In Campania la masseria strappata alle mafie che faticosamente torna un bene comune
Intitolata ad Antonio Esposito Ferraioli, una masseria sorge in un enorme bene confiscato alla criminalità organizzata nel comune di Afragola
Pagani, provincia di Salerno, 30 agosto 1978. Un giovane uomo viene freddato da due colpi di lupara alle spalle, sotto lo sguardo della sua fidanzata. Tra qualche settimana si dovrebbero sposare. Lui si chiama Antonio Esposito Ferraioli. Tonino. È un giovane sindacalista della CGIL, comunista, boyscout. Fa il cuoco alla FATME – Fabbrica Apparecchiature Telefoniche e Materiale Elettrico – dove ha scoperto una truffa ai danni della Comunità europea. Gli hanno chiesto di cucinare carne avariata per i suoi colleghi. Non arriva a concretizzare la sua denuncia, fermato da due colpi d’arma da fuoco, con la fidanzata al balcone ad assistere inerme.
«Abbiamo scelto di intitolare la masseria ad Antonio Esposito Ferraioli», racconta Giovanni Russo, direttore del bene confiscato, «non solo per il suo impegno civile e perché è una vittima di mafia, ma anche perché abbiamo deciso di destinarla alla trasformazione alimentare. La battaglia contro le mafie la si combatte soprattutto producendo lavoro giusto, retribuito, garantendo diritti. Se volessimo produrre per la grande distribuzione, senza sfruttare nessuno e senza utilizzare sostanze chimiche, non saremmo competitivi».
Ed è così che sono nate marmellate, salse, e Friariella, una crema di nocciole e friarielli la cui ricetta è stata elaborata da una donna affidata alla cooperativa Lazzarelle, nella quale lavorano le detenute del carcere di Pozzuoli.
Il bene confiscato alla camorra più grande di Napoli
La masseria Antonio Esposito Ferraioli è il bene confiscato alla camorra più grande dell’area metropolitana di Napoli, al centro della Terra dei Fuochi. Conta 120mila metri quadrati di superficie agricola, 12 ettari: «Per noi napoletani è come mettere dodici stadi Maradona uno accanto all’altro», dice Giovanni.
Confiscata da più di vent’anni, è stata a lungo abbandonata a sé stessa. Nel 2016 parte il bando per l’assegnazione dopo, come dice Giovanni «La vittoria dello Stato contro un clan feroce». Il clan è quello dei Magliulo, dalle cui ceneri è sorto il più noto clan Moccia. I dodici ettari di terreno sono la parte più ampia. Ma il cuore del progetto è il fabbricato che sorge al suo centro, sul quale un’Associazione temporanea di scopo (ATS) si è aggiudicata un finanziamento di un milione e mezzo di euro per trasformarlo in una casa di accoglienza per le donne vittime di violenza. Con un bistrot e uno shop per la vendita dei prodotti.
Un luogo di accoglienza per donne vittime di violenza
«Vogliamo dare una risposta alle donne vittime di violenza», spiega Gianluca Torelli, sindacalista CGIL, che ha vissuto quest’avventura dai primissimi giorni, «che passi da un’autonomia di reddito per spezzare il ricatto cui, troppo spesso, sono sottoposte tra le mura domestiche».
La masseria figura come patrimonio indisponibile del Comune di Afragola. Vuol dire che il municipio può destinarla a un utilizzo strettamente legato a scopi sociali. Nel 2016, anche grazie alla pressione di una raccolta firme organizzata da Libera, l’amministrazione pubblica un bando per l’affidamento del bene al quale si candida una rete con a capofila il Consorzio Terzo Settore e quattro partner: CGIL Napoli, Radio Siani, Associazione Sott’e’ncoppa e Cooperativa L’uomo e il legno. Nel 2017 l’ATS ottiene l’affidamento decennale del bene. Che prende in carico insieme a una rete di scuole e aziende del territorio e soggetti che si occupano di sostenibilità ambientale. Nell’anno e mezzo di gara era diventato prima una discarica abusiva, poi era stato incendiato.
La nascita degli orti urbani
Il primo atto dell’associazione è la bonifica: fino a quel momento era stato occupato abusivamente. Seguirà la piantumazione di un nuovo frutteto, in collaborazione con Treedom: 1.700 alberi di quindici specie in quello che è stato rinominato “Museo vivente”. A quel punto, è partito un percorso di progettazione partecipata. «Afragola ha 60mila abitanti», spiega Giovanni, «virtualmente ognuno di loro ha diritto a due metri quadri di questo bene. Gli abbiamo chiesto cosa avrebbero voluto farci. Da lì è nata l’idea degli orti urbani».
Il primo bando per l’affidamento di 50 orti vede la partecipazione di 100 famiglie. E costringe subito ad allargare un’offerta che, negli anni, è arrivata a 308 appezzamenti di 50 metri quadri. Nacquero una comunità, delle amicizie. Due ragazzi che si sono conosciuti coltivando quella terra si sono sposati.
Oggi sono più di mille persone che quotidianamente attraversano quello spazio, lo frequentano e ne gestiscono parte delle attività. Dall’organizzazione degli eventi a quella dei campi estivi di Libera, alle attività didattiche. Il progetto è sottoposto a uno studio dell’università di Philadelphia e della facoltà di Architettura della Federico II di Napoli. Le attività sono cresciute al punto che oggi tre persone lavorano a tempo pieno nel bene.
Un enorme polmone verde al centro di un’area fortemente urbanizzata
«Siamo un enorme polmone verde a ridosso di un’area fortemente urbanizzata. Potenzialmente a 15 minuti di auto da un milione e mezzo di abitanti, a ridosso di due grandi centro commerciali», racconta Giovanni, «e in una città che non ha un parco urbano degno di questo nome». In sette anni la masseria ha piantato 7.500 alberi da frutto: una volta cresciuti produrranno reddito. Recentemente è arrivato il boschetto, un’area di 10mila metri quadri che verrà messa a disposizione della cittadinanza. Parte dell’area agricola è stata dedicata a un giardino didattico per le scuole, con percorsi aromatici, animali, un laghetto per l’acquacoltura e uno STEM Park con giochi per l’insegnamento delle materie scientifiche.
Nel 2023 lo spazio è statao attraversato da quasi cinquemila studenti. Alle attività didattiche è dedicata anche una parte del lavoro di apicoltura, con 38 arnie e una produzione di 300 chilogrammi di miele. Da circa un anno, infine, è arrivato un vigneto di asprinio, coltivato con un impianto a spalliera che, mi spiega Giovanni, è una coltivazione di antica tradizione. Molto faticosa oltre che onerosa, ma dall’importante valore storico.
La masseria Ferraioli gestisce inoltre percorsi di messa alla prova. Persone che sono condannate a lavori di utilità sociale in alternativa al carcere, si trovano materialmente a gestire un bene confiscato alla camorra. E a breve partirà il progetto “Adotta un contadino”. «Le persone che non sono in grado di coltivare un orto», spiega Giovanni, «potranno affidare il proprio appezzamento a quelle che stanno facendo il reinserimento, pagandogli le ore di lavoro».
Quando a ostacolare un bene confiscato non ci pensa solo la camorra
Che appena arrivati avrebbero avuto problemi con “la precedente gestione”, un po’ se lo aspettavano. I 21 colpi a salve rinvenuti all’esterno del terreno, il tentativo di estorsione, i furti delle attrezzature del cantiere e delle preziose attrezzature agricole, in fasi dell’anno in cui erano più utili, i ripetuti danneggiamenti, la vandalizzazione di container e shop, finanche la visita del nipote del boss locale che si è messo a raccogliere verdure, rivendicando la proprietà della metà di quanto prodotto. Tutto questo non ha stupito. «Quello che in teoria non ci dovremmo mai aspettare», dice Gianluca «è che siano le istituzioni a farlo. Una cosa che sul piano simbolico fa anche più male».
