Il coronavirus blocca l’Europa ma non i giochi di guerra della NATO

Gli USA non bloccano la maxiesercitazione militare Defender Europe 20. Nonostante l'emergenza sanitaria e il forfait di alcuni Stati Ue (tra cui l'Italia)

Emanuele Isonio
Lo sbarco all'aeroporto di Norimberga dei soldati della U.S. Army assegnati alla 1a Divisione Cavalleria. Erano i primi giunti in Germania per l'esercitazione DEFENDER-Europe 20. FOTO: U.S. - Capt. Ellen C. Brabo, 7th Army Training Command.
Emanuele Isonio
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È riuscito a paralizzare città, bloccare interi comparti economici, chiudere scuole e università in quasi tutto il continente, persino privare molti della corsetta quotidiana all’aperto. Ma quando si parla di giochi bellici anche il coronavirus nulla può: nell’ora più buia dell’emergenza sanitaria europea, quando ogni sforzo dei governi è teso a contenere e rallentare il contagio, la NATO ha altre priorità: ha deciso comunque di tenere “Defender Europe 20”, un’imponente esercitazione con decine di migliaia di militari da diversi Paesi. Quanti? Il programma originario prevedeva un totale di 37mila uomini, ottenuti tramite lo “sbarco” di 20mila militari statunitensi con 13mila mezzi ed equipaggiamenti da aggregare agli altri 10mila marines USA già nel Vecchio continente e a 17mila militari dei Paesi europei con spostamenti per un totale di 4mila chilometri.

Defender Europe 20
I numeri di Defender Europe 20.

Una prova di forza

Obiettivo dell’esercitazione: testare le capacità logistiche dell’Allenza Atlantica nel supportare le forze alleate in Germania, Polonia, Belgio, Paesi Bassi e le Repubbliche Baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania. In pratica uno sfoggio di muscoli per dimostrare quanto la NATO sia in grado di rispondere a qualsiasi crisi. Ora e nel futuro.

«Si tratta del maggiore dispiegamento di forze armate statunitensi in Europa da venticinque anni a questa parte» conferma Francesco Vignarca, portavoce della Rete Italiana per il Disarmo, organizzazione da sempre critica verso questo tipo di operazioni. «Con Defender Europe vogliono verificare la fattibilità di un grande trasporto di truppe e una loro distribuzione sul territorio europeo. Un altro obiettivo è di rifornire una serie di basi strategiche, aggiornandole e rifornendole di nuovi sistemi».

Un programma fuori dal mondo, per chi ha ormai da settimane le orecchie e gli occhi pieni dei suoni e delle immagini provenienti dalle aree d’Italia e d’Europa nelle quali più forte è l’incidenza del coronavirus. «Dal nostro punto di vista, queste esercitazioni hanno poco senso in generale. Ma pensare di far girare per l’Europa migliaia di soldati nel momento in cui tutti i Paesi stanno chiudendo le frontiere e fermando gli spostamenti per il coronavirus è davvero folle».

https://soundcloud.com/valori_it/il-covid-19-blocca-la-ue-ma-non-le-esercitazioni-nato

L’Italia si sfila

Le proteste non sono ovviamente mancate. Alcuni Stati hanno da tempo dato forfait. Tra loro, l’Italia: il contingente tricolore è stato infatti bloccato dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.

L’unica concessione alla realtà fatta dal comando americano, dopo queste proteste, è stato di ridurre al momento il numero di uomini e mezzi coinvolti: «In risposta all’attuale epidemia del virus SARS-CoV-2 e alle recenti indicazioni del Segretario alla Difesa, abbiamo modificato l’esercitazione Defender-Europe 20 in termini di dimensioni e portata. Dal 13 marzo – si legge nella nota della Us Army Europe – tutti i movimenti di personale e attrezzature dagli Stati Uniti verso l’Europa sono cessati».

Alcuni organi di stampa, sulla base di quella nota del Comando USA, hanno annunciato la fine dell’esercitazione. Un errore: in realtà, ad essere annullate o chiuse anzitempo sono state quattro operazioni collaterali (Joint Warfighting, Saber Strike, Swift Response e Dynamic Front).

