La finanza sostenibile salverà il Pianeta e ci farà uscire dalla crisi? L’Ue ci sta lavorando

La Commissione europea da 4 anni è al lavoro per "costruire" definizioni chiare e standard uniformi riguardo la finanza sostenibile. Facciamo il punto

La Commissione europea punta sulla finanza sostenibile per portarci fuori dalla crisi e per salvare il Pianeta dal cambiamento climatico. Ma servono regole chiare, l'Ue le sta definendo © drante/iStockPhoto

Per contrastare i cambiamenti climatici e salvare il Pianeta servono soldi, molti. E regole rigide e impegni seri. Servono soldi, e molti, anche per uscire dalla durissima crisi economica, oltre che sanitaria e sociale, scatenata dal Covid-19.

Fondi pubblici, certo, come ad esempio quelli stanziati con il NextGenerationEU: 750 miliardi di euro (1.800 miliardi, aggiungendo anche il bilancio ordinario) per uscire dalla crisi e per «un’Europa più ecologica, digitale e resiliente», dichiarano dall’Ue. Ma anche capitali privati, che, secondo la Commissione europea, devono essere orientati verso il finanziamento di progetti che favoriscano una «crescita economica sostenibile». Fondi che dovranno essere reperiti dalla finanza sostenibile.

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha presentato ieri il piano per il Green New Deal Europeo. Foto: EP CC-BY-4.0: © European Union 2019
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen © European Union 2019

L’Ue scopre la finanza sostenibile

E così la finanza sostenibile esce dal cassetto. Per decenni è stato un settore di nicchia, coltivato e promosso solo da alcune banche e società finanziarie etiche e sostenibili in tutto il mondo. Adesso esce alla ribalta. E a puntare i riflettori su questo modo diverso di fare finanza è la principale istituzione europea, la Commissione, che a partire dal 2016 si rende conto che è una risorsa a cui attingere per far virare l’economia verso un futuro sostenibile.

Gli investimenti sostenibili fanno il boom e in dieci anni il valore delle azioni delle società impegnate nella sostenibilità è triplicato. Non solo, si scopre che le banche etiche sono più “affidabili” di quelle tradizionali: più solide, redditizie e propense ai prestiti all’economia reale.

Occorre una definizione condivisa di “finanza sostenibile”

Così oggi ci troviamo nella situazione in cui non c’è impresa che non si definisca “sostenibile”, che non si faccia vanto di questo o di quell’intervento in favore di una autodichiarata “sostenibilità”. Ma cosa significa essere “sostenibili”? E cos’è la finanza sostenibile? È questo il problema, si potrebbe rispondere.

Le definizioni si sovrappongono. In linea generale è un modello di finanza che tiene in considerazione, oltre al profitto, anche fattori come la tutela dell’ambiente, le problematiche sociali, una buona gestione aziendale. Nello specifico, però, esistono molti modi diversi di declinarla. E criteri diversi per poter essere ammessi a questo mercato. Si può dire che ogni operatore crei il suo standard. Difficile, quindi, per un piccolo risparmiatore districarsi in un tale ginepraio di definizioni e di criteri soggettivi. E difficile paragonare le diverse offerte di investimenti sostenibili. Facile, invece, per un’azienda usare questa confusione per fare del greenwashing. Per definire sostenibile la propria attività o la propria offerta finanziaria.

Ed è proprio su questo che la Commissione europea è al lavoro da oltre quattro anni: per cercare di fare chiarezza in un settore che al momento considera strategico per il futuro del mondo intero.

Il Piano d’azione della Commissione europea per la finanza sostenibile

Nel marzo del 2018 la Commissione europea ha lanciato l’Action Plan on financing sustainable growth: un strategia a tappe forzate che fissa un’ambiziosa serie di interventi normativi per porre dei paletti precisi in questo settore.

In particolare le misure annunciate dalla Commissione nell’Action Plan puntano a:

  • orientare i flussi di capitale verso investimenti sostenibili;
  • gestire in modo più efficace i rischi finanziari che derivano dal cambiamento climatico, dal consumo di risorse, dal degrado ambientale e dalle disuguaglianze sociali;
  • migliorare la trasparenza e incoraggiare un approccio di lungo periodo delle attività economico-finanziarie

In tre anni le istituzioni europee hanno proceduto a un ritmo piuttosto sostenuto anche grazie al lavoro del Technical Expert Group (TEG) on Sustainable Finance, un gruppo di esperti incaricati di elaborare linee guida e proposte su alcune misure contenute nell’Action Plan. A cui ha fatto seguito il lavoro a settembre 2020 la Piattaforma per la finanza sostenibile, per portare a termine il lavoro per dare un corpo legislativo alla finanza sostenibile

A che punto siamo arrivati?

Ora siamo arrivati a un momento cruciale. Una serie di nuove normative europee è ai blocchi di partenza: in particolare le norme per la rendicontazione degli investimenti sostenibili (il regolamento 2019/2088), entrato in vigore il 10 marzo scorso. E la Tassonomia della finanza sostenibile (il regolamento 2020/852), in vigore dallo scorso giugno, ma per il quale mancano ancora gli atti delegati).

Vediamo ora, uno alla volta, le norme a cui sta lavorando l’Ue. E a che punto è arrivata.

La tassonomia: chi può dire di essere “sostenibile”?

