Guerra ai curdi, Erdogan la farà anche con armi Made in Italy

Negli ultimi 4 anni la Farnesina ha autorizzato l'esportazione di 890 milioni di armamenti verso Ankara. 360 solo nel 2018. Rete Disarmo: sospendere subito le forniture

Emanuele Isonio
Fucili mitragliatori AK47 (i Kalashnikov), tra le armi e munizioni individuate da CAR in zona di guerra © CAR Conflict Armament Research
Emanuele Isonio
Leggi più tardi

Sono state molte le voci che in Italia si sono mostrate sconcertate per la scelta di Donald Trump di ritirarsi dal confine tra Turchia e Siria. Lasciando di fatto mano libera ad Ankara nell’invasione delle zone controllate dalle forze curde. «È il momento per noi di sfilarci da ridicole guerre senza fine, molte delle quali tribali. È il momento di riportare i nostri soldati a casa» aveva twittato lunedì scorso l’inquilino della Casa Bianca.

Dalla Farnesina autorizzate vendite alla Turchia per 360 milioni solo nel 2018

Ma è passato al tempo stesso sotto sordina un altro aspetto, piuttosto scabroso per l’Italia. Il governo turco è infatti uno dei principali clienti dell’industria bellica tricolore. Tradotto: l’escalation di guerra (e morte) contro i curdi, avviata nelle ore scorse, sarà possibile  anche grazie all’export italiano.

Per essere precisi: nel 2018 (l’ultimo anno per il quale si hanno dati ufficiali) il nostro ministero degli Esteri ha autorizzato vendite per 360 milioni di euro. In particolare, sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori. Oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software.

E quello del 2018, non è certamente un caso isolato. Anzi è solo la tranche più recente di una serie di autorizzazioni che prosegue incessantemente. Quanto grande? Quasi 900 milioni, rivelano gli analisti della Rete Italiana per il Disarmo.

«Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro. E consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro», sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo. «Le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129. Di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland».

Rete Disarmo: Italia fermi export verso Ankara

La richiesta della rete di associazioni pacifiste è direttamente indirizzata al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: sospendere con effetto immediato tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il governo di Ankara. Come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato.

«Chiediamo con forza al governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile» afferma Vignarca. «In particolare risultano drammatiche le notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpito anche obiettivi civili».

Peraltro, continuare a fornire armamenti alla Turchia dopo aver sostenuto attivamente l’impegno delle popolazioni curde contro le forze dell’ISIS è un evidente paradosso. «Una contraddizione intollerabile» osserva dichiara Giorgio Beretta analista sull’export di armi per la RID. «È giunto il momento che anche il Parlamento faccia sentire la propria voce. Deve chiedere lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana fino a che la situazione non sarà chiarita. L’appartenenza della Turchia alla NATO non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni».