Il pane della comunità
A Bologna, nasce il primo forno di comunità "da madre ignota"
«L’idea di creare un forno di comunità è nata impastando forme di pane e focacce, ascoltando musica e ballando, insieme alla mia amica Martina, la scorsa estate in Toscana. Il nome, “Da Madre ignota”, così si chiamerà il mio laboratorio, nasce dal riferimento alla pasta madre, la base del mio pane lievitato naturalmente, e agli autori di quella canzone che ci ha fatto ballare felici».
Irene Conti è una giovane donna bolognese. Dopo la laurea in urbanistica anche lei, come tanti altri suoi coetanei, precaria, era emigrata all’estero. «Ma mentre ero in un villaggio interno della Croazia, ho compreso che quello che desideravo era portare la dimensione comunitaria nella mia vita. Quella che si vive in campagna. E che potevo farlo anche nella mia Bologna».
L’amore per il pane, gli impasti fermentati e la pasta madre è cresciuto fino a trasformarla in una neo-imprenditrice. «Un mondo invisibile e affascinante, quello dei batteri, ma fatto di pura vita. Che noi possiamo solo accompagnare ma non controllare completamente. Ecco perché ogni pagnotta è diversa».
Dalla passione autodidatta fino ai corsi di panificazione per imparare il mestiere di bottega. E poi il grande salto. L’affitto dei locali messi a disposizione dal comune, il lancio di una campagna di crowdfunding per pagare l’attrezzatura indispensabile a partire. Campagna che è ancora in corso e che ha già raccolto oltre 12 mila euro.
«Anche incoraggiata da mio padre Davide, ho pensato che potevo davvero provarci da sola. Ma in realtà non sono sola: il mio desiderio ho coinvolto davvero le persone, a partire dalla Food coop Camilla, emporio di comunità, con oltre 500 soci. Il forno sarà luogo di incontro e convivialità per tutti coloro che mi stanno sostenendo in questa avventura». Facendo rinascere tradizione quasi dimenticata, ma che è stata motore di crescita di legami sociali e di solidarietà popolare. nei secoli.
Nel progetto, infatti, la bottega sarà aperta anche per la cottura di pani e pizze fatti in casa, dalle famiglie, almeno una volta alla settimana. «Vorrei che le persone si sentissero libere di portare il pane a cuocere al forno. Sentire il profumo del pane dell’infanzia dei nostri genitori. Quello che in città spesso non si sente più». La produzione sarà tutta con impasto a mano, solo lievito madre e con farina locale e biologica, macinata a pietra e proveniente al 100% da grani di antiche varietà. «Ogni prodotto che uso è tracciabile», assicura.
Per Irene la sostenibilità è una scelta di vita, una priorità, non una moda. «Un cambiamento non è attuabile dall’oggi al domani, ma occorrono tante piccole azioni», afferma convinta. «Fare la spesa in un modo consapevole influenza il mondo. Ora ci sono i gruppi di acquisto solidale, chi ti porta la cassetta di prodotti dalla campagna direttamente a casa. Mangiare buono e sostenibile può cambiare il mondo. Anche per le prossime generazioni».
Il forno di Irene aprirà in primavera, completati i lavori di ristrutturazione e installata l’attrezzatura, in Via Abba, nel quartiere Savena, in zona San Lazzaro. «Anche se Bologna ha una forte dimensione sociale, ciò non toglie che la città sia diventato il simbolo dell’individualismo, della solitudine. Il Covid ci ha ulteriormente isolati. Ecco, quello che voglio è portare anche qui un po’ di spirito comunitario dalla campagna».
Se vuoi più informazioni su “Da madre ignota – forno di comunità” o vuoi sostenere l’impresa sostenibile di Irene scopri la campagna di crowdfunding.
Questo articolo è stato pubblicato in Storie dal futuro, la newsletter dedicata al racconto e al ritratto dei protagonisti del cambiamento che Valori.it invia ogni lunedì. Se vuoi riceverla iscriviti alla newsletter e seleziona “Economia sostenibile” tra i tuoi interessi.