Il pubblico impiego non è il nemico
Ogni settimana il commento di Marta Fana su lavoro, diseguaglianze, diritti
Si fa sempre più martellante la proposta di far pagare la crisi anche ai lavoratori del settore pubblico, accusati senza prove in mano, di godere di un lungo e immeritato periodo di vacanza dovuto al covid-19 e al passaggio in smart working. Addirittura, si chiede che siano messi in cassa integrazione, rinunciando a parte dello stipendio da mettere a disposizione di chi ha perso il lavoro. Una campagna che trova consensi trasversali nei liberisti e social-liberali del nostro Paese e che ha per obiettivo l’ennesima costruzione di un nemico contro cui scagliare il malessere sociale. Costruzione del nemico, passaggio fondamentale di ogni battaglia politica. Nel 2008, toccò ai pensionati, privilegiati per costruzione, nonostante metà di loro guadagni solo 1.000 euro al mese. Dal 2012, quando la ripresa fu appannaggio solo dei più ricchi, fu la volta dei lavoratori stabili che godevano dell’articolo 18. Ma la ripresa, seppur minima, continuavano a vederla in pochi e così, mentre molti si impoverivano, venne il momento degli immigrati che avrebbero dovuto rubarci un lavoro che nessuno aveva intenzione di offrirci. Tutto questo sempre e solo per evitare che la maggioranza possa alzare la testa e puntare il dito, non contro il proprio vicino, ma contro chi sta in cima alla piramide sociale, quelli che prima, durante e dopo le crisi hanno continuato ad arricchirsi, accumulando patrimoni e redditi, al riparo dalle politiche di distribuzione e redistribuzione di risorse e potere.