Cannabis legale: Civati lancia il referendum
Se non ora quando legalizzare la cannabis? Intervista a Pippo Civati, che intravede le condizioni per un referendum. Esperienze e ragioni economiche sono dalla sua
«C’è una grande energia che proviene dai giovani in questo Paese. E anche sull’argomento della legalizzazione della cannabis si manifesterebbe. A patto di riuscire a definire un quesito. Perché la vera questione è la delicatezza del tema, su cui non stiamo lavorando solo noi. Anche i Radicali, e altri soggetti, si stanno interrogando rispetto al punto tecnico. La questione è infatti collegata da una parte ai trattati internazionali e dall’altra a un complicatissimo sistema sanzionatorio.
Per cui bisogna riuscire a fare una proposta significativa senza lasciare un disastro dal punto di vista legislativo. Perché siamo persone serie, e non abbiamo obiettivi strumentali. Un’iniziativa che crei l’attesa della legalizzazione senza poterla proporre, perché – come sappiamo – il referendum è solo a carattere abrogativo nel nostro ordinamento. Possibile e altri soggetti si stanno confrontando su questo argomento. Le date e le tempistiche dipendono tuttavia dalla farraginosa legislazione sul referendum… e alla fine dipende tutto dal Presidente della Repubblica».
Così Pippo Civati, che abbiamo intervistato subito dopo che il suo sasso sul referendum per legalizzare la cannabis ha alzato le prime onde nello stagno della politica. E Civati stesso, oggi principalmente impegnato nell’editoria e nella comunicazione con People, ma ispiratore e fondatore di Possibile, di cui è stato primo segretario, del tema “marijuana legale” si occupa da tempo. Tanto da pubblicare un libro qualche anno fa.
Perché ha associato il successo della raccolta firme per l’eutanasia legale ad un potenziale slancio per una legalizzazione della cannabis? E perché ora si dovrebbe poter fare ciò che non è stato realizzato dalla politica negli ultimi quindici o venti anni?
I punti di sovrapposizione sono due. Innanzitutto la familiarità, Entrambi gli argomenti, pur distanti, toccano il tema della libertà di scelta, gli aspetti sanitari e, in qualche modo, l’autodeterminazione… e questo è un grande tema, nel momento in cui sono tutti liberali quando si tratta di essere liberisti ma quando si tratta di essere liberali sul serio, non ce n’è più uno. Questa è quindi una vicinanza in qualche modo ideale.
E poi c’è una vicinanza rispetto al momento storico, per un impulso che è dettato dalla lunghissima attesa dei cambiamenti che non arrivano mai, e per esigenze oggettive. Ricordo che l’eutanasia riguarda tutti e nessuno, e soprattutto il lato umano e il rapporto che ciascuno ha con la malattia e la morte. Ma la cannabis riguarda comunque 5 milioni di consumatori, secondo alcuni addirittura 6, molti dei quali sono consumatori di lungo corso che ne fanno un uso molto consapevole, non pericoloso per la società.
C’è chi paventa l’incremento dei guidatori sotto effetto delle canne, benché alcuni monitoraggi dell’esperienza negli Stati Uniti smentiscano questo timore…
Il problema non è che cosa consumi ma il comportamento che adotti ancor prima di accendere l’auto. E se invece la sera puoi fumare una canna a casa tua sulla poltrona, perché dovresti essere costretto a rivolgerti al mercato illegale invece di conservarne una tua piccola dotazione? Tanto più in un Paese che sull’alcool per ragioni storiche, sul tabacco per ragioni storiche e commerciali, oppure sulle benzodiazepine e gli oppioidi, ha sempre alzato le mani.
Questa è una battaglia che le persone sentono perché riguarda direttamente i loro comportamenti e il rischio di incappare in conseguenze molto gravi. Perché poi c’è tutta la parte delle questioni giudiziarie relative alla cannabis che sono incredibili. La maggior parte dei risparmi da parte dello Stato e di liberazione delle risorse deriverebbe da un alleggerimento del meccanismo poliziesco, di indagine e giudiziario che consegue dall’illegalità».
Il testo base che è in discussione come lo valuti?
Questa è una guerra di posizione. Ogni passo che si fa, anche fosse di alcuni centimetri, è positivo. La questione vera è come costruire un sistema per il quale la cannabis sia veramente legalizzata e non si arrivi a una sua surrettizia legalizzazione attraverso l’autoproduzione, che nasce per fini terapeutici e poi porta a un allargamento del concetto a livello individuale.
Sono sotterfugi che non rispondono alla richiesta che è stata invece affrontata negli Stati Uniti, in Canada, in Messico. E i Narcos avranno ben visto l’impatto sulla gestione del potere prima ancora che sul lato economico… Perché la cannabis è molto pervasiva, garantisce enorme liquidità alla criminalità comune e organizzata, e chi ti avvicina con la cannabis magari ha altro da proporti. Per non dire del fatto che non sai che cosa fumi.
La scelta degli Stati Uniti
Colorado, milioni di dollari dalla cannabis legalizzata
$3,5 milioni tra tasse e licenze per lo Stato americano del Colorado che ha legalizzato da un mese la vendita della marijuana
E senza contare il gettito fiscale potenziale derivante dalla legalizzazione…
La dimensione di una riforma come quella della legalizzazione della cannabis è gigantesca rispetto a una gran parte degli argomenti di cui ci troviamo a discutere tutti gli anni. Naturalmente le stime cambiano a seconda del modello di riferimento, ma si va dai 3 ai 6 miliardi di euro solo di maggiori ricavi…
E pensiamo a come potremmo gestire un approccio qualitativo più che quantitativo della parte sanitaria, riuscendo a sapere con precisione cosa viene fumato, e costruendo un sistema che può monitorare con più certezza il consumo. Con la possibilità di utilizzare i dati per affrontare piaghe sociali o comportamenti devianti e abusi. La sanità potrebbe così fare un salto di qualità.
Serve perciò affrontare l’argomento con uno sguardo che non sia episodico oppure furbino. Ed è ora di fare dei passi avanti. Perché, come diceva un ragazzo qualche giorno fa, rischiamo di trovarci di fronte al fatto che, quando non ci saremo dati una legge oppure una struttura produttiva per la cannabis, arriverà la multinazionale che già conduce il commercio per metà del Pianeta. E ci imporrà il suo business.