Elezioni europee | Ambiente e clima: cosa dicono i programmi?
Abbiamo analizzato i programmi dei gruppi politici alle prossime elezioni europee per capire la qualità delle politiche ambientali proposte
L’8 e 9 giugno, i cittadini europei saranno chiamati alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento europeo. Tra le tematiche più urgenti e discusse ci sono le questioni ambientali, o almeno dovrebbero esserci. Politiche di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici, transizione energetica, mobilità sostenibile e riduzione dell’impronta carbonica.
Ogni gruppo politico sta presentando le proprie strategie e soluzioni per affrontare queste sfide cruciali, spiegando ai potenziali elettori come intende agire concretamente per il futuro del nostro pianeta. Alcuni di più e alcuni di meno. Ora, la domanda che ci siamo posti è: quali sono le principali proposte sul clima dai vari candidati alle elezioni europee? C’è qualcuno che propone come finanziare la transizione, magari attraverso una tassa sugli extraprofitti di banche e società private? Vediamo cosa dicono i vari gruppi politici.
Gruppo del Partito popolare europeo (PPE)
Iniziamo dal gruppo parlamentare che in questo momento detiene la maggioranza del Parlamento europeo, con 176 seggi. Il Gruppo del Partito Popolare Europeo che, lato italiano, tra i suoi membri conta Forza Italia. Le informazioni sul loro programma elettorale sono contenute nel Manifesto presentato agli stati generali del Partito che si sono tenuti a marzo a Bucarest, in Romania.
Gran parte degli impegni ambientali fanno riferimento al Green Deal. Principale eredità rivendicata con molta fierezza dal gruppo, che sottolinea quanto il perseguimento di tale politica abbia permesso di ridurre le emissioni. E allo stesso tempo dato slancio alla crescita economica. La visione che il Ppe riserva all’ambiente è infatti molto economico-centrica.
Usando le parole del Manifesto, il gruppo afferma che è necessario trasformare «l’agenda climatica in agenda economica». Le parole chiave sono «indipendenza energetica», «sovranità e resilienza» e appunto «neutralità tecnologica». Ovvero: ogni tecnologia è ben accetta se centra lo scopo di ridurre le emissioni. Su questo, non ci sono divieti che tengano. L’importante è l’obiettivo generale: meno 55% di emissioni entro il 2030 e diventare neutrali dal punto di vista climatico al 2050. È il famoso pacchetto Fit for 55%.
Nel programma del Gruppo del Ppe c’è spazio anche per l’efficienza energetica degli edifici e l’indipendenza europea in termini di terre rare. Primo tra tutti il litio, soprattutto per quanto riguarda le batterie, per le quali è necessario anche sviluppare il settore del riciclo «per ridurre il consumo complessivo di energia».
Insomma, le risorse sono sempre più cruciali e la concorrenza economica è necessaria all’innovazione. «Promuoveremo una strategia comune europea per le risorse per il futuro delle innovazioni, identificando le risorse esistenti a livello mondiale. E utilizzandole in Europa promuovere la diversificazione ed evitare la dipendenza dai paesi terzi», si trova scritto nel Manifesto. I paesi terzi non sono solo i paesi dell’Africa o dell’America Latina, ma soprattutto la Russia di Putin «o di qualsiasi altro autocrate».
Alleanza progressista socialisti e democratici (S&D)
Il secondo gruppo in termini di rappresentanza all’Europarlamento è quello dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), con 139 seggi. È il gruppo che accoglie il Partito Democratico (Pd) italiano. Il programma sul sito parte anch’esso dal Green Deal come punto di riferimento. Premettendo che c’è ancora molto da fare, soprattutto sulle questioni sociali e legate al mondo del lavoro.
Oltre a generici rimandi all’agricoltura sostenibile e alla giustizia sociale, tra le priorità ambientali del gruppo S&D ci sono la Nature Restoration Law, la coesione sociale e l’attuazione di un Pilastro europeo dei diritti sociali, che mira a promuovere condizioni di lavoro eque e benessere sociale.
Se il PPE non va molto nel dettaglio, i socialdemocratici sottolineano la necessità di attuare una politica economica progressista che affronti non solo l’inflazione ma anche gli squilibri sociali e ambientali. Il Pilastro europeo dei Diritti Sociali e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dovrebbero guidare le riforme e gli investimenti in materia.
Gruppo Renew Europe
Il gruppo liberale europeo, di cui sono membri gli italiani Azione, +Europa e Italia Viva, ha pubblicato un breve programma online dove si punta molto sulla concorrenza europea. Sulla riduzione dalla dipendenza energetica e delle materie prime da aree extraeuropee. Particolare attenzione è dedicata al tema della «decarbonizzazione delle catene di approvvigionamento». In particolare alluminio e acciaio. Mentre due articoli del programma sono dedicati all’indipendenza energetica e all’economia circolare.
Anche su questi due temi, però, i rimandi sono piuttosto generici. Come la necessità di espandere le rinnovabili al fine di raggiungere la quota del 45% della domanda complessiva di elettricità. O la necessità di ridurre il consumo di energia dell’11,7%. «Anche gli edifici residenziali e non residenziali non pubblici dovranno installare pannelli solari sui loro tetti, pompe di calore e aumentare le loro prestazioni energetiche attraverso la ristrutturazione», specifica il programma.
