Due multinazionali giudicate responsabili del crollo di una diga in Brasile
Dovranno pagare una multa da dieci miliardi di dollari per il crollo di una diga. E c'è anche una class action nel Regno Unito
Una multa colossale, da quasi dieci miliardi di dollari, per il crollo di una diga e gli enormi danni ambientali procurati. Lo ha stabilito un giudice federale brasiliano, riconoscendo la colpa nel disastro della società mineraria Samarco Mineração S.A. E quindi delle due multinazionali che la controllano, entrambe al 50%: Vale S.A. (brasiliana) e BHP Group Limited (australiana). La decisione non è definitiva, perché è possibile per le tre società ricorrere in appello. Ma è comunque molto indicativa, nell’inchiodarle alle loro responsabilità.
Nel novembre del 2015, poco a sud della cittadina di Mariana, nello stato brasiliano di Minas Geiras, crollò un’imponente diga artificiale costruita per contenere i materiali di scarto delle miniere di estrazione del ferro. Fu un disastro. Non solo l’inondazione uccise 19 persone sul colpo e ne privò molte altre di casa e lavoro, ma gli effetti ambientali furono devastanti. Oltre 40 milioni di metri cubi di fanghi tossici si riversarono nelle acque vicine, a partire dal Rio Doce. Contaminarono diverse centinaia di chilometri di corsi d’acqua, con danni che si estesero fino all’Oceano Atlantico.
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Richieste danni e finti risarcimenti
Da allora erano partite una serie di denunce e richieste di danni, a Samarco e alle sue due controllanti. Ma Vale e BHP si erano tutelate costituendo appositamente una società, Renova Foundation, che dal 2016 aveva cominciato a ripagare parte dei danni. Arrivando a spendere, da quello che risulta nel suo sito, 7 miliardi di dollari. Ma evidentemente non sono stati ritenuti sufficienti. Ora è arrivata la nuova multa, da 9,67 miliardi di dollari, che tiene già conto delle spese sostenute dalle due multinazionali nelle varie azioni riparatorie e risarcitorie. E, ancora più importante, le inchioda come responsabili.
Lo spiega al Financial Times l’avvocato Tom Goodhead, che segue una class action contro Vale e BHP firmata da oltre 700mila persone. La più imponente mai avviata nel Regno Unito, con una richiesta di danni (individuali e collettivi) per oltre 46 miliardi di dollari. Sempre per il disastro della diga di Mariana. Il processo comincerà il prossimo ottobre, ma già un paio di mesi fa la corte ha respinto la richiesta di Vale di essere esclusa dal procedimento.
«Questa sentenza brasiliana certifica l’ammontare dei danni: non si riferisce al valore dei risarcimenti, individuali o collettivi, che abbiamo richiesto. Pertanto dal punto di vista economico è poco rilevante per la nostra class action», ha dichiarato l’avvocato. «La cosa più importante però è che, da qui in poi, BHP, Vale e Samarco dovranno per forza essere considerate da tutti le responsabili del disastro. In Brasile come nel Regno Unito».
Il crollo della diga a Mariana non è un caso isolato
Quello di Mariana, tra l’altro, non l’unica tragedia mineraria con conseguente disastro ambientale che le vede protagoniste. Nel 2019 crollò una diga a Brumadinho, sempre nello stato del Minas Geiras. Allora i morti furono addirittura 270, e 12 i milioni di metri cubi di fanghi tossici riversati nelle acque. Contenevano sostanze come l’arsenico, il piombo o il mercurio, che restano in acqua per lunghi periodi e ammalano – e uccidono – diverse generazioni di persone, animali e piante.
Nello stato del Minas Geiras le dighe di scarto e risulta dei detriti delle miniere sono oltre settecento e, secondo gli attivisti locali, almeno 30 sarebbero in condizione di massima allerta. Ovvero potrebbero spaccarsi da un momento all’altro. Per il disastro di Brumadinho, infatti, Vale S.A. dovette pagare sette miliardi di dollari alle famiglie delle vittime. Diversi dirigenti furono condannati per omicidio colposo. E i giudici stabilirono che la multinazionale aveva falsificato i report sulla sicurezza di quella e di almeno altre otto dighe.
La sentenza del tribunale federale brasiliano sulla disastro di Mariana è quindi assai importante. Perché stabilisce finalmente che la responsabilità dei danni ambientali e dei danni alle persone è delle società che costruiscono e utilizzano le dighe. Ma non è sufficiente. Perché finché le multinazionali potranno calcolare costi e benefici delle tragedie da loro provocate, mettendo da parte quanto basta per ripagare eventuali danni, il capitalismo estrattivo non si fermerà. E continuerà seminare morte e distruzione.