“No alle semplificazioni su Banca d’Italia, recuperiamo una prospettiva di finanza etica”

In una lettera aperta, Banca etica difende l'operato di Via Nazionale: attenzione alle critiche se non accompagnate da proposte

Foto: Dawid Skalec, Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported license.

Gentile Direttore,

Sono tempi confusi. In cui c’è bisogno di informare, controinformare, dare elementi di riflessione liberi e fuori dal coro. Senza rincorrere le effimere agende altrui, ma aiutando tutti a seguire il filo di un discorso articolato, sempre più complesso, dove non solo c’è il bene e il male, il buono e il cattivo, ma le diverse prospettive e chiavi di lettura concorrono a definire il quadro dei problemi, rispetto ai quali, solo se correttamente individuati, si potrà perseguire il bene comune, quell’interesse più alto di tutti che la finanza etica si dà per missione. Il 31 maggio, il giorno, come ogni anno, in cui il Governatore della Banca d’Italia ha reso pubbliche le sue Considerazioni finali, Valori.it ha pubblicato un articolo, a firma Nicola Borzi, dal titolo “Banca d’Italia, la Vigilanza che non c’è”.

Il pezzo recupera, cucendole insieme, notizie già note di alcune specifiche vicende bancarie (IW Bank, MPS, Etruria, ecc.) e, senza nessun particolare approfondimento, attribuisce alla Banca d’Italia presunte responsabilità di omessa vigilanza, che sarebbero causa delle citate crisi .

La critica è legittima, sempre. Ma per un progetto culturale come quello della finanza etica ha poco senso se non ben ponderata e accompagnata da proposte.

Provo a spiegare meglio. Leggendo l’articolo di Borzi un lettore medio, non troppo informato e non addetto ai lavori, molto probabilmente resterà vittima di alcuni sentimenti facilmente individuabili: di sfiducia nei confronti delle istituzioni, di smarrimento (o proprio scoramento) di fronte alla inesistenza di alternative, di rabbia per il dilagare di comportamenti irresponsabili e corrotti da parte di chi ha il potere di gestire i problemi. La sintesi rischia di essere “sono tutti uguali”, “anche Banca d’Italia è come gli altri”, “non si salva nessuno”… ossia, rischia di affermarsi una visione che di fronte ai problemi, ai comportamenti illeciti, alle irregolarità singole, lascia pensare che il Paese non abbia presidi, non abbia baluardi, sia in balia della legge del più forte.

Una semplificazione, per fortuna non corrispondente al vero, che assomiglia molto a ciò che vediamo da tempo, ogni volta che si affronta un qualunque tema di qualche complessità, incluse le crisi bancarie e le loro possibili soluzioni, ma anche le migrazioni, il debito pubblico, la mancanza di occupazione… e tanto altro. Informazioni micro, e velocissime, sovente non verificate o mal riportate, condizionano il pensiero individuale e concorrono al formarsi di un’opinione pubblica volubile, plebiscitaria e lapidaria, nel senso sì social del termine, ma capace di esprimere una violenza che lo avvicina al significato letterale.

Invece la nostra responsabilità è esercitare il pensiero, distinguere criticamente le situazioni, non cadere mai nella banalizzazione del reale. La stessa idea di finanza etica lo richiede, altrimenti, seguendo alcuni grandi pensatori, da Brecht a Latouche, avremmo dovuto rassegnarci da tempo all’idea che la finanza etica non può esistere.

Dunque, torniamo alla Banca d’Italia. È l’autorità di vigilanza sulle banche. È evidente che vada chiamata in causa quando vi sono crisi e abusi. Infatti vi sono state, e ci saranno, le Commissioni di inchiesta parlamentari, oltre alle indagini della giustizia ordinaria. Da cui è emerso finora sempre (e per fortuna) un quadro di sostanziale correttezza. Che non vuol dire privo di errori. Ma attenzione a distinguere i profili di responsabilità. La vigilanza non è la magistratura e non è neanche la Guardia di Finanza. Ha strumenti di fronte ad un manager che dichiara il falso? Pochi. E se questo manager è anche il presidente dell’Abi, osannato da tutti i banchieri italiani (quotati, cooperativi, grandi e piccoli), dalla Confindustria e dai Sindacati, dai partiti di sinistra e di destra, tanto che l’Abi arriva a cambiare il proprio statuto per farlo restare in sella all’associazione, il problema di omessa vigilanza, in senso alto, sostanziale, è attribuibile solo alla Banca d’Italia?

L’Italia è gravemente malata di corruzione. La Banca d’Italia rappresenta uno dei punti più alti, e uno dei migliori presidi di buona gestione, di un apparato burocratico spesso degenerato, soprattutto nei suoi livelli nazionali. Che valore ha per la collettività un esercizio che miri ad offuscarne l’immagine in generale, senza distinguere i meriti dai demeriti, senza cercare di districarsi tra questioni specifiche e di contesto?

L’Italia è il paese che, in Europa, negli ultimi dieci anni meno ha pagato con denaro pubblico per salvare banche in crisi. Merito del modello di banche di territorio e molto retail del nostro settore bancario? O merito, anche, di una vigilanza attenta che, per lo più, riesce nel suo lavoro di supervisione e, dunque, prevenzione dei problemi?

Borzi in coda al suo articolo cita anche i risparmiatori travolti dai crack. Persone che hanno subito pesanti perdite, a volte di risparmi accumulati da generazioni. Sicuramente malconsigliati dalle banche. E però altrettanto sicuramente confortati, nelle loro scelte (sbagliatissime) di investimento, da una cultura diffusa – anche sulla stampa italiana – che spinge alla ricerca del miglior rendimento, alla massimizzazione del profitto del singolo contro “il mercato”, che è arrivata a far apparire ragionevole l’illusione per cui ad alti tassi potessero corrispondere bassi rischi.

Ecco, sarebbe interessante provare a indagare questi fattori culturali tra le crisi profonde della crisi, piuttosto che indulgere, perfino su Valori.it, nella ricerca del grande colpevole, del male assoluto cui addossare tutte le responsabilità.

La finanza è complessa, come la società in cui è immersa e opera.

La finanza etica, rispetto ad essa, deve nutrirsi di analisi attente e corrette per disegnare e aggiornare la propria missione, che poi va spiegata e argomentata nel modo migliore al fine di coinvolgere cittadini e imprese, profit e nonprofit, in un lungo e ambizioso percorso di democrazia e partecipazione economica.

Valori.it può rappresentare una grande risorsa al servizio di questa missione, mantenendo alto lo sguardo sugli orizzonti più lontani, senza cadere nelle trappole dei facili (e inutili) scoop e di quel “populismo” che tanto critichiamo nei media di oggi.


* L’autore è responsabile Dipartimento Proposta di Finanza Etica – Banca Etica