Infine, da segnalare un passaggio del programma dove viene specificato come l’Ue dovrebbe fornire incentivi economici per sostenere la transizione verso l’economia circolare. Eliminando i sussidi che distorcono il mercato e sostenendo i modelli aziendali che riducono l’uso delle risorse. Ma questo è il massimo del grado di dettaglio.
Gruppo Verdi/ALE (Alleanza libera europea)
Una volta si poteva muovere la critica ai partiti ambientalisti perché troppo utopici. Con i tempi (e il clima) che corrono, sono gli quelli che appaiono più realisti. Nel gruppo dei Verdi europei (di cui fanno parte gli italiani di Europa Verde) tutto è ambiente. Settantatré pagine di programma servono a spiegare la visione ambientale di un partito che per sua natura da sempre abbraccia le istanze climatiche. Senza tralasciare quelle sociali e economiche.
Termini come «transizione» e «riduzione delle emissioni» appaiono in ogni riga del programma. Focalizziamo quindi l’attenzione su quali siano le proposte dei Verdi in fatto di finanziamento della transizione. Dato che – a differenza degli altri gruppi – sono quelli che ne parlano meglio e in modo più dettagliato.
Nelle sei pagine di programma dedicate al tema specifico (una lunghezza che supera, da sola, l’intero programma dell’estrema destra), premesso che gli investimenti devono allontanarsi dal gas e dal nucleare, come invece è previsto dalla attuale tassonomia verde, i Verdi propongono di destinare ogni anno almeno l’1% dell’intero Pil europeo a un fondo per la transizione ambientale e sociale.
L’elenco per finanziare la transizione è lungo. Include più investimenti sia da parte degli Stati sia da parte della Banca Centrale Europea. Alla Bce si chiede poi che applichi tassi differenziati a seconda che l’investimento sia green oppure fossile. E poi c’è il tema fiscale. Un sistema più equo, che oltre a lottare contro i paradisi fiscali, estenda la carbon tax (quindi le emissioni sui prodotti importati) a tutti i settori industriali, plastica compresa.
Introduca una patrimoniale a livello europeo, un’imposta sugli extra-profitti delle società energetiche, di quelle che commerciano in materie prime e delle banche. E una tassa sulle transazioni finanziarie. E infine obblighi tutte le attività del settore bancario a rispettare la Direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità. Rispettando attraverso i propri investimenti i diritti umani e ambientali .
Gruppo della Sinistra al Parlamento europeo – GUE/NGL
Combattere il fascismo e la povertà sono le priorità del Gruppo della Sinistra europea, di cui fa parte Rifondazione Comunista e di cui Sinistra Italiana è membro osservatore. Ma c’è molto spazio anche per la transizione ambientale, in chiave sociale e economica. Nel suo Manifesto, infatti, la Sinistra europea pone l’accento su dove prelevare i soldi. Dall’abolizione del patto di stabilità a una modifica sostanziale delle politiche bancarie in seno alla Banca Centrale Europea.
Per un cambio di passo della Bce le proposte sono molte. A partire dai bassi interessi (anche zero) per le compagnie che riducono le proprie emissioni (e creano buoni posti di lavoro). Fino ad alzare invece i tassi, e introdurre penali, per chi taglia posti di lavoro, delocalizza e aumenta le emissioni. In una parola, per chi specula.
La Bce è chiamata in causa anche nella proposta che prevede l’istituzione di un fondo a tasso zero guidato con una governance democratica e pubblica. Un fondo che investa massicciamente in settori pubblici quali trasporti, sanità, istruzione e welfare. Il tutto, con un punto di vista ecologico.
Gruppo dei Conservatori e riformisti europei (ECR)
Il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, di cui fa parte Fratelli d’Italia, punta più alla sovranità degli stati membri e alla loro identità che non all’ambiente. Qualche accenno alla transizione c’è, ma non è dei più virtuosi. Nel senso che, dicono, per adottare la decarbonizzazione: «Non possiamo accettare la desertificazione industriale di intere regioni. Seguita da una migrazione economica per nuovi posti di lavoro che appaiono solo in alcuni centri del continente, grazie ai sussidi degli Stati membri con maggiori capacità fiscali».
Le politiche ecologiche devono essere combinate con la crescita economica, la competitività e la sicurezza. Particolare attenzione al settore automobilistico, nello specifico per il settore del trasporto privato e a combustione endotermica. I Conservatori citano anche le emissioni. Obiettivi? «L’ECR darà priorità al raggiungimento degli attuali obiettivi climatici prima di prenderne in considerazione altri». Come dire che la neutralità climatica al 2050, ora, non può essere un obiettivo da prendere davvero in considerazione.
«L’ECR contesterà fermamente i piani volti a ridurre le emissioni di gas serra del 90% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2040. In un contesto di sfide globali senza precedenti, di aumento dei prezzi dell’energia e dei costi della CO2, siamo preoccupati per la tempistica di questo ambizioso obiettivo climatico». Quello del 2050 sarebbe un obiettivo ambizioso, e per questo spaventa. Richiedere emissioni prossime allo zero «potrebbe incentivare le aziende e le catene di valore industriale a delocalizzare fuori dell’UE. Dove i costi di produzione sono generalmente più bassi». D’altronde, i conservatori sono coerenti con il proprio nome.
Gruppo Identità e democrazia
Il gruppo di riferimento della Lega spende davvero poche parole per ciascun argomento trattato, preferendo concentrarsi su identità nazionale e frontiere. E l’ambiente? Questo sconosciuto.