Ortofrutta, le mafie controllano il trasporto. E i prezzi triplicano dal campo alla tavola

Le mani del crimine organizzato su logistica e autotrasporti si riflettono sui prezzi finali degli alimenti. Ottimi profitti, pochissimi controlli

Rosy Battaglia
Rosy Battaglia
Leggi più tardi

Come è possibile che i produttori agricoli vengano spesso pagati una miseria per i loro prodotti eppure, arrivando sui banchi dei mercati, il prezzo di frutta e verdura sia nel frattempo triplicato? Colpa delle storture della filiera di distribuzione ma non solo. C’è anche una questione di illegalità e di criminalità organizzata: mafia, camorra e ‘ndragheta hanno infatti messo le proprie mani, pesantemente, sulla logistica e sul trasporto dell’ortofrutta. Così il cibo fresco che arriva sulle nostre tavole diventa pretesto per il riciclaggio di denaro sporco e per coprire affari illeciti come il traffico di droga e rifiuti.

Il monopolio della criminalità nell’autotrasporto

Anche dopo gli arresti e le grandi inchieste giudiziarie che hanno svelato gli accordi tra il clan dei Casalesi e Cosa nostra, continua imperterrito, infatti, il controllo della criminalità organizzata sui più importanti mercati ortofrutticoli d’Italia e d’Europa: da Fondi, a Vittoria, fino a Milano, oggetto delle attenzioni della famiglia ndranghetista dei Piromalli di Gioia Tauro. Il peso della criminalità organizzata è ancora più forte nella gestione, praticamente in regime di monopolio, degli autotrasporti, uno dei settori trainanti della nostra economia, con oltre un milione di addetti, costituito per il 48% da imprese di piccole e medie dimensioni. La denuncia parte dall’ultimo rapporto sulle Agromafie di Fondazione Coldiretti ed Eurispes, dalle relazioni della Direzione Investigativa Antimafia e dal sociologo Marco Omizzolo.

Intervista a Gian Carlo Caselli su Agrobusiness«Si parla di mafie liquide, presenti in tutti i segmenti della filiera agroalimentare: dal campo, allo scaffale, alla ristorazione, fino al trasporto dei prodotti che riveste un’importanza strategica» sottolinea a Valori l’ex magistrato Gian Carlo Caselli, responsabile scientifico del rapporto sulle Agromafie. «L’ortofrutta viene sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi si moltiplicano fino al 300% anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali» sostiene, infatti, la Coldiretti.

Per le mafie pochi rischi e visibilità, massima resa

Uno dei punti più sensibili, oltre gli imballaggi, come già denunciato da Valori, è proprio quello dei servizi di trasporto su gomma, da e per i mercati. Ribadisce Caselli: «L’agroalimentare consente ottimi guadagni. La normativa vigente non funziona. E quindi chi compie reati rischia poco e niente. L’ideale per le mafie che prediligono gli investimenti a bassa intensità espositiva. Minimo investimento, massima resa». A farne le spese, oltre i consumatori, sono proprio gli stessi trasportatori, quelli onesti, a discapito delle imprese che, sostenute anche dal riciclaggio, riescono a sostenere i costi di manutenzione delle flotte, accaparrarsi il maggior numero di traffici e godere pure dei rimborsi delle accise.

Secondo uno studio effettuato da Nomisma – Società di studi economici, infatti, il costo chilometrico dell’autotrasporto è mediamente più alto in Italia (1,59 euro) rispetto ai Paesi come la Germania (1,35 euro), la Francia (1,32 euro) e la Spagna (1,21 euro).

Dentro i camion frigo viaggia qualsiasi cosa

«Chi controlla la logistica governa ogni forma di economia criminale» conferma a Valori Giorgio Straquadanio, responsabile organizzativo della CNA di Vittoria, la confederazione nazionale di artigiani, piccola e media impresa, in provincia di Ragusa. Il punto di osservazione è il territorio dove è insediato uno dei mercati ortofrutticoli alla produzione più importanti d’Italia. Ma anche uno dei più infiltrati da parte della criminalità organizzata, arrivata fino all’amministrazione comunale, già sciolta per mafia nel 2018.

«Ogni giorno partono da qui in media dai 300 ai 500 camion dal sud al nord. Chi controlla davvero questo flusso? All’interno dei camion frigo puoi far viaggiare qualunque cosa» ribadisce Straquadanio che, conti alla mano, ha dimostrato come i margini per le piccole imprese di autotrasporti siano così risicati, ormai, che a rimanere sul mercato, sono solo i cartelli che, spesso gestiscono ben altri traffici.

