Donne ai vertici e tagli di stipendio. Strane coincidenze
Economia e finanza, sostantivi femminili. Eppure c'è ancora troppo poco di femminile nel mondo dell'economia e della finanza. Ogni lunedì un nostro commento
Parità di genere, soprattutto ai vertici aziendali, ed equità nelle paghe dei manager (cioè che non ci sia un divario eccessivo tra lo stipendio più alto e quello più basso in una stessa azienda). Sono due dei capisaldi per qualunque realtà economica che voglia essere sostenibile. E per qualsiasi investitore etico. Da anni, in particolare nel mondo della finanza, c’è un acceso dibattito su questi due temi. Così se accade che un colosso della finanza, molto attivo anche nella finanza sostenibile, faccia un passo avanti su entrambi i fronti, bisognerebbe festeggiare. O no? Ecco, non proprio, se, magari per pura coincidenza, i due risultati vengono raggiunti contemporaneamente. Se, cioè, come è accaduto (notizia di poche settimane fa), il colosso francese del risparmio Amundi ha scelto una donna, Valérie Baudson per ricoprire il ruolo di Ceo, e la stessa società ha deciso di tagliare del 33% lo stipendio del proprio Ceo, rispetto a quello del suo predecessore. Ecco che due potenziali buone notizie si trasformano in un autogol.
Sono anni che la finanza mondiale spinge per promuovere la diversità di genere. E proprio adesso che, in un mondo – quello di banche, assicurazioni e servizi finanziari – appannaggio degli uomini, finalmente viene nominata al vertice una donna, proprio adesso si decide che è il momento di tagliare la paga del Ceo. Una coincidenza davvero infelice.
Nel 2020 il precedente Ceo, Yves Perrier, aveva percepito 3 milioni di euro, di cui uno di fisso e due di variabile (e aveva devoluto la metà del suo bonus, un milione di euro, alle persone particolarmente colpite dalla pandemia). In linea con le “best practices” che incentivano il merito, Valérie Baudson percepirà un stipendio fisso e uno variabile, fino a un massimo di 2 milioni di euro al raggiungimento di determinati obiettivi. Non sono certo spiccioli, certo, ma comunque un terzo in meno di quanto guadagnava il suo predecessore.
Amundi, con 1,7 mila miliardi di asset in gestione, fa parte del gruppo Crédit Agricole, che a sua volta conta un folto numero di donne nelle posizioni apicali ed è stata pioniera nella sostenibilità e nell’applicazione di criteri Esg (Enviromental, social e governance, compresa la diversità di genere). Questa volta però una scelta, anzi due, che potevano essere festeggiate nell’ottica di una maggiore sostenibilità, lasciano davvero un sapore amaro. Bisognava proprio aspettare che fosse nominata “capo” una donna per mettere mano al suo portafoglio?