«La masseria Ferraioli», racconta Giovanni, «è l’esempio lampante di come tanti beni confiscati non trovino il dovuto supporto dello Stato. Il Comune di Afragola è beneficiario di un PON legalità 2014-2020, che deve trasformare l’antico fortino del clan, dove si andavano a recuperare i trattori rubati e a chiedere favori, dove le cronache giudiziarie ci raccontano siano state prese decisioni efferate, in un luogo di socialità. Dalla vittoria del PON, a giugno 2018 non abbiamo ancora idea della data di termine dei lavori. Da parte dell’amministrazione sin da subito c’è stato un ignobile muro di gomma. Siamo riusciti a infrangerlo quando a settembre 2021 sono arrivati i commissari prefettizi. A loro abbiamo illustrato a situazione e loro hanno avviato il processo. L’attuale amministrazione, il giorno stesso del suo insediamento, ha bloccato nuovamente il cantiere».
Oggi l’amministrazione sembra aver accelerato i lavori, ma l’affidamento di cui l’ATS è beneficiaria è decennale: dal 2018 al 2028. Il bene sarà pienamente operativo quando mancheranno solo tre anni alla fine.
«Enormi battaglie che in un Paese civile non dovremmo essere costretti a combattere»
«Dopo enormi battaglie, che in un Paese civile non dovremmo essere costretti a combattere, da sei anni aspettiamo che si spenda un milione e mezzo di fondi comunitari per riaffidare alla cittadinanza il fortino di un clan. È semplicemente ignobile», continua Giovanni. «E ci consegneranno una scatola vuota. Andrà arredata, organizzata con personale idoneo. Probabilmente il 1 marzo 2024 finiranno i lavori, ma ci resteranno solo tre anni di convenzione. Impossibile decidere di fare investimenti, nessuna banca ci darebbe un prestito o un mutuo. E i bandi utili allo scopo chiedono un affidamento che va da cinque a dieci anni. Il muro di gomma dei colletti bianchi che popolano i nostri territori è proprio questo. Noi diciamo che stiamo per vincere con la legalità, ma in realtà questa battaglia l’abbiamo già persa».
Di angherie, dispetti più o meno palesi e scorrettezze amministrative se ne sono susseguite tante in questi anni. Nel febbraio 2022 il Comune di Afragola si è candidato a richiedere fondi del PNRR per realizzare un canile sull’intera area della Masseria, dichiarando il bene non sottoposto ad affidamento e non beneficiario di altri finanziamenti UE. L’ATS ha denunciato le dichiarazioni dell’amministrazione, invalidando la candidatura.
Nelle scorse settimane, racconta Giovanni, il Comune ha presentato un piano per un investimento di oltre 9 milioni di euro per le energie rinnovabili. Tra gli spazi individuati, come se non vi insistessero già altre attività, c’è la Masseria Ferraioli e quest’ultima è definita “Ex Masseria Magliulo”. «Lo fanno in tutti i documenti ufficiali», mi spiega. «Non usano l’intitolazione a Tonino, vittima innocente di camorra, il cui nome è entrato nelle aule universitarie e di cui abbiamo parlato a più di 5mila studenti».
Lo sguardo resta rivolto al futuro, ai giovani
Adesso che l’orizzonte della fine dei lavori comincia a intravedersi le attività in programma sono tante. Il potenziamento dello STEM park, la realizzazione di un “percorso di vita”, un’area attrezzata per le attività sportive all’area aperta e si prepara la stagione primaverile di eventi. «Qui chiunque può venire a far quello che vuole. Far volare aquiloni, suonare musica dal vivo, recitare, presentare libri, dipingere all’aperto o fare le marmellate, conoscere le api o fare yoga».
Lo sguardo è rivolto innanzitutto ai giovani. «Le scolaresche che vengono qui», mi ha detto Gianluca, «non solo non hanno idea di cosa sia un bene confiscato ma non sanno nemmeno che questo è il loro territorio. Restituire la possibilità a giovani che vivono qui di decidere cos’è il territorio è un modo di ridare pezzi di potere a chi è nato in un luogo saccheggiato negli anni.
Se apri la mappa dell’area a Nord di Napoli ti rendi conto che è un territorio fatto a brandelli: ferrovie, autostrade, svincoli, innumerevoli centri commerciali. Quando nasci in un posto così fai fatica ad amare la tua terra. La cosa più spontanea che tu possa fare è andare via, o comunque non occupartene. Se vogliamo invertire questa tendenza e convincere un po’ di persone che nascono dalle nostre parti a restare, e a impegnarsi per il bene di questi luoghi, dovremmo restituire la possibilità di incidere sul destino di queste terre».