Banche europee bocciate sugli ESG? Da che pulpito viene la predica

Su incarico della Commissione europea, BlackRock dà le pagelle alle strategie delle banche in materia di ESG. Ma chi controlla il controllore?

Sono stati pubblicati i risultati dell'analisi condotta da BlackRock sull'integrazione dei fattori ESG da parte delle banche europee © Christian Wiediger/Unsplash

Per lungo tempo il settore della finanza ha avuto occhi solo per il profitto immediato, ma è arrivato il momento di cambiare e di fare proprio un modello di sviluppo più sostenibile. È una precisa responsabilità e in fondo è anche una scelta obbligata, visto che la crisi climatica e sociale a cui andiamo incontro minaccia la sopravvivenza stessa del sistema. Eppure, le banche europee hanno una conoscenza ancora molto superficiale dei rischi ambientali, sociali e di governance (ESG) che le coinvolgono in prima persona.

Lo dice un report voluto dalla Commissione europea per avere solide basi si cui formulare le future normative. Un documento molto delicato, insomma. Tant’è che è lecito farsi qualche domanda su quanto sia stato opportuno affidarlo a BlackRock, un colosso della finanza che è difficile ritenere imparziale e inattaccabile.

Le banche arrancano sull’integrazione dei rischi ESG

«L’integrazione complessiva dei fattori ESG nella gestione del rischio e nelle pratiche di investimento delle banche, nonché nella vigilanza prudenziale, è in una fase iniziale». La legislazione e le attività di regolamentazione a livello europeo hanno aiutato, così come le iniziative volontarie, ma «è necessario un ulteriore allineamento e coordinamento degli sforzi». Comincia così una sonora bocciatura, lunga 273 pagine, elaborata aggregando dati provenienti da fonti eterogenee. E sottoponendo questionari a banche, regolatori, organizzazioni della società civile e altri soggetti interessati.

Scendendo più nello specifico, si scopre che le banche non possono contare su «una definizione comune e granulare dei rischi ESG». E «non hanno ancora sviluppato una mappatura chiara» di come essi contribuiscano ai vari rischi finanziari. Pur essendo stati incaricati di occuparsi dei rischi ESG, i manager spesso non sono riusciti a mettere a terra una strategia degna di questo nome.

Se si considera anche che ciascun istituto di credito raccoglie i dati sui fattori ESG da fonti diverse, che l’esposizione ai rischi ESG è stata valutata solo con esperimenti pilota e che la loro presenza nei modelli di rischio e negli stress test è molto labile, ne emerge un quadro di generale impreparazione.

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BlackRock ha annunciato a inizio 2020 una “svolta verde”. Ma agli annunci non sono seguiti i fatti © Michael Vi/iStockPhoto

Il macroscopico conflitto di interessi di BlackRock

Un’analisi imponente, senza dubbio. Ma BlackRock è davvero nella posizione per esprimere certi giudizi? Stiamo parlando della società di investimento più grande al mondo, con un patrimonio gestito che supera gli 8.680 miliardi di dollari. Tra le società di cui è azionista ci sono, guarda caso, anche le grandi banche europee.

Le stesse che sono state passate al setaccio nelle 273 pagine del report. Le stesse che poi dovranno applicare le nuove regole scritte dalla Commissione europea. Un palese conflitto di interessi che è stato contestato anche dal Mediatore europeo, un organo a cui cittadini e imprese (in questo caso il movimento ChangeFinance) si possono rivolgere quando sospettano che un’istituzione sia amministrata in modo scorretto.

Questo per giunta non è l’unico scivolone in cui è incappata BlackRock. Nonostante le roboanti promesse del suo fondatore e presidente Larry Fink. Il dirigente ha assicurato che «i cambiamenti climatici sono divenuti per le società un fattore determinante da prendere in considerazione nell’elaborare le strategie di lungo periodo». E che «siamo sull’orlo di una completa trasformazione della finanza».

Eppure, il portafoglio del fondo è tutt’altro che verde. Lo sarà, forse, quando il fondo deciderà finalmente di liberarsi di quegli 85 miliardi di dollari di asset nel settore del carbone. O quando smetterà di esercitare un’azione di lobbying volta a rallentare quelle regole che, stando proprio alle pagine del suo stesso report, appaiono più che mai fondamentali.