A Tokyo i robot diventano camerieri e creano lavoro per i malati di SLA

Una fondazione giapponese ha ideato robot comandati a distanza da disabili gravi. Obiettivo: ridurre la solitudine e mantenerli attivi nella società

Andrea Vecci
Andrea Vecci
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Spesso ci siamo occupati dell’impatto che la rivoluzione digitale e l’automazione potranno avere su mansioni ripetitive che non richiedono personale specializzato. Nel breve periodo è improbabile però che l’intelligenza artificiale e la robotica spinta eliminino completamente interi settori industriali. Sarà molto complesso, ad esempio, rimpiazzare gli esseri umani con le macchine in quei lavori basati sulla relazione e la cura, come l’assistenza sanitaria.

Una via per nuovi processi

A Tokyo, in Giappone, la società di robotica Ory Laboratories ha introdotto alcuni robot camerieri all’interno dell’Avatar Cafè Dawn della Nippon Foundation, una fondazione che si occupa di innovazione sociale.

Gli autori di questa iniziativa vedono nell’intelligenza artificiale non solo uno strumento per liberare il tempo degli uomini e ottimizzare il servizio ai tavoli, ma per abilitare nuovi processi che, in sua assenza, sarebbero antieconomici. I camerieri-robot, infatti, sono controllati a distanza da persone affette da Sclerosi Laterale Amiotrofica, SLA, persone paralizzate a casa e in ospedale.

Il video dimostrativo del progetto dei camerieri-robotNell’aprile 2016 è iniziata la produzione dei robot-camerieri OriHime-D, parallelamente allo sviluppo della applicazione di controllo remoto, che offre all’utente una varietà di modi per utilizzare il robot in rapporto alle proprie capacità. Anche se paralizzato è possibile controllare l’avatar-robot, muovendo gli occhi, così da poterlo guidare in una passeggiata all’aperto con la propria famiglia, usarlo per compensare l’assenza di linguaggio del corpo, fargli battere le mani, ripetere frasi.

I test per far interagire uomini e robot Il test su 10 disabili gravi

Durante il periodo di test all’Avatar Cafè Dawn uno staff di 10 persone con disabilità grave, selezionate tra 30 candidati provenienti da tutto il Giappone, hanno lavorato a turni attraverso robot umanoidi, stando ciascuno a casa propria e prendendo gli ordini, consegnando succo di frutta e caffè ai clienti seduti nel bar. Il compenso è stato di 1.000 yen ($ 8,80) l’ora: una paga standard per il lavoro part-time in Giappone.

Più importante del compenso, è la prospettiva di una nuova indipendenza, quella di poter affrontare i problemi causati dalla solitudine attraverso l’uso di un avatar.

Il test è durato circa due settimane. Grazie ad esso, la Nippon Foundation ha lanciato un crowdfunding con l’obiettivo di disporre di una simile struttura in modo permanente entro il 2020, quando Tokyo ospiterà i Giochi olimpici e paraolimpici.

Il robot-avatar diventa quell’interfaccia che consente di superare il proprio fardello causato dalla disabilità, accorciare le distanze e partecipare attivamente alla società: una nuova proiezione di sé per incontrare gli altri, una rivoluzione di prospettiva per una persona con disabilità.