Ripartiamo dalle Cime Bianche

In Valle d'Aosta una battaglia per il futuro, contro speculazioni e cambiamenti climatici

Il Vallone delle Cime Bianche, Val d'Ayas, Val d'Aosta © Marcello Dondeynaz

Da lì sono passati gli antichi Romani, i Walser, la borghesia francese dell’Ottocento. «Bisogna ripartire dalle cime bianche preservando la natura, valorizzando la storie e la cultura dei luoghi». È questo il futuro per la Val D’Ayas e la Valle D’Aosta visto da un esperto come Marcello Dondeynaz, pioniere della sostenibilità e dell’accoglienza alpina. Secondo il quale «occorre prenderci cura degli alpeggi ma anche di chi li tutela: gli agricoltori. Occorre ricreare il tessuto sociale e un’economia a misura d’uomo. Ad esempio attraverso percorsi che favoriscano l’uso della bici e della mobilità elettrica».

Una visione lucida e competente che viene dalla passione per la montagna ma anche da un’intensa attività sul campo, come professionista che per oltre vent’anni si è occupato di mobilità sostenibile e riqualificazione del territorio. Da poco in pensione, Marcello è da sempre attivo come volontario per il Cai e Legambiente. Ed è il fondatore di «Ripartire dalle Cime bianche». Movimento civico nato per difendere una delle valli più incontaminate, ai piedi del Monte Rosa, dall’ennesima speculazione legata alla creazione di un nuovo impianto funiviario.

«Il Vallone delle Cime bianche è un luogo ricco di bellezza e storia che ha caratteristiche straordinarie, godibili soprattutto d’estate. E invece l’idea è ancora quella di creare una nuova funivia a supporto dello sci invernale tra il comprensorio di Cervinia e il Monte Rosa Ski. Dimenticando che se si deturpa il territorio non si può tornare indietro. Si vuole sacrificare una risorsa che non sarà rinnovabile».

Eppure, ricorda Marcello, basterebbe poco per rilanciare l’economia locale. A partire dalla riscoperta delle proprie radici. La Val d’Ayas da sempre ha rappresentato il miglior tramite di passaggio tra il Vallese svizzero, la Valle d’Aosta e la pianura padana. Rimasta per anni ai margini del turismo “mordi e fuggi”. Oggi ha un immenso capitale naturale da offrire ai visitatori. Tanto che si sta tornando a ripopolare. C’è chi ha già deciso nell’ultimo anno, flagellato dal caldo e dalla pandemia, di stabilirsi nella valle.

Marcello Dondeynaz in Val d’Ayas © G.Gombin

«In tanti hanno compreso che la montagna, seppure d’inverno sia molto dura, può essere vissuta tutto l’anno. Molte famiglie non sono rientrate in città e hanno scelto di iscrivere i figli nelle scuole elementari di qui». Ma per realizzare appieno quel “vado a vivere in montagna” reso possibile dalle connessioni internet e dallo smart working, bisogna ricostruire servizi sanitari, culturali, scuole, trasporti adeguati a partire dalla ferrovia e navette, su cui bisogna investire.

Mentre per mesi l’opinione pubblica si è divisa tra impianti sciistici aperti e chiusi, Marcello suggerisce un altro punto di vista. «Il problema è già quello di evitare il sovraffollamento di coloro che cercano ristoro dal caldo delle città, d’estate». Il clima costringe a un adattamento che deve essere veloce. “I cambiamenti climatici ci spingono a fare presto. La stagione della montagna estiva ormai è più lunga di quella invernale, da giugno a ottobre. E la pandemia ha amplificato questa esigenza. Dobbiamo cambiare l’offerta turistica, migliorare l’accoglienza».

Da qui la necessità di ricreare un reticolo sociale, di preparare l’ambiente alpino ad accogliere nuovi flussi, aiutando le famiglie e i singoli negli spostamenti. Recuperando le attività artigianali, il piccolo commercio diffuso, curando la qualità dei prodotti locali. Creando occasioni culturali per i più giovani e per le famiglie. Buone pratiche già possibili e in atto nella stessa Val d’Aosta. «Un esempio? Il mio ultimo impegno professionale è legato ad un progetto di offerta turistica sostenibile a Morgex, nell’alta Valle, «Famille à la montaigne». Lì abbiamo realizzato un parco della lettura per avvicinare i bambini e adulti alla lettura, in un ambiente naturale».

Occorre diffondere cultura e rispetto del paesaggio, già a partire dal non abbandonare i rifiuti,ci spiega Marcello. «La montagna è stata abitata da una civiltà rurale. Occorre tutelare l’armonia di questi luoghi. Armonia fatta da villaggi, radure, sentieri, terrazzamenti, percorsi che qualcuno ha realizzato prima di noi. E lo si fa riconoscendo il ruolo di chi lavora la terra. Veri salvatori, custodi del paesaggio. In Italia sono stati invece, finora, dimenticati».

Ma, in un futuro non troppo lontano, Marcello Dondeynaz vede una Valle d’Aosta completamente accessibile in modo sostenibile. «La ciclovia baltea che percorre tutta la valle d’Aosta, accanto alla Dora Baltea, da Pont Saint Martin a Courmayeur, potrebbe anche collegarsi alla ciclovia VenTo da Torino a Venezia». E qui sì che mancano gli investimenti per le infrastrutture. Come per il tratto dell’antica Strada Romana delle Gallie, proprio a Donnas, lungo la Via Francigena, con un meraviglioso Arco. Tratto chiuso da dieci anni, a seguito della caduta di sassi. «Eppure sono proprio queste le nostre ricchezze da salvaguardare».

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Questo articolo è stato pubblicato in Storie dal futuro, la newsletter dedicata al racconto e al ritratto dei protagonisti del cambiamento che Valori.it invia ogni lunedì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Economia sostenibile” tra i tuoi interessi.