Un impianto fotovoltaico è ambientalmente “sostenibile”? Lo è un’azienda agricola? E un cementificio? Quali parametri devono rispettare le diverse attività economiche per essere considerate “a basso impatto ambientale”? 

La Commissione europea sta cercando di fare chiarezza a riguardo, con la “Tassonomia delle attività sostenibili”, la classificazione delle attività economiche che possono essere definite, appunto, “sostenibili” per l’ambiente. «Una guida pratica – scrive la Commissione  – per politici, imprese e investitori su come investire in attività economiche che contribuiscano ad avere un’economia che non impatti sull’ambiente». Il perno di tutto il lavoro dell’Ue attorno alla finanza sostenibile.

La legge c’è: è stata scritta, approvata ed è entrata in vigore il 22 giugno 2020. Ma mancano i dettagli, cioè i criteri tecnici per stabilire a quali condizioni un’attività possa essere definita sostenibile. Avrebbero dovuto essere pubblicati a fine 2020, ma non è stato possibile. Una decina di Stati (Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia) poco convinti delle indicazioni di Bruxelles hanno ottenuto un rinvio.

I criteri tecnici, redatti dalla Piattaforma per la finanza sostenibile, erano stato sottoposti a una consultazione pubblica, che si è chiusa il 18 dicembre con 46.591 commenti e migliaia di pagine di feedback. La proposta finale è stata così ritardata senza un’indicazione precisa di quando uscirà.

Le lobby che rappresentano i settori che resterebbero esclusi dalla tassonomia si sono messe di traverso. Contestati in particolare l’esclusione del gas come combustibile “di transizione”, ma anche le norme strumenti riguardo l’uso delle foreste. 

Nuovi obblighi per chi propone investimenti responsabili

La Commissione europea ha messo ordine direttamente anche sugli investimenti sostenibili, imponendo agli operatori finanziari che li propongono nuovi obblighi di informazione (disclosure).

Il regolamento per la rendicontazione della sostenibilità dei servizi finanziari (SFDR, Sustainability‐related disclosures in the financial services,  regolamento UE 2019/2088), adottato a fine novembre 2019, richiede ai consulenti finanziari e agli investitori istituzionali di comunicare se e come i prodotti che vendono nei mercati dell’Unione Europea integrano considerazioni sui temi di sostenibilità.

Gli istituti finanziari sono tenuti a divulgare informazioni su come integrano i rischi ESG (ambientali, sociali e di governance) e come prendono in considerazione gli impatti negativi delle proprie politiche d’investimento su ambiente e temi sociali.

Si tratta di una norma importante, al di là degli obblighi per gli operatori coinvolti, perché, per la prima volta, chiarisce cosa si intende per “investimento sostenibile” dal punto di vista ambientale e sociale. Per poter essere applicate dagli investitori, le disposizioni necessitano di precisazioni tecniche, dette Standard Tecnici di Regolamentazione (o Regulatory Technical Standard – RTS) su cui sono al lavoro le autorità europee di vigilanza per banche, imprese assicuratrici, investitori previdenziali e mercati (European Supervisory Authorities – ESAs).

La versione finale dei RTS avrebbe dovuto essere pronta entro la fine del 2020. Ma così non è stato, neanche in questo caso.

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Gli investimenti sostenibili in dieci anni hanno visto un vero e proprio boom: il valore delle azioni delle società impegnate nella sostenibilità è triplicato © Galeanu Mihai/iStockPhoto

Nuovi standard per i green bond

Tra le norme a cui sta lavorando la Commissione europea c’è anche un sistema di criteri condivisi a livello europeo per l’emissione di obbligazioni verdi.

A marzo 2020 il Teg, assieme al final report sulla Tassonomia, ha pubblicato una “Usability guide” per il nuovo Eu green bond standard (Eu-Gbs).  Secondo le proposte elaborate dal Teg l’adesione allo standard è volontaria; il quadro di criteri è compatibile con gli altri standard attualmente diffusi sui mercati internazionali, come i Green Bond Principles di ICMA e la tassonomia.

La Commissione sta valutando come concretizzare le proposte avanzate dal Teg, anche attraverso atti legislativi.

Anche le imprese devono dare conto del proprio impatto ESG

Dal 2018 società quotate, banche e imprese assicuratrici sono obbligate dall’Ue a rendere conto del proprio operato non solo in ambito finanziario, ma anche sociale e ambientale. Un obbligo previsto dalla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria. La direttiva ha imposto a banche, assicurazioni e imprese con oltre 500 dipendenti (i cosiddetti “enti di interesse pubblico”) di comunicare informazioni relative ai temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione. 

A gennaio 2019 il Teg ha pubblicato un rapporto con una proposta di linee guida su come rendicontare l’impatto sui cambiamenti climatici delle categorie coinvolte. Fino a quel momento erano obbligate a farlo ma non era specificato come.

Sulla base delle raccomandazioni elaborate dal TEG e di feedback ricevuti dal mercato, a giugno del 2019 la Commissione ha introdotto linee guida per le aziende su come comunicare agli investitori le informazioni sui cambiamenti climatici. Queste indicazioni non sono vincolanti e rappresentano un supplemento alle linee guida per la disclosure che già accompagnavano la DNF. 

Ma dall’anno scorso la Commissione Ue sta lavorando a un aggiornamento sulla direttiva riguardo la rendicontazione non finanziaria, per uniformare gli standard di informazione. E ha previsto una decisione sulla proposta di revisione entro il primo trimestre del 2021.