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Attenzione allo scalino

Tra la fase di start-up di un'impresa sociale e il suo sviluppo c'è un divario che non può essere riempito senza il supporto di strategie ...

Tre imprenditori sociali indiani, a partire dagli scarti del riso, producono e distribuiscono energia pulita nell’area più rurale dell’India. Hanno installato due impianti pilota che riforniscono 800 clienti. Nonostante l’attività sia promettente e ci sia una grande richiesta, hanno speso tutti i loro risparmi. E devono affrontare una serie di sfide: infrastrutture carenti, insolvenza dei clienti, assenza di personale qualificato e nessuna supply chain.

La maggior parte degli investitori evita casi come questo. Chi può, quindi, aiutare i tre imprenditori indiani a comprendere meglio i rischi, a diminuire l’interferenza dei vincoli esterni, a reperire i capitali necessari per crescere e, nello stesso tempo, migliorare le condizioni di vita della popolazione povera dell’area rurale attraverso l’accesso alla rete elettrica?

In questo dilemma di impresa chiamato pioneer gap, lo scalino del pioniere, entra in gioco l’impact investor. Le stime di JP Morgan e della Fondazione Rockefeller riportano un potenziale profitto per gli impact investor dai 183 ai 667 miliardi di dollari, a fronte di un capitale investito che va dai 400 ai 1.000 miliardi d idollari nei prossimi dieci anni. Al momento si contano circa 200 impact fund intutto il mondo.

Ma che cos’è l’impact investment? Si tratta di nuovi strumenti finanziari, anche di natura pubblica, per raccogliere finanziamenti privati destinati alle imprese sociali capaci di produrre un impatto sui commons, i beni comuni in senso lato, all’interno di sistemi economici rischiosi. La remunerazione non è garantita, ma è legata al raggiungimento di un impatto “sociale” come la riduzione della povertà o la realizzazione di economie più inclusive. I settori su cui si stanno concentrando sono le energie rinnovabili (vedi Valori di marzo 2013), la mobilità, la sanità e i rifiuti nei Paesi poveri.

La metrica dell’impatto, cioè il sistema in cui si misurano le ricadute sociali di un investimento, sono oggetto di studio internazionale. Come misurare le ricadute sociali di un investimento è oggetto di studio internazionale. Engaged Investment, impresa sociale inglese impegnata nello sviluppo etico del mercato finanziario, ha lanciato EngagedX, il primo indice open source e collaborativo, costruito dalle competenze degli operatori che stanno lanciando investimenti sociali, con una filosofia in stile wiki: maggiore è la trasparenza con cui saranno analizzati i dati finanziari aggregati e maggiore sarà la trasparenza nella remunerazione attesa dalle imprese sociali.

In Italia ci sono pochi attori nell’impact investing: Human Foundation, Fondazione Oltre e il neonato Opes Impact Fund. Un fondo non profit fondato da Fem, Acra, Ctm altromercato, MicroVentures e Fondazione Maria Enrica.

Ha già radunato innovatori di primo piano nel proprio advisory board e convinto Fondazione Cariplo a un investimento iniziale. Intende supportare le imprese sociali nella prima fase di vita, per colmare il pioneer gap.

Elena Casolari, la presidente, auspica una raccolta di 8 milioni di euro da trasformare in investimenti con tagli dai 50 mila ai 400 mila euro nei prossimitre anni. La disponibilità di partenza dell’impact fund è di natura filantropica. Per non creare distorsioni sul mercato, Opes investe nelle imprese sociali selezionate da Acra e Fem (e da altri partner internazionali non profit) attraverso: una donazione per sostenere le fasi di due diligence e di definizione delle metriche di impatto; una parte in capitale, con l’acquisto di azioni societarie; e una parte con un finanziamento a breve associato a un grace period deguato.

Opes non si dedicherà alle start-up ma a imprese sociali già avviate. In attesa di una normativa italiana che introduca strumenti di promozione dell’impresa sociale, i primi settori in cui Opes ha intenzione di investire saranno la sanità e le rinnovabili, in India e Uganda.

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