.Prezzi schiacciati  in basso e i piccoli cedono

«Con il monopolio si schiacciano i prezzi verso il basso. Così i piccoli padroncini non ce la fanno. Chi, invece, ha strutture con 200 – 300 camion, abbatte i costi, ottiene le agevolazioni dello Stato, con il rimborso delle accise. In Sicilia il rimborso è pure doppio, regionale e nazionale» spiega Straquadanio. E si fa viaggiare di tutto, i controlli sono minimi. Droga, rifiuti. «Economie illegali gestite da società che hanno accesso a crediti agevolati presso le banche e che non hanno problemi di natura finanziaria. Mentre le imprese che operano nella legalità, sono in difficoltà. E quindi siamo al paradosso», conclude il rappresentante di CNA.

Il segnale dell’illegalità e dell’infiltrazione nel tessuto imprenditoriale degli autotrasporti, viene anche dalle cronache. È in atto un braccio di ferro, tra magistratura, forze dell’Ordine e criminalità organizzata. Arresti, sequestri e confische sono in corso in tutta Italia. A partire dalla Lombardia, dal Piemonte e dall’Emilia Romagna. Solo nelle ultime due settimane di marzo, ci sono state diverse operazioni. A Torino la Direzione Investigativa Antimafia ha confiscato l’intero capitale e la flotta di un’impresa di trasporto su strada, il cui titolare è considerato appartenente alla cosca ‘ndranghetista Sgrò-Sciglitano.

L’Operazione PAPA dei CarabinieriMerci su gomma favoriscono il crimine

In Lombardia, invece, l’arresto di diciannove persone al termine di un’inchiesta, avviata nel 2016, sulle infiltrazioni della mafia calabrese nel trasporto di ortofrutta. I Carabinieri hanno intercettato i due imprenditori, individuando due persone, ritenute appartenenti alla cosca dei De Stefano, che erano arrivate dalla Calabria a Bergamo per “favorire” con incendi dolosi una delle due imprese. Così come le confische della Guardia di Finanza di Cremona, per un valore di 40 milioni di euro, dopo le condanne del processo Aemilia, confermano l’infiltrazione della ‘ndrangheta negli autotrasporti emiliani. Confische che hanno coinvolto diciannove società compreso un intero parco di 50 veicoli industriali di un’azienda in provincia di Reggio Emilia, più 253 immobili industriali, commerciali e abitazioni nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova, La Spezia e Crotone.

«In un Paese, il nostro, dove ancora il 90 per cento delle merci viaggia su gomma, quindi sui nostri camion, controllare questo snodo strategico significa di fatto gestire una fetta rilevante dell’economia italiana» conferma a Valori l’imprenditrice Cinzia Franchini, ex presidente nazionale della Cna-Fita, associazione  dedicata agli artigiani e alle piccole imprese operanti nel settore dell’autotrasporto, ora candidata sindaco a Modena.

La good news della Geotrans grazie alla finanza etica

Anche a lei dobbiamo il salvataggio della Geotrans, unica impresa italiana di autotrasporti confiscata alla mafia e riportata in attività finora, dopo l’amministrazione controllata, (e sostenuta in questo da Banca Etica).

Geotrans era fino a pochi anni fa l’azienda del boss mafioso Vincenzo Ercolano, nipote di Pippo, reggente del clan Ercolano-Santapaola a Catania, in Sicilia. Agiva in modalità di monopolio. «Le aziende che io rappresentavo non potevano concorrere con quei prezzi. Perché Ercolano dovendo immettere nel circuito legale denaro sporco, non aveva nessuna difficoltà ad abbassare i costi dei trasporti e a distruggere economia legale». Oggi, la “nuova” Geotrans, è stata nuovamente associata alla CNA-Fita, mentre lo scorso novembre Enzo Ercolano è stato condannato, nell’ambito dell’inchiesta Caronte, in cui la magistratura è riuscita ad azzerare “la cupola” degli autotrasportatori a Catania.

https://twitter.com/CinziaFranchini/status/704936237115822081

L’impegno antimafia resta sporadico

«Come presidente dell’associazione mi sono costituita contemporaneamente parte civile a Catania e al processo Aemilia – racconta l’imprenditrice – la CNA Fita è stata riconosciuta come parte civile e si è vista riconoscere un danno economico in 40mila euro». Franchini però si è dimessa, non senza clamore, nel 2017. «Dopo la mia uscita non c’è più stata una presa di posizione ufficiale dell’associazione CNA-FITA contro le mafie, nessuno ha più partecipato al processo Aemilia». Un segnale inquietante che segna come le stesse imprese e alcune associazioni di categoria abbiano abbassato la guardia contro le infiltrazioni della criminalità organizzata.

Che fare allora? Risponde Giancarlo Caselli: «Da una parte lo spostamento del trasporto merci su rotaia potrebbe essere un ostacolo, un modo indiretto, per controllare le presenze a predominio mafioso». Dall’altra il quadro rimane drammatico ed è lo Stato che deve agire: «Non basta l’intervento della magistratura e delle Forze dell’Ordine: ci vuole anche qualcosa di più a livello politico, amministrativo e normativo». Ma il disegno di legge di riforma sui reati agroalimentari ispirato alle proposte di Caselli, ad oggi, dopo quasi tre anni, giace ancora in Senato.