Non sarà certo Abdullah Ibhais a impedirci di sognare Qatar 2022
Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio
Non sono solo le plusvalenze a fare male al pallone. Un altro grandissimo nemico del meraviglioso mondo del calcio è Abdullah Ibhais, ex direttore della comunicazione per i Mondiali di Qatar 2022, che ha osato riconoscere le proteste dei lavori impiegati nella costruzione dei nuovi stadi. E per questo è stato giustamente arrestato dal regime teocratico qatariota e condannato a cinque anni di reclusione.
Da 21 giorni Abdullah Ibhais è in sciopero della fame, si sta lasciando morire. Si sono mosse anche Amnesty International e Human Right Watch per dire che il suo processo è stato una farsa, le prove di corruzione e sottrazione di fondi pubblici portate dall’accusa fabbricate in malo modo. Ma nulla da fare. La Fifa, che già dai tempi del gatto e la volpe Blatter e Platini ha sempre visto di buon occhio le iniezioni di petrodollari nel pallone, ogni tanto finendo in piccoli scandali di tangenti e corruzione, tra cene eleganti e conti esteri, non ci sente: Abdullah Ibhais fa male al calcio.
D’altronde il Qatar per i Mondiali invernali – all’epoca nessuno sapeva che in estate avrebbe fatto troppo caldo, alla Fifa si occupano di calcio mica di geografia – ha dichiarato di aver speso già 6,5 miliardi nei nuovi stadi. Senza contare gli 800 milioni pagati in tangenti proprio alla Fifa per farsi assegnare il torneo. Cosa volete che siano quindi gli oltre 6mila lavoratori morti negli ultimi dieci anni nei cantieri edili deputati alla costruzione di questi nuovi e meravigliosi stadi?
Lavoratori che spesso sono migranti cui, per le leggi del Paese, viene requisito il passaporto e tolto ogni diritto. Vivono in condizioni di indigenza e miseria e se crepano sono buttati come bestie ai lati della strada. Un piccolo inciampo sul luminoso sentiero che porta al sol dell’avvenire dei Mondiali di calcio. Una strada lastricata di sangue e corruzione che non deve essere minimamente disturbata dalle proteste, come quelle clamorose del 2019, e da personaggi come Abdullah Ibhais che le hanno portate alla luce a loro rischio e pericolo.
La Fifa lo sa, per questo tace. E anche noi, come la Fifa, stiamo zitti. A noi interessa solo che l’Italia si qualifichi agli spareggi di marzo. E non vediamo l’ora che il fischio dell’arbitro decreti l’inizio dello spettacolo di Qatar 2022. D’altronde, come diceva James G. Ballard, le fondamenta di ogni spettacolo sono fatte di sangue, morte e atrocità. L’importante è fare finta di non saperlo, e tacere.