Ambienti di lavoro negativi: danni da un trilione di dollari e 84mila morti
Il calcolo è dell'Organizzazione mondiale della Sanità. Tra le malattie mentali più diffuse, ansia e depressione. Investire in prevenzione produrrebbe enormi vantaggi. Economici e sanitari
«Il lavoro fa bene alla salute mentale, ma un ambiente di lavoro negativo può portare a problemi di salute fisica e mentale».
A dirlo, con innegabile chiarezza, una nota dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) che, già nel 2017, stimava in un trilione di dollari l’anno (cioè un miliardo di miliardi) il costo per l’economia globale dovuto alla perdita di produttività relativo alla malattia mentale. Un freddo calcolo economico raggiunto ponendo una relazione diretta tra le problematiche legate all’occupazione e la diffusione delle sole ansia e depressione, che colpiscono milioni di persone.
Tralasciando per un attimo il tema della dis-occupazione, l’Oms poneva infatti l’accento sul fatto che cambiare ambiente lavorativo produce sì nuove opportunità di sviluppo professionale, espansione delle proprie reti e innovazione. Ma la portata e il ritmo del cambiamento possono non tenere conto del benessere delle persone, determinando problemi di salute fisica e mentale, abuso di alcool o altre sostanze, assenteismo e perdita di produttività.
84 milioni soffrono e l’Europa perde il 4% del suo Pil
A livello globale sono oltre 300 milioni le persone che soffrono di depressione, principale causa di disabilità intesa come DALY: Disability-adjusted life year, cioè il numero di anni persi a causa della malattia o per morte prematura. E secondo una ricerca mirata del 2010 i dipendenti con depressione registrano in media l’equivalente di 27 giorni di lavoro persi all’anno. 18 dei quali calcolati per una minore produttività, nove di malattia e problemi personali.
Un problema non trascurabile sia a livello individuale sia collettivo, viste le dimensioni del fenomeno. Stando a quanto riporta l’OCSE, infatti, più di una persona su sei in tutti Paesi Ue ha avuto un problema di salute mentale nel 2016. Una quantità di individui enorme, che corrisponde a circa 84 milioni di persone. Inoltre, nel 2015, sono state attribuite più di 84mila morti avvenute nei Paesi Ue alla malattia mentale e ai suicidi associati. Un panorama drammatico che produce spese enormi (non solo in Europa). E in cui i sorvegliati speciali – per una volta – sono decisamente i Paesi più a nord: Olanda, Islanda, Norvegia, Svezia.
Complessivamente si stima che i costi superino il 4% del Pil europeo. Più di 600 miliardi di euro. Ben 190 miliardi di euro (pari all’1, 3% del Pil) consisterebbero nelle spese dirette per l’assistenza sanitaria. Altri 170 miliardi di euro (1,2% del Pil) sono attribuiti ai programmi di sicurezza sociale. Mentre 240 miliardi di euro (1,6% del Pil) sarebbero dovuti ai costi indiretti che sul mercato del lavoro la salute mentale porta in termini di minore occupazione e minore produttività.
Gli USA non stanno bene: la salute mentale prima causa di malattia
E le cose non migliorano guardando al di là dell’Atlantico. Se si si pensa che, fuori dalla spesa dei pazienti ricoverati in istituto, gli americani nel 2013 pagavano per il trattamento e la cura delle malattie mentali 89 miliardi di dollari, secondo i dati del Bureau of Economic Analysis. Uno studio del 2008 rilevava invece che le gravi malattie mentali si traducono in 193 miliardi di guadagni persi ogni anno nel Paese.
La buona notizia è che il costo del trattamento della malattia mentale è cresciuto piuttosto lentamente (ad un tasso medio annuo del 3,1% dal 2000 al 2012, rispetto a una media del 4,4% per le altre categorie di malattie). Tuttavia i casi di malattia mentale trattati è lievitato ad un tasso di incremento medio annuo del 2,8% nello stesso periodo.
Tant’è che la salute mentale e i disturbi del comportamento sono tra le prime dieci principali cause di morte negli Stati Uniti, la principale causa di anni persi per disabilità e la principale causa di malattia.
Investire sul trattamento di ansia e depressione rende quasi 5 volte la spesa
Eppure esistono gli strumenti per intervenire. La questione è al centro di un piano 2013-2020 promosso dall’Oms, creato per orientare i piani d’azione nazionali indicando strumenti, pratiche e strategie. Un aiuto che si integra con un altro programma (mhGAP) che mira a potenziare i servizi per il trattamento dei disturbi mentali, neurologici e dell’abuso di sostanze stupefacenti. In particolare nei Paesi con reddito basso e medio.
Tanti segni di attenzione che, vista l’enorme platea di malati da considerare, devono fare i conti con un ragionamento sugli investimenti necessari. Un ragionamento emerso in uno studio pubblicato da «Lancet» nel 2016 (Scaling-up treatment of depression and anxiety: a global return on investment analysis) svolto su 36 Paesi.
Gli scienziati hanno stimato in 147 miliardi di dollari il valore netto degli investimenti necessari per il periodo 2016-2030 per una copertura efficace nel trattamento per i disturbi di ansia e depressione. Ma i rendimenti attesi da questo investimento sono notevoli. In termini di impatto sulla salute, il trattamento eviterebbe in 15 anni 73 milioni di casi di depressione e 45 milioni di casi di disturbi d’ansia.
Ciò porterebbe ulteriori 43 milioni di anni di vita in buona salute durante il periodo di investimento, producendo così 310 miliardi di dollari di valore. Ma non solo. Perché oltre ai vantaggi intrinseci connessi con il miglioramento della salute, si avrebbero anche grandi guadagni di produttività economica (230 miliardi di dollari per il trattamento della depressione e 169 miliardi di dollari per i disturbi d’ansia).