Per Defender Europe 20 non c’è al momento alcuna cancellazione, solo un ridimensionamento. I militari Usa hanno specificato che saranno comunque impiegati 6mila soldati arrivati a gennaio scorso insieme a 3mila veicoli e armamenti attraccati via mare e che si uniranno ai 9mila mezzi di equipaggiamenti spediti già nel 2019. «Qualunque cosa diversa dalla sospensione è insensato: non c’è giorno che passi senza che epidemiologi ed immunologi ricordino che il movimento di persone è il principale vettore di diffusione del coronavirus» commenta Vignarca.

La lezione della 1° Guerra mondiale

D’altro canto, non sono solo i medici a sottolineare il pericolo di movimentare truppe durante un’epidemia in corso. Anche i libri di storia ricordano infatti che, poco più di un secolo fa, furono proprio gli spostamenti militari durante la Prima guerra mondiale ad agevolare l’influenza spagnola che provocò 500 milioni di contagi e 100 milioni di morti: fu osservata alla fine del 1917 da alcuni patologi militari. L’epidemia vera e propria infuriò tra il 1918 e tutto il 1920.

Influenza spagnola 1918 pandemia epidemia
L’influenza spagnola iniziò a mietere vittime nel 1918, nel Vecchio e Nuovo mondo. Qui l’Auditorium comunale di Oakland in California, usato come ospedale termporaneo della Croce Rossa. FOTO: Edward A. Rogers. Dal “Joseph R. Knowland collection at the Oakland History Room, Oakland Public Library”.

Il coronavirus molto probabilmente, grazie ai passi avanti della ricerca medica e ai programmi di contenimento, produrrà molti meno contagi e morti. Ma certo, migliaia di soldati NATO che girano tra i vari Stati non aiuteranno di certo, anche perché le truppe NATO non sono immuni dal rischio contagio. Anzi, i primi casi già si segnalano. Il 13 marzo, il quartier generale della US Army in Europa, collocato a Wiesbaden in Germania, ha confermato il primo test positivo di un soldato statunitense.

Un segnale verso Russia…

Ma d’altro canto, Defender Europe 20 ha da espletare una funzione geostrategica: una (nemmeno troppo velata) pressione verso Mosca per ribadire la volontà statunitense di essere presenti in Europa. Far capire alla Russia che il parziale disinteresse frutto delle dottrine politiche dell’era Obama (che aveva spostato l’interesse principale politico-militare sull’area del Pacifico), altro non erano che una parentesi. Ci sono poi i Paesi dell’Est da rassicurare rispetto a una ipotetica minaccia russa: non a caso, tra i territori protagonisti dell’esercitazione ci sono la Polonia e i Paesi baltici.

L’amministrazione Trump però non vuole parlare solo a Putin. «C’è anche il chiaro intento di forzare gli alleati europei» spiega Vignarca. «Da tempo Washington preme affinché questi ultimi aumentino i propri contributi economici in seno alla NATO. Per questo, gli USA hanno denunciato problemi logistici e di spostamento delle truppe all’interno dell’Europa in caso di bisogno. Defender Europe 20 serve quindi a dimostrare queste carenze». Il destinatario del messaggio in questo caso è Ursula von der Leyen per forzarle la mano e spingerla a confermare quanto fatto dal suo predecessore Jean Claude Juncker che aveva già stanziato miliardi di euro in tal senso.

…e un divide et impera anti-Ue

«Queste iniziative – conclude Vignarca – continuano a dare il segno di una egemonia statunitense controproducente per l’Europa perché la fraziona dal punto di vista militare e per l’acquisto di armamenti. Ciò impedisce alla Ue di fare passi avanti nell’ottica di una politica economica, di politica estera e di difesa congiunta. Una strategia del divide et impera che gli USA portano avanti da tempo e che dovrebbe produrre una reazione fra chi ha a cuore una prospettiva di Europa unita».