Banche e combustibili fossili: investimenti doppi rispetto alle rinnovabili

Un report mostra come le banche finanzino i combustibili fossili oltre il doppio rispetto all’energia sostenibile, rallentando la transizione e minando gli obiettivi climatici

© Won-Ki/iStockPhoto

Tra il 2021 e il 2024 le 65 maggiori banche a livello globale hanno destinato ai combustibili fossili più del doppio dei fondi destinati all’approvvigionamento energetico sostenibile. E questo nonostante tutte le promesse fatte agli investitori. E tutti gli accordi internazionali sottoscritti. Il dato emerge da un report curato da Reclaim Finance, insieme a BankTrack, Beyond fossil fuels, Rainforest action network, ShareAction, Stand earth, Urgewald e al Wwf. Secondo il rapporto infatti, i maggiori istituti di credito globali nel quadriennio preso in esame hanno destinato solamente 1.368 miliardi di dollari all’approvvigionamento energetico sostenibile. Mentre nello stesso periodo ben 3.285 miliardi di dollari hanno finanziato i combustibili fossili.

Questo significa che per ogni dollaro destinato ai combustibili fossili solo 42 centesimi sono andati all’approvvigionamento energetico sostenibile. In un rapporto di 0,42:1. E questo dato non solo è ben lontano dal rapporto di 6:1 da raggiungere entro il 2030. Come indicato dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) nel suo scenario Net Zero, dove si chiede appunto che per ogni dollaro destinato ai combustibili fossili, almeno sei dollari debbano essere destinati alle fonti alternative. Ma anche dal più conservativo rapporto di 4:1 formulato da Bloomberg New Energy Finance (Bnef), verso il quale le banche dovrebbero essere diventate sempre più attente e ricettive.

Nessun segno di miglioramenti: tutte le banche sono in ritardo

A questo punto, scrive il rapporto, questi dati «sollevano seri dubbi sulla capacità degli istituti di credito di allineare la propria attività a un percorso di decarbonizzazione. E di raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050». Il primo problema evidenziato è la mancanza di ogni seppur minimo progresso. L’analisi dei flussi finanziari per l’approvvigionamento energetico sostenibile mostra infatti che questi hanno seguito le stesse fluttuazioni per i combustibili fossili. In pratica, dal 2021 al 2024, il valore annuo degli investimenti in energia sostenibile si muove da 0,40:1 a 0,4. Per poi salire 0,45 e infine calare leggermente a 0,42. Insomma, rimane praticamente sempre stabile. Le banche non si sono mosse.

E non si sono nemmeno date una mossa. In netto contrasto con l’allineamento alla traiettoria verso le zero emissioni nette, che richiede una riduzione del 60% dei finanziamenti annuali ai combustibili fossili entro il 2030. La cessazione immediata di ogni sostegno alla loro espansione e il raddoppio dei finanziamenti annuali alle alternative disponibili. Nello specifico fanno leggermente meglio le banche europee, con un rapporto medio 0,70:1 nel periodo considerato. Ovvero di 70 centesimi investiti in approvvigionamenti energetici sostenibili per ogni dollaro investito nelle fossili. Seguono le banche cinesi, con un rapporto di 0,52:1. E quelle giapponesi, con 0,35:1. Mentre in fondo a questa poco onorevole classifica si piazzano, come sempre, le banche statunitensi (0,25) e quelle canadesi (0,22).

«La transizione energetica rappresenta un’importante opportunità per le banche, ma queste continuano a concentrarsi nella direzione sbagliata. Le banche più grandi del mondo non stanno facendo abbastanza per sostenere il passaggio dai combustibili fossili alle fonti alternative sostenibili», ha spiegato Rémi Hermant, di Reclaim Finance. «Sebbene le banche europee siano leggermente in vantaggio, non possono affermare di sostenere la transizione energetica continuando a finanziare le attività come al solito. Le banche devono agire di conseguenza: abbandonare i combustibili fossili e aumentare i finanziamenti per le fonti alternative sostenibili».

Alle banche manca un piano per raggiungere gli obiettivi che si prefiggono

Altro problema, sottolinea il rapporto, è che rimangono tutta una serie di interrogativi sul modo in cui le banche calcolano il loro Indice di finanziamento per l’approvvigionamento energetico (Esfr). Questo è un parametro fondamentale per valutare il contributo alla transizione energetica. Alcune banche infatti stanno escludendo settori chiave, come i terminali Gnl. Altre le centrali elettriche a gas. E questa è cosa buona e giusta. Ma il punto è che tra le alternative tra loro proposte per i finanziamenti “a basse emissioni di anidride carbonica” si trovano diverse opzioni non sostenibili dal punto di vista ambientale, come la biomassa. Addirittura, per fare un esempio, JPMorgan Chase include persino le centrali elettriche a combustibili fossili con cattura di CO2 come se fossero “a basse emissioni di carbonio”.

Inoltre, e questo è un altro problema, le banche non spiegano né dimostrano come intendono allineare le loro attività di finanziamento energetico al percorso verso le zero emissioni nette. «Finora, molte banche hanno fissato obiettivi di intensità per il settore energetico. Ma pochissime dimostrano come ciò influenzerà il modo in cui finanziano il settore. Devono farlo definendo un obiettivo di finanziamento basato su un ambito incentrato su soluzioni sostenibili e collegato a un indice di finanziamento dell’approvvigionamento energetico», spiega infatti il rapporto. Che poi aggiunge come solo otto banche abbiano fissato un obiettivo di finanziamento dedicato al settore energetico. E solo quattro banche, sulle sessantacinque prese in esame, pubblicano il proprio indice Esfr.

Raccomandazioni finali «per cambiare rotta»

Infine, il rapporto si concentra su alcune raccomandazioni finali per banche verso l’azzeramento delle emissioni. Innanzitutto si chiede di definire degli obiettivi finanziari specifici per il 2030. E nel mentre di adottare politiche settoriali per l’energia che «definiscano un chiaro ambito di alternative sostenibili ai combustibili fossili e criteri di restrizione per garantire la cessazione immediata di ogni sostegno all’espansione dei combustibili fossili». Poi chiede che questi criteri coprano tutti i prodotti e servizi, lungo l’intera catena del valore. Per evitare i soliti giochetti sui finanziamenti indiretti. Infine, il rapporto raccomanda alle banche la massima trasparenza. Ovvero di pubblicare annualmente un rapporto loro sul finanziamento dell’approvvigionamento energetico.

«Per anni, il rapporto Banking on Climate Chaos ha monitorato le centinaia di miliardi di dollari che le più grandi banche del mondo hanno investito nei combustibili fossili. Ora, questa nuova analisi mostra che le banche non riescono a raggiungere i risultati sperati su entrambi i fronti dell’equazione del finanziamento della transizione energetica. Non solo si aggrappano al finanziamento dei combustibili fossili. Ma trascurano anche di investire nell’energia sostenibile, lasciando la transizione sottofinanziata e fuori strada», ha detto Allison Fajans-Turner di Rainforest Action Network. «Per cambiare rotta, le banche devono immediatamente interrompere i finanziamenti per l’espansione dei combustibili fossili e incanalare capitali consistenti nella fornitura di energia pulita credibile».

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