Le banche etiche e la ricetta dell’impatto sociale positivo
Come pianificare e monitorare l'impatto sociale positivo? Ecco il modello operativo di banche etiche e istituzioni finanziarie responsabili, mirando a una finanza sostenibile globale
Le banche non sono tutte uguali, si sa. Ci sono quelle dalla forte impronta speculativa, e che investono i nostri risparmi anche in armi, deforestazione, carbone e petrolio, ad esempio. Ma ci sono banche e istituti finanziari che operano sulla base di principi etici, ambientali e sociali stringenti. Banche etiche, potremmo definirle genericamente, o meglio, banche e istituzioni finanziarie che basano la propria attività su valori. Cioè soggetti come quelli che si sono uniti nella Global Alliance for Banking on Values (GABV).
Cos’è una banca etica?
Ma come si struttura il loro operato? E da quali parametri di valutazione è guidato? La risposta hanno provato a fornirla alcuni ricercatori in un articolo pubblicato a luglio 2021, realizzato a partire dalle interviste condotte con dieci membri dell’alleanza.
Un lavoro sviluppato a partire dalla consapevolezza che esiste «l’urgenza di fare in modo che il settore bancario consideri il suo impatto sociale in modo olistico», scrivono nell’introduzione. Cioè che una banca non possa e non debba ignorare gli strascichi (positivi e, soprattutto, negativi, diretti e indiretti), della propria gestione finanziaria. E anzi dovrebbe mirare a operare per il bene comune a tutti i livelli. Mettendo in pratica, perciò, principi e azioni conformi alla responsabilità sociale di impresa. Tanto più vista la necessità di risorse da investire per raggiungere i 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Valutare e promuovere l’impatto sociale: modello GABV in 5 fasi
I ricercatori hanno perciò individuato – e poi indagato negli elementi costitutivi principali – cinque diverse fasi operative successive e integrate in un modello circolare.
Una prima fase punta alla definizione delle strategie, stabilite in base ai valori di riferimento (chiari e condivisi), alle sfide da affrontare, alle risorse disponibili. Segue una fase di pianificazione delle azioni da intraprendere che rispondano a tre delle domande cardine comuni al giornalismo: «chi?», «come?» e «perché?», considerando impatti sociali diretti e indiretti attesi. E soprattutto, per agire senza produrre conseguenze negative per la società (finanziando, ad esempio, imprese o politiche dannose sul piano sociale, ambientale, dei diritti…).
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Dalle prime due fasi deriva quella di traduzione operativa delle precedenti, chiamando a contribuire tutte le funzioni e le competenze utili della banca e dei suoi collaboratori. E una quarta fase di monitoraggio, decisiva. Questo è un momento chiave, poiché include la complessità di definire e valutare – sul medio lungo termine e periodicamente – l’impatto sociale.
La teoria, qui, lascia il posto alla verifica sul campo, con l’obiettivo di calcolare l’impatto effettivo e potenziale, diretto e indiretto, su due fronti. Quello delle azioni (prodotti e servizi finanziari, consulenze e attività di formazione e accompagnamento…) e quello dei reali e potenziali destinatari di queste azioni (soggetti economici di natura differente: imprese, cooperative, ong, istituzioni…). E dai risultati del monitoraggio nasce l’ultima fase, l’opportunità di incrementare l’impatto sociale prodotto sulla realtà, affinando strategie, design, azioni e monitoraggio.
Pensando ai risparmiatori e a contagiare i “cattivi” della finanza globale
Ciò che emerge è perciò un modello circolare virtuoso, come è definito nell’articolo. Un insieme di buone prassi che implica «uno sforzo organizzativo continuo per migliorare i processi gestionali attraverso l’apprendimento e l’analisi degli output dell’impresa e l’adattamento costante a un ambiente in cambiamento», sintetizzano gli autori.
E l’ambizione – fondata sui buoni risultati registrati nei report annuali – è senz’altro mostrare ai risparmiatori che esiste un modo sostenibile ed efficace di gestione finanziaria. Ma non solo. L’auspicio più alto è che questo modello contagi anche chi non è parte di GABV. O addirittura quelle banche e istituzioni finanziarie che faticano ad allontanarsi dalla logica del puro profitto. Poiché, sottolineano ancora gli autori, «I risultati di questo articolo possono, in particolare, avere implicazioni pratiche per tutti i tipi di istituzioni finanziarie desiderose di migliorare il modo in cui affrontano le sfide sociali e, in definitiva, aumentare il loro impatto sociale».