Quella che ha avuto per protagonisti 2 italiani (vittima e presunto colpevole) ha suscitato meno interesse.
“Nei primi due casi – spiegano i ricercatori – è evidente come la presenza dell’elemento etnico-razziale abbia orientato la maggior parte dei commenti e abbia determinato una maggior spinta relazionale e comunicativa degli utenti, portati a commentare, visualizzare, condividere, inter-agire.
In particolare la presenza del sospettato straniero, nel primo caso, ha direzionato le reazioni dei commentatori verso elementi di critica politica e di tipo xenofobo“.
La violenza scatenata
“Un altro dato da sottolineare è la violenza verbale degli utenti – spiegano ancora i ricercatori – Questa spesso si è declinata in commenti di estrema brutalità a contenuto razzista, altre volte in scontri di tipo ideologico tra gli utenti, e infine nella manifestazione del desiderio di usare violenza nei confronti degli autori di reato”.
Commenti violenti come auguri di morte agli stranieri, foto di uomini di colore impiccati, frasi come “bisognerebbe bruciarlo”, citazioni di campi di concentramento. “Insomma commenti staccati dalla realtà, spinti solo da tendenze xenofobe”.
In tutti e tre i casi la gravità del fatto in sé, gli omicidi, è passata in secondo piano. Questo avvalora l’ipotesi secondo cui l’elemento politico, e in particolare quello razziale ove presente, sia stato in grado di convogliare l’attenzione degli utenti, portando i contenuti dei commenti lontano dall’oggetto della notizia.
“La brutalità e la volgarità di molti commenti sono tra le cose più inquietanti emerse dalla nostra indagine – spiegano i ricercatori – anche perché ricerche effettuate prima di violenze di massa accadute in altri Paesi hanno dimostrato che esse erano anticipati da espressioni di odio su vasta scala attuate in gran parte via web”.
Il ruolo dei social
E che ruolo hanno avuto i social in questa dinamica? “Di certo amplificano le reazioni. Lo dice la letteratura – spiegano i ricercatori – Quando si parla di commenti scritti su internet tutto è da prendere con le pinze”.
“In più provocano confusione. I commenti sui social vengono scritti e postati in tempo zero, spesso senza una vera riflessione”.
“Infine c’è il fattore emotivo, che viene attenuato dalla rete. Sui social l’aspetto empatico è attenuato“.
“Le vittime sono virtuali, non reali, e risultano lontane da chi scrive. Le loro storie, per quanto tristi, non provocano le reazioni emotive che meriterebbero. E i commenti, nascosti dall’anonimato, risultano superficiali, o freddi e distaccati, o al contrario violenti e aggressivi, ma per nulla empatici. Un delitto diventa l’attivatore per parlare di altri temi come, in questo caso, il razzismo o la politica”.