Bombe italiane in Yemen e diritti umani, la denuncia dei parenti delle vittime
L'Italia è stata denunciata alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) dalle persone coinvolte in un attacco aereo in Yemen
I parenti delle vittime e un sopravvissuto di un attacco aereo mortale nello Yemen, condotto dalla coalizione militare a guida saudita con bombe di fabbricazione italiana, hanno presentato una denuncia contro l’Italia alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). I tre ricorrenti sostengono che la magistratura italiana non ha ritenuto il produttore di armi RWM Italia S.p.a. e gli alti funzionari dell’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti (UAMA) responsabili della violazione del loro diritto alla vita, come stabilito dall’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La presentazione alla Corte europea dei diritti dell’uomo arriva a seguito dell’archiviazione da parte del giudice di Roma di una denuncia penale presentata dai ricorrenti nel 2018 contro i funzionari statali e aziendali accusati per il loro ruolo nella fornitura di armi utilizzate negli attacchi aerei illegali in Yemen. La denuncia offre alla Corte europea dei diritti dell’uomo l’opportunità senza precedenti di garantire che gli Stati europei garantiscano l’accesso alla giustizia alle vittime di crimini di guerra commessi con armi prodotte in Europa. I ricorrenti sono sostenuti dalle organizzazioni per i diritti umani Mwatana for Human Rights, Rete Pace e Disarmo e dal Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (ECCHR).
L’attacco aereo in Yemen con bombe di fabbricazione italiana
L’8 ottobre 2016 l’attacco aereo sul villaggio Deir Al-Ḩajārī ha ucciso sei membri della famiglia Husni e ferito uno dei ricorrenti. I resti rinvenuti sul luogo dell’attacco hanno confermato che le bombe utilizzate nell’attacco aereo illegale sono state prodotte da RWM Italia, una filiale della società tedesca Rheinmetall AG. Inoltre il prolungato periodo di licenza di esportazione rilasciato dalle autorità italiane e le successive esportazioni di armi da parte di RWM verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno configurato una violazione del Trattato sul commercio delle armi (ATT).
«Il fatto che non sia stata aperta un’indagine su un caso di omicidio colposo, mentre sono stati commessi migliaia di crimini di guerra contro la popolazione dello Yemen, è scioccante», afferma Radhya Al-Mutawakel, presidente e cofondatrice di Mwatana. «In assenza di giustizia, che valore hanno norme giuridiche come il diritto penale internazionale e il diritto umanitario internazionale? Quando le norme nazionali e internazionali sul commercio di armi non vengono applicate, a cosa serve averle se i trasgressori non sono chiamati a risponderne?».
I dati
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L’Italia vende armi e chiude gli occhi di fronte alle conseguenze sui civili
Dal marzo 2015 la Coalizione a guida saudita ha condotto attacchi aerei che hanno ucciso oltre 9.000 civili, ne hanno feriti molti di più e hanno distrutto infrastrutture civili. I Paesi europei, tra cui l’Italia, alimentano il conflitto e traggono profitto da questa sofferenza fornendo bombe, missili e jet da combattimento alla Coalizione. «Il divario di impunità di cui beneficiano tutti gli attori del conflitto – compresa l’industria europea delle armi – deve essere colmato. Rifiutandosi di indagare sulle responsabilità delle autorità e delle aziende che rilasciano le licenze e i cui armamenti sono collegati a potenziali crimini di guerra sotto la sua giurisdizione, l’Italia non solo sta legittimando queste esportazioni di armi e limitando l’accesso alla giustizia per le vittime, ma sta anche violando i suoi stessi obblighi di proteggere il diritto alla vita sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani», spiegano congiuntamente le organizzazioni che hanno presentato il ricorso.
Questo nuovo passo legale delle organizzazioni della società civile internazionale avviene in un contesto politico in Italia che vede ancora una volta gli interessi economici dei produttori di armi e le preoccupazioni di politica estera superare le valutazioni sugli impatti negativi dell’export di armamenti.
La società civile chiede conto del coinvolgimento in potenziali crimini di guerra
Dopo alcuni anni di blocco (con cancellazione delle licenze già emesse) delle vendita di missili e bombe d’aereo di fabbricazione italiana verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, a causa del coinvolgimento nel conflitto in Yemen, nelle ultime settimane il governo italiano ha infatti deciso di cancellare questa decisione. Che era arrivata dopo una forte pressione della società civile e la sottolineatura della chiara violazione delle norme nazionali ed internazionali che regolano il commercio di armi configurata da tale tipo di vendita. Una scelta pericolosa e insensata, che potrà avere ancora impatti negativi in futuro, considerando che la situazione attuale dello Yemen non può essere definita come di Pace.
Come parte di un’ampia rete di organizzazioni, Mwatana for Human Rights, Rete Pace e Disarmo ed ECCHR lavorano dal 2018 per chiedere conto agli attori europei del loro coinvolgimento in potenziali crimini di guerra e violazioni dei diritti umani in Yemen.