Sul «benessere» Italia indietro in Europa

Indicatori complessivamente in crescita nell'ultimo rapporto Istat sul Bes-Benessere Equo e Sostenibile in Italia. Male, però, sull'ambiente

Andrea Di Turi
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Andrea Di Turi
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C’è chi lo considera uno dei discorsi più belli di tutti i tempi. Il problema è che da allora è passato mezzo secolo abbondante e poco è cambiato. Stiamo parlando del discorso tenuto da Bob Kennedy all’Università del Kansas, nel marzo 1968, dove diceva: «Misura tutto, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta». A cosa si riferiva? Al PIL, il Prodotto Interno Lordo

Andare oltre la “dittatura” del PIL

Già allora il PIL era al centro delle politiche nazionali e internazionali, per non dire delle ossessioni di ogni governo. Tant’è che si parla di “dittatura del PIL” per significare che sull’altare della crescita del PIL tutto o quasi viene sacrificato.  Eppure il suo stesso inventore, l’economista Simon Kuznets (premio Nobel per l’Economia nel 1971), aveva avvertito: non è un indicatore di benessere ma una grandezza macroeconomica che misura il valore dei beni e servizi finali prodotti in un Paese in un dato periodo.

Nel tempo le iniziative per andare oltre il PIL sono state molteplici. Fra chi ha provato se non a sostituirlo quanto meno ad affiancarlo con altri indicatori c’è l’Istat, che con il CNEL anni fa ha sviluppato il BES, indicatore del Benessere Equo e Sostenibile: una misura dei progressi di un Paese sotto il profilo sociale e ambientale, oltre che economico. La qualità della vita e dell’ambiente, insomma. 

Com’è fatto il Bes

A metà aprile l’Istat ha presentato il Rapporto Bes 2023, l’undicesimo, che restituisce la fotografia (inclusi tendenze, livelli di disuguaglianze, confronti col periodo pre-pandemia) del benessere degli italiani. Il Bes utilizza 152 indicatori, raggruppati in 12 aree, o domini:

  • Salute
  • Istruzione e formazione
  • Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
  • Benessere economico
  • Relazioni sociali
  • Politica e istituzioni
  • Sicurezza
  • Benessere soggettivo
  • Paesaggio e patrimonio culturale
  • Ambiente
  • Innovazione, ricerca e creatività
  • Qualità dei servizi.

Più della metà degli indicatori sono stati aggiornati al 2023. Nel complesso, sia rispetto all’anno di rilevazione precedente, sia a confronto con il 2019, ultimo anno prima della pandemia, il loro andamento è positivo. Ci sono però due aree dove il peggioramento è stato netto. Una è la Sicurezza, l’altra è quella fondamentale per il contrasto alla crisi climatica: l’Ambiente.

Più emissioni, meno rinnovabili: a passo di gambero contro la crisi climatica

In peggioramento c’è ad esempio un indicatore fondamentale come la qualità dell’aria: le percentuali dei superamenti delle soglie fissate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per le polveri sottili (specie il PM 2,5, l’inquinante atmosferico più nocivo per la salute) sono infatti in aumento (76,2% nel 2022 contro 71,7% nel 2021). Micidiale, poi, pensando alla crisi climatica, l’accoppiata tra i dati su emissioni climalteranti e rinnovabili: le emissioni di CO2 crescono sul 2021, a 7,3 tonnellate di CO2 equivalente per persona, tornando ai livelli pre-pandemici. Il consumo di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico, geotermico, eolico, fotovoltaico, termico da biomasse), invece, è in netta discesa al 30,7%, rispetto sia al 2021 (35,1%), sia al 2019 (34,9%). Il calo della produzione da rinnovabili (-13,6%) è dovuto soprattutto all’idroelettrico, in lieve calo anche l’eolico mentre almeno il fotovoltaico è cresciuto.

Ma la crisi climatica, che resta fra le cinque maggiori preoccupazioni ambientali per oltre il 70% degli italiani, non aspetta e nel 2023 i suoi effetti sono stati sempre più evidenti. Confermata la tendenza al rialzo delle temperature: a livello nazionale sono risultate ancora superiori alla mediana del periodo di riferimento (1981-2010). Aumentati anche i periodi di caldo: nel 2023 i giorni di caldo intenso sono stati 42, segnando +36 rispetto alla mediana del periodo di riferimento, al Nord-Ovest +46 (52 giorni). Nel 2023 sono cresciuti a livello nazionale anche i giorni consecutivi non piovosi (29, cioè +5,5 rispetto alla mediana del periodo di riferimento). Sempre nel 2023 sono state molto più abbondanti le piogge, però con una caratteristica: sono state molto intense e concentrate in brevi intervalli di tempo. Il che significa potenziali “conseguenze disastrose”, dice il rapporto, come si è visto purtroppo in Emilia-Romagna, Marche e Toscana.

Il confronto con l’Europa

Dei 152 indicatori del Bes, 38 sono quelli confrontabili a livello europeo. E per ben 25 di questi, è (molto) penalizzante per l’Italia il confronto con la media Ue.

La distanza maggiore è per due indicatori dell’area Lavoro e conciliazione dei tempi di vita: il tasso di mancata partecipazione al lavoro (pari al 14,8% nel 2023, contro una media Ue27 dell’8,7%) e la percentuale di persone in part time involontario, quasi il triplo in Italia (10,2% contro 3,6%, nel 2022). Usciamo male anche dal confronto sul tasso di occupazione femminile: 56,5% contro oltre il 70%. Altro handicap storico è l’investimento in ricerca e sviluppo in percentuale sul PIL (1,43%, nel 2021, contro 2,27%). Sul rischio di povertà siamo a 20,1% contro 16,5% in Europa.

Fra i pochi indicatori che ci premiano, figurano il tasso di omicidi (0,5 per 100mila abitanti, media Ue27 a 0,8), la mortalità evitabile della popolazione tra 0-74 anni, che in Italia nel 2021 è pari a 19,2 ogni 10mila residenti (29,4 in Ue27), la speranza di vita alla nascita (82,8 anni in Italia, 80,6 nell’Ue27, nel 2022). Siamo più o meno in linea con l’Europa, invece, su indicatori quali la soddisfazione per il tempo libero e la vita in generale. Fin che la barca va…